Varie, 13 gennaio 2010
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Lilin Nicolai
• Bender (Moldavia) 1980. Scrittore. Nel 2003 si è trasferito in provincia di Cuneo, dove fa il tatuatore, avendo studiato per tanti anni i tatuaggi della tradizione criminale siberiana e imparato le tecniche e i codici complessi che li regolano. Per Einaudi ha pubblicato Educazione siberiana (2009) • «[...] Educazione siberiana [...] racconta la tradizione del tatuaggio criminale russo, ma soprattutto la formazione e la crescita dei ragazzini tra i discendenti dei leggendari Urka, nei villaggi dove esistono ”delinquenti onesti”: quelli che assorbono lezioni, parole e silenzi dai vecchi e provano a trasformarli in comportamenti, anche se ogni giorno è guerra, prigione, armi, orgoglio, morte. Più qualche pagina di una storia che si vorrebbe dimenticata: ”Io scrivo della resistenza del popolo siberiano deportato e quasi sterminato dai comunisti. Sono apolitico, racconto solo quello che ho visto e vissuto, ma qualcuno che ancora sogna il comunismo nero mi preferirebbe morto. E se fossi rimasto al paese, già lo sarei. Ecco perché io, mia moglie e mia figlia [...] dormiamo con il kalashnikov accanto al cuscino”. Nicolai Lilin è dunque una specie di Saviano, braccato e condannato dalle parole scritte e dal coraggio di scriverle. [...] è stato un ”criminale onesto”, ha combattuto quasi tre anni in Cecenia [...] ha ucciso e visto uccidere: ”Perché sono stato un soldato, e non mi è piaciuto”. E ha imparato dai vecchi del villaggio, in Transnistria, l’arte e la tradizione del tatuaggio: ”Una lingua, un alfabeto che racconta la storia delle persone sulla loro pelle, come se le persone fossero pagine. Il tatuatore, da noi, è una specie di sacerdote e conosce la vita di tutti, i segreti, le cose più profonde”. In Italia [...] Nicolai vive in provincia di Cuneo e non fa che scrivere: frasi sulla carta e sulla pelle. Anche il libro del suo corpo è pieno di parole tatuate sulle mani, sulle braccia e sul collo: ”Invece la schiena è libera, lì si arriva a disegnare qualcosa solo dopo i quarant’anni, è come un romanzo da comporre poco a poco e le pagine bianche aspettano”. Avrebbe voluto aprire uno studio di tatuaggi a Torino, però le minacce di morte lo hanno impedito: ”I Carabinieri sono molto preoccupati, e la mia famiglia di più. Su Facebook mi hanno scritto cose tremende, alcune assurde - un tizio che assicura di avere pagato sicari della mafia russa per eliminarmi - altre più credibili”. Ed è proprio attraverso Internet che Nicolai mantiene i contatti con gli amici (così li chiama, non clienti) che vogliono da lui un tatuaggio siberiano clandestino. ”Ci mettiamo d’accordo, le persone mi raccontano le loro storie, io preparo un disegno, poi prendiamo un appuntamento in un luogo segreto, sempre diverso, e procediamo al tatuaggio”. Ma non con le moderne macchinette elettriche: ”Uso le bacchette, come si fa in Siberia. La tradizione è fondamentale, tatuare è un rito”. Tra primo messaggio e appuntamento al buio, trascorrono circa tre mesi. ”Perché dopo il libro [...] le richieste si sono moltiplicate: un giorno ne ho ricevute addirittura ottanta. [...]» (Maurizio Crosetti, ”la Repubblica” 16/12/2009).