Sergio Romano, Corriere della Sera 13/1/2010, 13 gennaio 2010
Un Alto Adige bilingue l’occasione da cogliere Molti sud-tirolesi e altrettanti alto-atesini sostengono che la provincia di Bolzano potrebbe essere un ponte e assumere così una posizione diversa, più importante, centrale
Un Alto Adige bilingue l’occasione da cogliere Molti sud-tirolesi e altrettanti alto-atesini sostengono che la provincia di Bolzano potrebbe essere un ponte e assumere così una posizione diversa, più importante, centrale. Ciò richiede che gli abitanti di quell’area parlino tutte e due le lingue. Il che oggi è praticato da chi è di origine tedesca, come Eva Klotz, ma non dagli immigrati italiani, che non si sono integrati salvo eccezioni - e sono rimasti estranei, forestieri. Quanto ai nomi, mio genero ritiene che gli originali in lingua tedesca, sono gli unici corrispondenti alla storia e quindi validi. Tanto più che il burocrate italiano ha modificato (falsificato?) soltanto i nomi dei Comuni, mentre le mappe catastali continuano a identificare campi, boschi e monti con i nomi di sempre. Bolzano fu annessa all’Italia come preda di guerra, dopo una vittoria decisa dall’intervento degli Stati Uniti, il cui presidente aveva annunciato come scopo dell’impresa l’autodeterminazione dei popoli. Fu concessa a tutti, ma non ai sudtirolesi. Nel dopoguerra l’Italia riuscì a superare i problemi da essa stessa creati, costituendo un modello esemplare di conciliazione fra diverse etnie. Parafrasando Massimo D’Azeglio, occorrerebbe oggi di «fare i sudtirolesi», cioè indurre gli immigrati italiani a sentire le tradizioni locali come loro, parlando tedesco, militando fra i pompieri volontari e, perché no? fra gli Schützen. Frank Gebhard Zander, zander.agricola@tiscali.it Caro Zander, grazie per la sua lettera, piena di osservazioni interessanti. Ho dovuto abbreviarla e lo spazio che rimane mi permette di rispondere sommariamente soltanto ad alcuni punti. Ma se lei solleverà gli altri con una nuova lettera, cercherò di continuare la conversazione. I nomi di un luogo geografico sono legittimati dall’uso, non da un certificato di autenticità storica. Gli alto-atesini di lingua tedesca hanno conquistato il diritto di utilizzare i vecchi nomi della regione, ed è giusto. Ma non sarebbe giusto che quelli di lingua italiana venissero privati del diritto di usare nomi che sono sulle carte geografiche ormai da novant’anni. vero, la provincia di Bolzano sarebbe potuta diventare un’area bilingue e biculturale. Ciascuno ha le sue responsabilità, e la Svp (Südtiroler Volkspartei) ne ha molte, fra cui, in particolare, quella di essersi opposta alla creazione di una università a Bolzano. Ma gli italiani avrebbero dovuto cogliere l’occasione, chiedere l’istituzione di scuole bilingui, allevare i figli nel rispetto della cultura tedesca e indurli a comprendere che la conoscenza del tedesco li avrebbe resi, contemporaneamente, cittadini italiani e mitteleuropei. Woodrow Wilson fu il paladino dell’autodeterminazione dei popoli, ma questo non gli impedì di firmare trattati che assegnavano agli Stati nazionali importanti comunità straniere. La Cecoslovacchia ebbe in dote tre milioni e centomila tedeschi, settecentoquarantamila ungheresi, quattrocentomila ruteni. La Polonia ottenne regioni dove abitavano tre milioni di ebrei, una piccola minoranza tedesca e mezzo milione di lituani. La Romania incorporò due milioni e seicentomila ungheresi e parecchie centinaia di migliaia di sassoni. Non sarebbe giusto imputare esclusivamente all’Italia un problema che fu tipico del periodo fra le due guerre.