Maurizio Caprara, Corriere della sera 13/1/2010, 13 gennaio 2010
L’«intolleranza» e la «discriminazione» I cristiani copti uccisi e quelle accuse rispedite al mittente Il Cairo ha copiato le parole di Frattini dopo la strage ROMA’ Per avere un’idea del fastidio provocato alla Farnesina dalla presa di posizione dell’Egitto sugli scontri tra abitanti, emigranti e polizia a Rosarno, ecco che cosa diceva ieri uno dei sottosegretari agli Esteri, Alfredo Mantica, Pdl: « un intervento su un affare interno italiano
L’«intolleranza» e la «discriminazione» I cristiani copti uccisi e quelle accuse rispedite al mittente Il Cairo ha copiato le parole di Frattini dopo la strage ROMA’ Per avere un’idea del fastidio provocato alla Farnesina dalla presa di posizione dell’Egitto sugli scontri tra abitanti, emigranti e polizia a Rosarno, ecco che cosa diceva ieri uno dei sottosegretari agli Esteri, Alfredo Mantica, Pdl: « un intervento su un affare interno italiano. Abbastanza scorretto. Non avevamo segnali che lo annunciassero». Adesso ce ne vuole di ammorbidente per diluire il contrasto. E non perché per le diplomazie di Roma e del Cairo siano votate a combattersi. Tutt’altro. Il presidente egiziano Hosni Mubarak è talmente di casa nel nostro Paese che nell’ultimo anno ci è venuto cinque volte. L’Italia è nel mondo il secondo partner economico dell’Egitto, il primo in Europa, ed è il secondo mercato per le esportazioni egiziane. Al Viminale c’è chi teme l’attrito perché lo Stato di Mubarak, nel Nord Africa, risulta il più pronto nell’applicare i patti sui rimpatri degli immigrati clandestini. Finora. La reazione del leghista Umberto Bossi alle critiche del Cairo – «Guardate come trattano i cristiani loro. Li fanno fuori tutti» – rientra tra le potenziali scintille che turbano gli addetti ai lavori. Il rischio di questo contrasto a parole tra Egitto e Italia, imperniato su Rosarno e le minoranze religiose in casa dell’altro, è infatti che sfugga al perimetro della diplomazia. Per diventare, nel mondo arabo, combustibile di rabbie popolari coltivate da estremisti. Parecchi nostri connazionali, in Africa e Medio Oriente, non se la ridono certo in casi del genere. Per capire che cosa c’è all’origine dell’indignazione del ministro degli Esteri egiziano Abul Gheit verso l’Italia basta confrontare la dichiarazione attribuita ieri al suo portavoce Husam Zaki e una diffusa, giovedì scorso, dal ministro degli Esteri italiano Franco Frattini sull’agguato a Nagaa Hammadi, costato la vita a sei cristiani usciti da una messa per il Natale copto e a un poliziotto musulmano. Quasi un lavoro di copia e incolla, a parte l’oggetto. Il corsivo è nostro. Il ministro egiziano Gheit, tramite il portavoce, ha chiesto «che la comunità internazionale si impegni a risolvere radicalmente il problema della discriminazione su base religiosa ed etnica e quello della xenofobia, per impedire (...) episodi analoghi a quelli di Rosarno». Dopo la strage in Egitto, nel manifestare «orrore» per «le violenze perpetrate contro la comunità cristiana copta in Egitto», il 7 gennaio Frattini esortava: «La comunità internazionale non può restare indifferente né deve mai abbassare la guardia di fronte all’intolleranza religiosa ». Denunciando una «gravissima violazione dei diritti umani», il ministro italiano aveva anche affermato: «Suscitano particolare preoccupazione episodi di violenza e discriminazione ai danni di minoranze religiose come quello che si è verificato in Egitto». Ecco quali parole ha impiegato il ministro egiziano, ieri, su Rosarno: «I recenti episodi di violenza sono solo un esempio delle molte violazioni ai danni degli immigrati e delle minoranze in Italia, tra cui quella araba e musulmana ». Insomma, ritenendo che la morte dei cristiani non fosse da addebitare al suo Paese bensì a criminali isolati, Gheit ha ricopiato parole di Frattini e le ha rispedite al mittente. «L’Italia è stato l’unico Stato europeo a condannare le violenze dei giorni scorsi come anticristiane. Si è trattato di una vendetta dopo che una ragazza è stata violentata, non di uno scontro religioso. C’è un morto musulmano», dice Mohammed Yossef, giornalista egiziano da anni a Roma. Sabato, in un colloquio fissato da tempo Gheit e Frattini avranno di che parlare.