Nicholas Wade, La Repubblica 13/1/2010, 13 gennaio 2010
"Attenti, leopardo in arrivo" gli scienziati traducono il linguaggio delle scimmie. Non sono vere parole, ma suoni diversificati a seconda del tipo di allarme da comunicare al gruppo Venti anni di studio per capire i discorsi dei cercopitechi Diana nelle foreste della Costa D´Avorio
"Attenti, leopardo in arrivo" gli scienziati traducono il linguaggio delle scimmie. Non sono vere parole, ma suoni diversificati a seconda del tipo di allarme da comunicare al gruppo Venti anni di studio per capire i discorsi dei cercopitechi Diana nelle foreste della Costa D´Avorio. Attraversando la foresta Tai in Costa d´Avorio, Klaus Zuberbühler aveva sentito i richiami delle scimmie cercopiteco Diana, ma il loro chiacchiericcio non aveva rivelato nulla di preciso alle sue orecchie. Dopo aver studiato per circa venti anni la comunicazione animale, per Zuberbühler quel dato segnale sta a indicare che una scimmia cercopiteco Diana ha avvistato un leopardo, quell´altro che un altro esemplare ha individuato un altro predatore, un´aquila coronata. «Sempre più frequentemente, è un´esperienza umiliante rendersi conto di quante informazioni si trasmettano gli animali con modalità di cui prima non ci accorgevamo neppure» dice Zuberbühler, professore di psicologia dell´Università di St. Andrews in Scozia. Le grandi scimmie antropomorfe e le scimmie hanno dunque un loro linguaggio segreto che non è stato ancora decifrato? E se è così, decifrarlo potrà aiutarci a risolvere il mistero di come si è evoluta la facoltà umana del linguaggio? Nel 1980 si scoprì che i cercopitechi, per esempio, lanciano specifici segnali d´allarme per indicare la presenza dei loro predatori più pericolosi. Alcune specie potrebbero essere in grado di emettere suoni poco o pochissimo dissimili da quelli umani. Il mese scorso Zuberbühler ha riferito che le scimmie Campbell, altra specie di cercopitechi che vive nelle foreste della Costa d´Avorio, possono individuare i richiami aggiungendo semplici suffissi. In pratica, le scimmie di Campbell emettono una sorta di "krak" quando avvistano un leopardo. Aggiungendo a questo suono un semplice "-oo", lo trasformano in un segnale di pericolo generico per un altro predatore. Elemento ancora più sorprendente è che le scimmie di Campbell sono in grado di abbinare due versi per produrne un terzo che ha un significato diverso. I maschi emettono una sorta di "boom boom", che sta a significare: "Sono qui, avvicinati", e quando a questi versi segue una serie di "krak-oo" il significato cambia ancora. Secondo Zuberbühler questa sequenza significa "Foresta! Un albero sta cadendo". Le scimmie e le scimmie antropomorfe possiedono molte facoltà prossime al linguaggio vero e proprio. Ascoltano e interpretano le sequenze di suoni proprio come gli esseri umani. Hanno un buon controllo del loro apparato vocale e possono produrre l´intera gamma dei suoni umani, anche se non sanno metterli insieme nello stesso modo. Zuberbühler pone l´accento sul fattore mancante: una precisa volontà di comunicare. «In linea di principio uno scimpanzé è in grado di emettere tutti i suoni che un essere umano può articolare, ma non lo fa perché non c´è stata una spinta evolutiva, una pressione specifica che lo inducesse a farlo» spiega Zuberbühler. A un certo punto dell´evoluzione umana, pertanto, qualcosa indusse gli esseri umani a sviluppare l´esigenza e il desiderio di condividere i propri pensieri. Per loro grande fortuna, tutti i necessari sistemi di individuazione e produzione dei suoni erano già sviluppati grazie alla loro discendenza dalle scimmie antropomorfe. E proprio questo pare essere il passaggio più misterioso di tutti nella storia dell´evoluzione umana. Marc D. Hauser, esperto di comunicazione animale ad Harvard, considera critica per lo sviluppo del linguaggio l´interazione disinibita. «A prescindere da quale ne sia la ragione, forse per puro caso, i nostri cervelli sono promiscui in modo esattamente contrario ai cervelli animali, e una volta che questa loro qualità emerge, diventa esplosiva», ha detto. Nei cervelli degli animali, invece, ogni sistema neuronale pare essere a sé, diviso, impossibilitato a interagire liberamente con gli altri. «Gli scimpanzé avrebbero molte cose da dirsi, ma non lo fanno», sostiene Hauser. In effetti gli scimpanzé possono comprendere gli obiettivi e le intenzioni altrui e elaborare varie strategie politiche, alle quali il linguaggio tornerebbe davvero utile. Ma i sistemi neuronali che presiedono a tali complesse interazioni sociali per qualche motivo non si abbinano al linguaggio. Hauser sta cercando di scoprire se gli animali possano apprezzare qualche aspetto critico del linguaggio, pur non essendo in grado di produrlo. Con Ansgar Endress l´anno scorso ha riferito che i tamarini a chioma di cotone o scimmiette Liszt sanno distinguere una parola aggiunta davanti a un´altra dalla medesima apposta alla fine. Questa loro facoltà pare simile all´abilità sintattica di riconoscere un suffisso da un prefisso, ma Hauser è dell´opinione che questa loro abilità si limiti a riconoscere se una parola viene prima o dopo e abbia poco a che vedere con la sintassi vera e propria. Per quanto riguarda il tentativo di comprendere se gli animali hanno una forma di linguaggio, Hauser ha detto che sta diventando pessimista: «Sono giunto alla conclusione che i metodi di cui disponiamo siano proprio pochi e non ci potranno condurre come vorremmo a dimostrare l´esistenza di una forma semantica o di una sintassi». (© la Repubblica-New York Times. Traduzione di Anna Bissanti)