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 2010  gennaio 12 Martedì calendario

Senza Calabria, Campania e Sicilia. L’Italia a 17 sarebbe la Germania Pil e non solo. Il debito pubblico sarebbe inferiore, il reddito pro-capite superiore a quello finlandese

Senza Calabria, Campania e Sicilia. L’Italia a 17 sarebbe la Germania Pil e non solo. Il debito pubblico sarebbe inferiore, il reddito pro-capite superiore a quello finlandese. E i livelli di criminalità subirebbero un duro colpo. Alcune regioni italiane sono tra le più ricche d’Europa ma il tasso di crescita del paese, da sei anni a questa parte, resta basso. Cosa cambierebbe se togliessimo la suola dello Stivale? Senza le regioni dove imperversano le mafie l’Italia sarebbe più sicura, più civile, più ricca, ma di quanto? La criminalità organizzata ormai è un fenomeno mondiale che ha influenza ovunque ma gli effetti in termini economici sono molto più marcati nel Mezzogiorno, dove lo sviluppo è frenato dall’evidente presenza mafiosa. Lì mancano gli investimenti, sia italiani che stranieri, le imprese sono costrette a cedere parte del proprio reddito a causa del pizzo e una quota della forza lavoro viene cooptata dalle organizzazioni criminali. Intanto lo Stato inietta denaro. Secondo gli ultimi dati Eurostat disponibili, la Lombardia produce ricchezza per il 20 per cento del Pil nazionale pari a 311 miliardi, seconda solo alla regione dell’Ile de France, un’area di 12mila chilometri quadrati che comprende Parigi e dintorni. Veneto, Emilia Romagna, Lazio e Piemonte superano un valore di 100 miliardi. Sul fondo troviamo Basilicata (10 miliardi) e Molise (6 miliardi) mentre al Sud, dove la criminalità organizzata spesso svolge una funzione para-statale, la situazione è differente e tutto nonostante gli investimenti pubblici. In Sicilia, Campania e Calabria, dove sono nate cosa nostra, camorra e ’ndrangheta, il Prodotto interno lordo per abitante è ben al di sotto della media dell’Unione, nella stessa percentuale di Polonia e Portogallo, e la disoccupazione è in doppia cifra. Le condizioni della disoccupazione sono simili anche per Puglia e Basilicata. Le cosche incamerano denaro per poi riciclarlo e investirlo in tutto il mondo, quando si mischia ai flussi regolari di capitale. Registrano un fatturato compreso tra i 120 e i 180 miliardi l’anno, per una ricchezza paragonabile al 5-7 per cento del Pil italiano. La metà dei guadagni vengono spesi in attività illecite o a sostegno degli affiliati, il resto affluisce nell’economia legale e viene speso a chilometri di distanza, dove se ne perdono le tracce. I proventi da attività criminali nelle tre regioni rappresentano una forma di ammortizzatore sociale, tanto che l’industria mafiosa fornisce impiego al 10 per cento della popolazione, in queste proporzioni: il 27 per cento in Calabria, il 12 in Campania, il 10 in Sicilia. Tutta forza lavoro che non fa Pil ma contribuisce ad arricchire e sostenere le mafie, anche se nella zona lo Stato è molto presente in termini di spesa.  nel Mezzogiorno dove il settore pubblico è più consistente. Nel 2006, cioè a quando fanno riferimento i dati regionali diffusi dall’Eurostat, la spesa per la pubblica amministrazione ammontava a 144 miliardi e più del doppio dei dipendenti statali erano impiegati in meridione. Nel 2009 solo in Calabria il 6,7 per cento della popolazione aveva un posto statale, contro il 5,7 per cento della media nazionale. Questo a fronte di un «residuo fiscale» pro-capite di 3.570 euro (- 3.410 euro in Lombardia, fonte: Assoedilizia). Significa che a Milano, in media, si paga all’erario più di quanto si riceve, viceversa a Reggio. A questo si devono aggiungere le risorse spese per combattere la criminalità organizzata, anche sul campo. Nell’autunno del 2008 il governo Berlusconi ha messo in pratica ”la politica della Sicurezza” stanziando oltre 62 milioni di euro in due anni per presidiare i centri urbani con l’esercito. Cinquecento soldati sono finiti a Castel Volturno e Aversa per arginare la camorra. Senza il Mezzogiorno perderemmo un patrimonio storico, culturale e ambientale inestimabile, spesso corroso dall’abuso edilizio (in Calabria il 26,7 per cento delle abitazioni sono irregolari), ma il Pil pro-capite ne trarrebbe beneficio. Creando una nuova Italia, senza le regioni di cui sopra, come esercizio statistico, scopriamo che nel 2006 il reddito avrebbe superato i 27.300 euro l’anno - circa tremila in più rispetto alla media nazionale dell’epoca -, quando la zona più ricca era quella di Bolzano e la più povera la Campania. Un reddito per abitante pari a quello della Germania, fino a ieri leader mondiale nelle esportazioni, poco più della benestante e ben-servita Finlandia, che spende oltre il 20 per cento del Pil nelle politiche di welfare, superando in maniera netta la media dell’intera Unione europea.