Roberto Gervaso, Il Messaggero 11/1/2010, 11 gennaio 2010
Spazzolini e stivali Caro Gervaso, c’è un personaggio della Storia del fascismo, di cui forse lei non ha già tracciato il profilo in questa rubrica
Spazzolini e stivali Caro Gervaso, c’è un personaggio della Storia del fascismo, di cui forse lei non ha già tracciato il profilo in questa rubrica. Personaggio che mi ha sempre umanamente e politicamente interessato. Un personaggio non so se grande o piccolo, forse più piccolo che grande, che è stato prima compagno di Mussolini, poi suo nemico; alla fine, di nuovo amico e sodale. La vita avventurosa di un uomo che, secondo me, non capiva niente di politica. Le sarei grato se rievocasse gli inizi dei rapporti tra Bombacci, autorevole socialista e, quindi, neutralista, e del futuro Duce, socialista apostata e sostenitore dell’intervento delle grandi democrazie francese e britannica contro i due potentissimi imperi germanico e austro-ungarico. L’Italia com’è noto, scenderà in campo nel maggio del 1915, a guerra iniziata. Gabriele Altomonte Come ha ricordato giustamente lei, i rapporti amichevoli fra il maestro di Predappio e Nicola Bombacci, per gli amici Nicolino, finiranno con la drastica presa di posizione di Mussolini in favore dell’intervento nella guerra che opponeva gli imperi centrali di lingua tedesca a Parigi e a Londra. L’Italia, tanto per non smentirsi, dapprincipio, era stata a guardare, come farà nel secondo conflitto mondiale, per vedere che piega prendevano gli avvenimenti. Poi decise di voltare gabbana, di passare dall’amico al nemico, sottoscrivendo il patto di Londra. Un giro di valzer che non stupì nessuno perché i giri di valzer, in politica, e non da allora, saranno sempre la nostra specialità. Ma c’era di più: il premier Salandra che aveva firmato con il ministro degli Esteri Sonnino l’accordo, non aveva con sé la maggioranza degli italiani. Aveva i più facinorosi e il re che, ad onta della lillipuziana statura, amava le armi, i campi di battaglia, i colpi di cannone. Ma le maggioranze nel nostro Paese sono sempre silenziose e si lasciano facilmente sopraffare dalle minoranze settarie e bercianti. Le più accanite erano quella mussoliniana e quella dannunziana che volevano fare dell’Italietta giolittiana e dei notabili una Nazione di guerrieri e di conquistatori. Ma torniamo a Bombacci. Aveva letto il Capitale, così almeno si vantava (Churchill dirà che il Capitale e la Bibbia non li ha letti nessuno, a parte i loro estensori e qualche paziente esegeta). Ma aveva anche letto il libro Cuore di De Amicis, con il suo lacrimoso e patriottico giulebbe. Come molti socialisti, i più onesti (e non ce n’erano tanti) credeva nelle utopie e vagheggiava bizzarre palingenesi. Era un entusiasta, privo di visione e capace solo di previsioni sbagliate. Come molti estremisti, sanguigno, ma senza ”capa” come dicono a Napoli voleva tutto ma non sapeva cosa fosse questo tutto e, quel che era peggio, lo voleva subito e in grande. Era nato a Forlì (questi tipi nascono solo in Romagna) quattro anni prima di Mussolini, allora socialista barricadiero, rivoluzionario, seguace di Sorel e del sindacalismo più spinto, al limite dell’eversione. Si votò anima e corpo e, purtroppo, anche cervello, al socialismo, diventando segretario della Camera di commercio di Piacenza, poi di Cesena. Il partito lo considerava una specie di nume tutelare e, per dimostrarglielo, gli affidò la guida del settimanale ”Il Cuneo”, gemello della ”Lotta di classe”, diretto da Mussolini. Nicolino e Benito filavano in perfetto accordo e non davano tregua agli avversari con un linguaggio più da osteria che da salotto, ma che era il linguaggio di chi leggeva i loro fogli incendiari. Requisitorie che dovevano abbattere la società borghese e, sulle sue rovine, erigere quella socialista, in attesa che diventasse comunista bolscevica. Bombacci era un uomo piuttosto basso di statura come Mussolini, con una folta chioma bruna, una barba da profeta (come tanti socialisti che si sentivano tali), lo sguardo più ispirato che spiritato, come quello di Benito, i modi risoluti e la voce aitante. Nel partito i due compagni conquistarono sempre nuove posizioni. Nicolino diventò il fiduciario unico della federazione modenese, segretario della Camera del lavoro e direttore del pugnace e avveniristico ”Il domani”. Quando a Mussolini fu affidato il timone dell’’Avanti!”, Bombacci commentò: ”Benito è una coscienza diritta, un’anima adamantina, una mente quadra di socialista e di pensatore”. Ma quando questa mente ”quadra” si volgerà all’interventismo, Bombacci toglierà il saluto al compagno. I seguaci del futuro Duce replicheranno con questo colorito ritornello: ”Con la barba di Bombacci noi faremo spazzolini per pulire gli stivali di Benito Mussolini”.