Glauco Maggi, La Stampa 11/1/2010, 11 gennaio 2010
Sull’arco dei dieci anni i bond battono le azioni. NEW YORK.L’ultimo anno con le sue performance contro le aspettative ha rispettato almeno la legge del ”compra basso, cioè entra quando gli altri escono”
Sull’arco dei dieci anni i bond battono le azioni. NEW YORK.L’ultimo anno con le sue performance contro le aspettative ha rispettato almeno la legge del ”compra basso, cioè entra quando gli altri escono”. Ma è sui dieci anni che si tirano le somme vere per chi ragiona in termini di impieghi di lungo termine, vero? Ed è qui che vengono le sorprese. Da fine 1999 i tre maggiori indici della Borsa americana sono ancora tutti in negativo (il Dow con -9,3%, lo S&P con ”24,1%, il Nasdaq con ”44,2%) e, all’opposto, l’indice del ritorno totale dei titoli pubblici Usa a 10 anni è aumentato dell’85,4% e quello (della Merrill Lynch) dei bond spazzatura dell’88%. Per l’oro è stata una vera resurrezione, con +279,6% (i futures del Comex, il mercato delle commodities) nel decennio, seguito dal petrolio con +210% (i futures del Nimex). Per le valute, è stato il periodo del declino del re dollaro: ha perso il 12,8% contro il panel delle maggiori divise mondiali (Jp Morgan dollar index) a 10 anni e il 5,2% negli ultimi 12 mesi. Quanto al cambio con l’euro, poi, è stato il crollo di un mito: il biglietto verde ha perso il 44% contro la moneta comunitaria dal 1999, quando era appena nata (e nel 2009 è sceso ancora del 2,5%). I piccoli risparmiatori sono esposti agli choc delle bolle che scoppiano nel panico dei disinvestimenti, così come alle ubriacature delle bolle quando si formano. Ciò è inevitabile. Ma se sono i bilanci fatti su periodi più lunghi quelli che possono servire da chiave di lettura più razionale per impostare le strategie di investimento delle famiglie, previdenziali e non speculative, il decennio della recessione del 2001 e della quasi depressione del 2008-2009 ha sparigliato vecchi parametri e minato tante diffuse convinzioni. Il maggiore rischio delle azioni che remunera di più dei titoli di Stato, come abbiamo documentato con le performance del decennio appena riportate, non è più una verità, se mai lo è stata, anche per i mercati più sviluppati e consolidati come l’America e l’Europa. Lo si sapeva giù per il Giappone, che ha ancora oggi il suo indice azionario che vale un quarto di 20 anni fa, ma ora il verdetto è globale: dieci anni di ”pazienza” per gli investimenti azionari non danno la garanzia di recuperare le perdite, se capita di entrare in mercati al culmine di un rally. Come fu per le borse gonfiate dalla bolla della tecnologia e di Internet della fine degli Anni Novanta. Nelle fasi di entusiasmo (dicembre 1999) come in quelle di panico (dicembre 2009) a vincere sono sempre i bastian contrari.