Luigi Grassia, La Stampa 11/1/2010, 11 gennaio 2010
Il Golfo copia l’euro Una moneta unica per sei Paesi arabi, Via al progetto, da completare nel 2015
Il Golfo copia l’euro Una moneta unica per sei Paesi arabi, Via al progetto, da completare nel 2015. INVIATO A KUWAIT CITY. In Italia brontoliamo contro l’euro, negli altri continenti ce lo invidiano. I Paesi arabi del Golfo hanno firmato l’accordo per creare una moneta comune sul modello dell’euro. La nuova valuta potrebbe chiamarsi «golfo». A Kuwait City la conferenza annuale della Fondazione per il pensiero arabo (un think-tank di imprenditori, accademici e politici sul modello dell’Aspen) ha avuto come focus proprio questo progetto che prevede una Banca centrale indipendente (come la Bce). I Paesi candidati membri dovranno soddisfare condizioni di accesso simili a quelle di Maastricht. Altra analogia: un istituto intergovernativo (come ci fu prima dell’euro) deciderà nome, aspetto e dettagli tecnici della nuova moneta. Che nasce molto ambiziosa: Abdullah al Kuwaiz, economista, diplomatico di alto rango e consigliere del governo saudita, spiega alla Stampa che «prevediamo la progressiva adesione di altri Stati, ma già prima che questo avvenga contiamo che la nuova moneta diventi di uso comune in tutti i Paesi arabi, come oggi il dollaro e l’euro». Magari un giorno il prezzo del barile di petrolio sarà denominato in questa valuta, anziché in dollari? « troppo presto per fare piani del genere, ma vedremo...». L’atto di nascita del simil-euro arabo è stato firmato a Kuwait City a metà dicembre. Non è stabilito quando la nuova moneta comincerà a circolare, ma nel 2015 sarà inaugurato il mercato comune dei paesi del Golfo ed è probabile che i due eventi siano contemporanei. La nuova valuta è stata negoziata fra i Paesi del Consiglio di cooperazione del Golfo, che sono Arabia saudita, Kuwait, Bahrein, Qatar, Emirati arabi uniti e Oman. Da subito aderiranno i primi quattro, mentre gli Emirati e l’Oman per adesso staranno in panchina (ma hanno partecipato a tutte le tappe dell’elaborazione del progetto e la loro auto-esclusione è solo temporanea). L’Oman è il meno ricco fra questi ricchi Stati e ha difficoltà a rispettare i parametri molto restrittivi di disavanzo e di debito pubblico previsti dal trattato; per questo al momento passa la mano. Invece gli Emirati stanno fuori per ripicca: avevano proposto come sede della Banca centrale Dubai o Abu Dhabi, invece è stata scelta Riad in Arabia saudita. Dice l’ambasciatore Al Kuwaiz: «Sono sicuro che gli Emirati ci raggiungeranno al più presto. Fra tutti noi sono quelli che hanno l’economia più aperta, quelli più attivi nel commercio e quelli che più avrebbero da rimetterci stando fuori dalla moneta comune, perché perderebbero gli investitori che non vogliono correre il rischio del cambio valutario. E poi gli Emirati sono stati i battistrada della moneta comune, hanno organizzato la prima conferenza preparatoria anni fa... figuriamoci se adesso si sfilano davvero». Stabilità valutaria, eliminazione delle spese di cambio e aiuto allo sviluppo dei commerci sono i benefici attesi. Sarebbe troppo presto per allargare il progetto a tutto il mondo arabo. Ventidue Paesi della zona hanno firmato anni fa un accordo per abbattere le frontiere interne al traffico delle merci, ma finora i risultati sono modesti, perché i partecipanti sono troppo eterogenei. Invece gli Stati del Golfo sono simili l’uno all’altro dal punto di vista economico e sociale, inoltre sono già abituati a lavorare insieme nel Consiglio di cooperazione del Golfo, un’istituzione molto efficace in campo politico, nell’economia e nella difesa. Il loro commercio interno è modesto se comparato all’esportazione di petrolio, ma al netto di quella voce raggiunge il 40% del loro interscambio complessivo e questo dà senso pratico all’adozione di una moneta comune. L’imprenditore egiziano Naguib Sawiris commenta: «Finora l’unità araba non si è fatta perché è stata delegata ai politici, che vanno sempre in cerca di ragioni per dividersi. Ora mettiamola nelle mani degli uomini e delle donne d’affari e andrà meglio».