Attilio Geroni, Ilsole24ore.com, 11 gennaio 2010
CHIUDE LA FNAC
Il 27 dicembre è stato un giorno triste, a Parigi, per gli appassionati di musica e gli estimatori della Fnac. Il negozio della Bastille ha chiuso per sempre. Specializzato nella vendita di dischi, è stato la prima vittima fisica della rivoluzione digitale e del piano di ristrutturazione aziendale voluto dalla casa madre, l’impero del lusso Ppr controllato dalla famiglia Pinault. Entro il 2011 verranno soppressi in Francia circa 400 posti di lavoro mentre gli altri negozi parigini sono e saranno sottoposti a un lifting importante, con la creazione di centri d’eccellenza e specializzazione, denominati Espaces Passion, nei diversi settori dell’intrattenimento e della cultura. A la Défense un auditorium hi-fi con poltrone in cuoio nero e luci basse, atmosfera da appartamento e la possibilità di prenotare un appuntamento con un venditore esperto; a Les Halles un grande spazio per la Band Dessinée (fumetti), passatempo nazionale di vecchi e giovani; a Montparnasse il bar à jazz con sgabelli alti e cuffie per l’ascolto: «Ppr sta facendo la pulizia e prepara il vestito per la promessa sposa» sintetizza, con una punta d’amarezza, Francis Taupin, delegato sindacale della Cgt e venditore alla Fnac Etoile in avenue de Ternes, nel 17° Arrondissement.
Che la catena sia in vendita, del resto, non è più un mistero. Già le voci erano circolate nel 2007, ma stavolta ci ha pensato il patron di Ppr, François-Henri Pinault, in un’intervista alla fine di novembre al Wall Street Journal, a ufficializzare l’intenzione del gruppo di disimpegnarsi dalla grande distribuzione. Questione di margini, ovviamente, per un impero industrial-finanziario che ha deciso di concentrarsi sempre di più sull’alta redditività del lusso. Il marchio di culto fondato nel 1954 da Max Théret (scomparso pochi mesi fa) e André Essel (deceduto nel 2005), due trotskisti che la concepirono sul modello dei gruppi d’acquisto cooperativi, si appresta dunque a conoscere un ennesimo cambio di proprietà, dopo essere stato controllato, in ordine temporale, da Paribas e Uap, dal gruppo cooperativo d’assicurazione Gmf e dalla Générale des Eaux (oggi Veolia) assieme al Crédit Lyonnais.
Quello che preoccupa i dipendenti è soprattutto l’arrivo dei fondi d’investimento (sarebbero già numerose le manifestazioni d’interesse anche da parte della grande distribuzione) e il rischio che l’aumento della redditività, già al centro della strategia di Ppr, diventi l’unico credo di un’azienda i cui principi fondatori erano ben altri. Un’immagine militante (e un po’ snob) che le è rimasta felicemente appiccicata e la distingue tuttora dal mucchio dei grandi retailer, online e non, di prodotti culturali e di intrattenimento: «Essel sosteneva che un margine superiore al 2% sarebbe stato indecente. Se l’acquirente volesse farne una semplice macchina da soldi distruggerebbe il valore del marchio e andrebbe incontro a una sconfitta», sostiene Didier Toussaint, autore del libro L’inconscient de la Fnac (Bourin, 2006).
L’acronimo stesso, che sta per Fédération Nationale d’Achat des Cadres, rivela la storia e le origini, frutto della convivialità di due reduci del trotskismo, appunto Théret e Essel, a casa di colui che di Trotsky fu amico e segretario, il pittore e politico Leon Zeller.
Gli incontri misero di fronte due personaggi singolari: Max aveva combattuto nella guerra civile spagnola al fianco dei repubblicani; André, dopo la militanza nella gioventù socialista, fece parte della resistenza lavorando per giornali clandestini durante l’occupazione. Quando si conobbero, il primo aveva un laboratorio fotografico di sviluppo e stampa a colori e aveva creato una centrale d’acquisto per i dipendenti della pubblica amministrazione, La Nouvelle Economie, che riusciva a offrire su alcuni beni di consumo sconti fino al 20%; il secondo era agente di commercio. Insieme fecero evolvere il concetto della Nouvelle Economie fondando una rivista, Contact, che si poneva per la prima volta dalla parte degli acquirenti: «Lo sconto per i consumatori completa la nostra battaglia politica. Noi vogliamo aumentare il potere d’acquisto attraverso una crescita dei salari. Se otteniamo per loro una riduzione dei prezzi non arriviamo forse allo stesso risultato?», disse André Essel per convincere l’amico Max a buttarsi nell’avventura. Che di lì a poco comincia in un appartamento al secondo piano di avenue Sébastopole, soprattutto con la vendita di materiale fotografico. Agli aderenti viene distribuito un libretto con buoni acquisto che danno diritto allo sconto e i due soci intanto si danno da fare direttamente presso i produttori per ottenere i prezzi migliori. Memorabile, raccontato da André Essel nell’autobiografia Je voulais changer le monde (Mémoire du Livre, 2001), l’incontro con il direttore di Kodak France, Monsieur Landucci, per convincerlo ad applicare sconti del 20% su prodotti - pellicole soprattutto - che già allora si vendevano come il pane: «Preferite che i consumatori paghino di più per mantenere i commercianti al riparo della concorrenza? Nell’industria cercate di migliorare la produttività . Nel commercio, questo miglioramento si traduce per una riduzione dei margini e noi siamo in grado di dimostrare che il servizio di distribuzione si può rendere anche con un margine dimezzato. Nessuno, del resto, impedisce alla concorrenza di fare altrettanto». La crescita, complice il boom dei Trente Glorieuses, è esponenziale, e si accompagna a un’altra novità, la pubblicazione nel 1960, sulla rivista Contact distribuita a 300mila clienti, dei primi test comparativi di qualità sui prodotti venduti attraverso la Fnac.
Oggi, anche giustamente, quel modello cooperativo è storia, heritage come direbbero i guru del marketing. A furia di grattare, l’etichetta dell’origine si è sbiadita senza però staccarsi ed è probabile che una componente non disprezzabile dei detentori della carta aderenti, oltre 3 milioni, la tenga presente almeno a livello subliminale nelle scelte d’acquisto: «Resta il luogo prediletto dei bobo (bourgeoise-bohémienne, borghesi-bohémienne, ndr). Leggono le recensioni su Télérama (un Tv Sorrisi & Canzoni alto di gamma, molto ben fatto e edito da Le Monde, ndr) e poi vanno lì a comprare musica e libri», ironizza un venditore di Betino’s, negozio di dischi indipendente a Parigi 11° arrondissement, ultraspecializzato in hip-hop, soul e funky.