Luca Cifoni, Il Messaggero 10/1/2010, 10 gennaio 2010
La svolta fiscale alla prova del realismo dei conti Tremonti punta ad un’operazione condivisa per riequilibrare il prelievo a vantaggio di lavoro e famiglia ROMA La riforma fiscale si farà, ma tenendo conto del vincolo del debito pubblico: un vincolo che secondo Giulio Tremonti è politico prima ancora che matematico o finanziario
La svolta fiscale alla prova del realismo dei conti Tremonti punta ad un’operazione condivisa per riequilibrare il prelievo a vantaggio di lavoro e famiglia ROMA La riforma fiscale si farà, ma tenendo conto del vincolo del debito pubblico: un vincolo che secondo Giulio Tremonti è politico prima ancora che matematico o finanziario. «In giro nel Palazzo - ripete in questi giorni - c’è una pattuglia di piccoli Re Sole che pensano ci sia indipendenza tra politica ed economia». Il riferimento storico non è casuale: fu proprio il gigantesco debito pubblico accumulato dalla monarchia uno dei fattori scatenanti che portarono alla Rivoluzione francese e alla decapitazione di Luigi XVI. E se l’Italia del 2010 non è la Francia del 1789, il nostro Paese ha in ogni caso il problema di piazzare sui mercati internazionali emissioni per 485 miliardi di euro in un anno; per di più in un contesto in cui anche altri Stati hanno accumulato pesanti indebitamenti, per fronteggiare le crisi bancarie, e dunque fanno una concorrenza agguerrita ai nostri titoli di Stato. Una visione ispirata al realismo, ma anche indirizzata al futuro, che Tremonti ritiene condivisa da Berlusconi. In effetti è stato lo stesso premier a ricordare che il programma elettorale del Popolo delle Libertà prevede come punto fermo l’impegno a non aumentare le tasse, a «non mettere le mani nelle tasche dei cittadini». Il calo della pressione fiscale, negli impegni del 2008, era invece condizionato a tre vincoli, la crisi allora in arrivo, gli impegni europei e l’instabilità dei conti pubblici; e in ogni caso era ipotizzata come percorso graduale. Ai portatori di facili entusiasmi per i segnali di ripresa attualmente visibili, Tremonti oppone nella loro brutalità i risultati di due anni di recessione: sei punti di caduta complessiva del Pil, qualcosa come 90 miliardi di euro in meno. Da qui si deve ripartire, e per riguadagnare il terreno perduto ci vorrà tempo, visto che l’arretramento del prodotto interno lordo porta con sé quasi automaticamente quello delle entrate, ma non autorizza lo Stato a ridurre spese essenziali come quelle per le pensioni o la sanità: che quindi continuano a gravare sul bilancio pubblico. Insomma, come il ministro ha ripetuto più volte in queste settimane, nessuno immagina di fare riduzioni delle tasse in deficit; anche perché un’operazione del genere, oltre a pesare sui conti, rischierebbe seriamente di rivelarsi inefficace. E gli esempi che vengono dall’estero, secondo Tremonti, vanno presi con la dovuta cautela: è di due giorni fa la pubblicazione in Germania di un sondaggio che vede i cittadini in maggioranza contrari al taglio delle tasse a cui sta lavorando il governo. Il timore evidentemente percepito dai tedeschi è che la riduzione del prelievo si dimostri a lungo andare insostenibile, e obblighi il governo a correre ai ripari con inasprimenti fiscali di proporzioni ancora maggiori. Per non rischiare di ritrovarsi in una situazione del genere, il ministro intende affrontare la revisione dell’edificio fiscale italiano prendendo tutto il tempo necessario. Ed è ripartito dal suo Libro bianco del 1994, un testo di 200 pagine l’ultima delle quali è un foglio bianco, da rispedire (allora c’era solo la Posta o il fax) al ministero delle Finanze con suggerimenti e proposte. Anche nel 2010 la logica dovrebbe essere quella della consultazione più ampia possibile, con il coinvolgimento delle forze produttive e del mondo accademico. Insomma quanto di più lontano da interventi di emergenza, magari inseriti frettolosamente in un decreto legge. Nel documento di 16 anni fa era esplicitato il vincolo dell’invarianza della pressione fiscale, superabile solo grazie ad un eventuale risanamento dei conti indotto dalla stessa riforma fiscale. In altre parole, il calo della pressione era il punto di arrivo e non il punto di partenza. E la logica era per molti aspetti redistributiva. Tre i principi ispiratori: dal centro alla periferia, dalle persone alle cose, dal complesso al semplice. Il primo punta a saldare la revisione dell’apparato fiscale al percorso, già avviato ma ancora lungo, che dovrà introdurre significative forme di federalismo fiscale. Il secondo principio allude ad un riequilibrio del prelievo tra le imposte che gravano sui redditi da lavoro e quelle sui consumi: un po’ meno di Irpef, un po’ più di Iva. In questo quadro un’attenzione particolare dovrebbe essere riservata alla famiglia. Infine la semplificazione, elemento che insieme all’eventuale riduzione del prelievo dovrebbe rendere il sistema più sopportabile per i contribuenti. Distribuzione dei redditi per classe di reddito complessivo Anno d’imposta 2007 n. contribuneti % totale contribuenti zero 279.626,00 0,67 da 0 a 1.000,00 2.240.025,00 5,38 da 1000 a 1.500,00 683.469,00 1,64 da 1500 a 2.000,00 560.028,00 1,34 da 2000 a 2.500,00 505.932,00 1,21 da 2500 a 3.000,00 472.779,00 1,13 da 3000 a 3.500,00 439.049,00 1,05 da 3500 a 4.000,00 417.658,00 1 da 4000 a 5.000,00 826.563,00 1,98 da 5000 a 6.000,00 2.554.101,00 6,13 da 6000 a 7.500,00 2.233.518,00 5,36 da 7500 a 10.000,00 3.347.804,00 8,04 da 10000 a 12.000,00 2.471.952,00 5,93 da 12000 a 15.000,00 4.156.063,00 9,98 da 15000 a 20.000,00 6.848.756,00 16,44 da 20000 a 26.000,00 5.692.610,00 3,66 da 26000 a 29.000,00 1.888.412,00 4,53 da 29000 a 35.000,00 2.252.261,00 5,41 da 35000 a 40.000,00 1.001.000,00 2,4 da 40000 a 50.000,00 1.015.985,00 2,44 da 50000 a 55.000,00 301.609,00 0,72 da 55000 a 60.000,00 232.578,00 0,56 da 60000 a 70.000,00 344.946,00 0,83 da 70000 a 75.000,00 131.866,00 0,32 da 75000 a 80.000,00 107.462,00 0,26 da 80000 a 90.000,00 160.318,00 0,38 da 90000 a 100.000,00 112.539,00 0,27 da 100000 a 120.000,00 136.343,00 0,33 da 120000 a 150.000,00 101.170,00 0,24 da 150000 a 200.000,00 70.842,00 0,17 da 200000 a 76.202,00 0,18 Totale 41.663.466 «Gli italiani sono i meno indebitati d’Europa» Nonostante la crisi gli italiani rimangono i meno indebitati d’Europa. A confermarlo sono i numeri elaborati dall’ufficio studi della Cgia di Mestre. «Nel 2009 l’indebitamento complessivo delle famiglie italiane ha raggiunto quota 524,1 miliardi di euro. Un importo che, seppure in crescita, è più contenuto di quello registrato nei principali Paesi dell’Ue», ha spiegato la Cgia di Mestre che, soffermandosi sull’indebitamento delle famiglie dei cugini europei, evidenzia come in Spagna l’indebitamento delle famiglie abbia toccato la quota di 896,7 miliardi di euro; in miliardi di euro. In Italia, proseguono gli artigiani, «in termini di indebitamento per famiglia, l’importo medio nel 2009 è stato di 21.270 euro, contro i 36.150 euro registrati in Francia, i 37.785 euro dei tedeschi, i 55.886 degli spagnoli e i 63.477 euro degli inglesi. Sempre dall’analisi dei dati - aggiungono - si evince che i 524 miliardi di euro di debiti dei nuclei familiari italiani incidono sul Pil nazionale per il 34,2%. Un valore ben lontano da quello rilevato in Francia dove gli oltre 942 miliardi fanno arrivare tale rapporto al 49,1%. Mentre i risultati più preoccupanti giungono da Germania, Spagna e, soprattutto dal Regno Unito. Oltre Manica l’indebitamento delle famiglie, pari come dicevamo a 1.605 miliardi di euro, incide per più del 100 % sul Pil. In Spagna, invece, il rapporto dei debiti delle famiglie sul Pil scende, ma non di molto, toccando quota 83,6 % mentre in Germania il peso dei debiti sul Pil è pari al 63,5 %».