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 2010  gennaio 10 Domenica calendario

PECHINO Le sale del centro hanno poltrone anatomiche e impianti a 3D dove i ragazzi fanno la fila per biglietti da 10-12 euro l’uno: quello che vent’anni fa era uno stipendio mensile buono e oggi equivale a tre giorni di lavoro di un operaio

PECHINO Le sale del centro hanno poltrone anatomiche e impianti a 3D dove i ragazzi fanno la fila per biglietti da 10-12 euro l’uno: quello che vent’anni fa era uno stipendio mensile buono e oggi equivale a tre giorni di lavoro di un operaio. il prezzo di almeno dieci film al mercato nero dei dvd piratati, ma la nuova, crescente gioventù dorata non fa questi conti. Il cinema ha il vecchio fascino della camera dei sogni, specie se c’è il turbo di suoni e visioni tridimensionali. Sulle loro tasche ha viaggiato il grande balzo in avanti degli incassi dei botteghini dei cinema cinesi: +44 per cento nel 2009 dopo anni di crescita comunque poderosa, intorno al 30 per cento. Lo scorso anno in totale le sale cinesi hanno fatturato 6,2 miliardi di yuan, circa 908 milioni di dollari, meno di un decimo delle entrate americane del settore, 9,79 miliardi di dollari nel 2008. Con questi tassi di crescita il mercato del cinema cinese supererà quello americano in 5-10 anni, diventando così il primo del mondo e cambiando il volto dell’immaginario collettivo globale. Il mercato si sta attrezzando per questa crescita verticale. Nel 2009 sono entrate in funzione 600 nuove sale. Ce ne sono quasi 800 in 3-D e 1800 digitali, per un totale di 4.700 schermi registrati. In questo mercato in crescita spasmodica il 56% delle entrate va a produzioni cinesi, il 44% all’estero, cioè praticamente tutto a kolossal americani, la cui importazione è ancora limitata ad appena venti titoli all’anno. Gli Stati Uniti stanno però premendo sul Wto, l’organizzazione mondiale del commercio, per rimuovere questi limiti e si stanno già preparando all’invasione. Pellicole come «Kung fu Panda» sembrano confezionate proprio per il mercato cinese, e certamente trovano l’anima della cultura di qui, tanto da far invidia a Pechino. Di questo cartone animato molti critici locali hanno scritto che è uno dei miglior film cinesi, peccato che sia fatto da non cinesi. Ora il fantascientifico «Avatar» di James Cameron conta di battere ogni record e promette di fare oltre 50 milioni di euro di incassi solo in Cina! Proprio per questo le legioni della difesa culturale si stanno attrezzando. Il super-regista nazionale Zhang Yimou ha fatto uscire da qualche settimana «Una semplice storia di spaghetti», versione cinese e più umoristica del film dei fratelli Cohen «Blood simple» («Sangue facile», 1984). Ma i critici qui non lo apprezzano. Fa meglio, sempre a detta dei critici, il regista campione di incassi Feng Xiaogang, ma produce storie supercinesi, difficili da digerire all’estero. I suoi film scandiscono momenti quasi storici in Cina, a cominciare da «Telefonino» e «Un mondo senza ladri». La sua unica pecca -per occhi occidentali - è di essere intensamente cinese, soprattutto di questo specifico momento storico, per cui le battute e le situazioni, che qui sono comiche, sono incomprensibili all’estero. «Adunata», del 2007, cerca di sfondare la barriera, ma anche questo tentativo non ha tanto successo. Ma per la Cina Feng Xiaogang è l’uomo dei record al botteghino, capace di unire pubblico e critica. Ha ritrovato invece le radici nazionali una superstar di Hong Kong passata da anni alle megaproduzioni hollywoodiane, il regista John Woo. I suoi due recenti kolossal, «Scoglio Rosso» 1 e 2, tratti da un episodio dell’antico «Romanzo dei tre regni», stanno sbancando in Asia e hanno aperto molte porte anche in Occidente. Classe 1946, regista di film di azione, dopo aver firmato a Hong Kong 24 regie nel 1993 emigra a Hollywood, portando con sé un modo di girare molto stilizzato. Lì firma altri undici film, tra i quali record di incassi con John Travolta, Nicolas Cage o Tom Cruise («Mission Impossible»). Nel 2007 viene però richiamato dalle sirene di Pechino, che gli affida una super produzione tratto dal più classico dei romanzi di guerra e strategia cinesi, «Il Romanzo dei Tre Regni». Nelle sale ora si aspetta lo sbarco di «Confucio», il primo film mai dedicato all’antico pensatore, padre venerato della forma mentis cinese. Dietro queste punte di diamante c’è una folla di talenti che scalda i motori. Si allenano per ora a filmare drammi televisivi piccoli e grandi. L’anno scorso ne hanno prodotti per circa 50 mila ore, anche se molti non sono mai stati trasmessi in una delle duemila stazioni tv sparse per tutto il Paese. Più soldi e più domanda creeranno nuove opportunità per i futuri registi di kolossal cinesi. Ma non sono solo affari. La rapidissima crescita del mercato cinematografico cinese ha conseguenze culturali enormi per tutti. Hollywood farà sempre più film tarati su questo mercato, che poi circoleranno in tutto il mondo, e quindi anche da noi. Inoltre le produzioni cinesi avranno sempre più soldi, saranno più sofisticate e sforneranno sempre più filmoni che arriveranno in Europa. Complessivamente il nostro immaginario, fortemente trainato dal cinema, diventerà sempre più cinese, come per anni è stato tanto americano. Magari anche attraverso Hollywood che si fa cinese per pescare in questo nuovo mercato. un cambio culturale, di percezione del mondo, molto più importante del fatto che la Cina venda più frigoriferi o automobili. E questo sta avvenendo molto in fretta... nel tempo in cui arriveremo a metà della prossima legislatura italiana.