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 2010  gennaio 09 Sabato calendario

SPAGNA PI POVERA E SENZA TUTELE

«Quando un paese come la Spagna investe 5 punti in meno rispetto alla media europea nella cosiddetta protezione sociale, non può certo pretendere di soccorrere efficacemente le persone bisognose ». Juan José Lopez, capo dell’ufficio studi della Caritas, non ha peli sulla lingua. E gli indigenti qui sono tanti, dato che la soglia di povertà si avvicina al 20% della popolazione e che la disoccupazione sfiora ormai i 4 milioni di persone. «Basti pensare - continua Lopez- che per ottenere un assegno di sostegno ci vogliono in media 118 giorni e che i servizi sociali danno appuntamento non prima di 30-90 giorni,».
Secondo uno studio recente di Eurostat, che si riferisce al 2005, la Spagna spende nel welfare il 20,5% del Pil, rispetto a una media Ue del 27,17% e confrontato con il 29,5% della Francia, il 28,5% della Germania, il 25,8% dell’Inghilterra e il 25,6% dell’Italia.
«Le domande di aiuto - spiega Lopez- sono passate dalle 400mila del 2007 alle 800mila dello scorso anno. E la situazione è destinata a peggiorare con il protrarsi della congiuntura negativa». Basta consultare il sito www.caritasmadrid. org per rendersi conto dell’eterogeneità delle domande di aiuto: c’è la famiglia numerosa che non riesce a tirare fine mese, il malato cronico, il disoccupato (il profilo tipo è il quarantenne, sposato, con un paio di figli). Molti trentenni tornano da mamma e papà: in Spagna la famiglia è un ammortizzatore che funziona.
Senza contare gli immigrati che, vista la situazione di crisi, chiedono di per poter tornare nei paesi d’origine. Sono circa 300mi-la, si calcola, i lavoratori stranieri che nel 2009 hanno fatto le valigie. «Gente che- continua Lopezil più delle volte aveva un lavoro in regola e il permesso di soggiorno per sé e per la famiglia».
La Spagna attuale vive dunque una forte precarietà, anni luce dal 2008, quando ancora il modello del successo spagnolo era studiato nelle università. Del resto non potrebbe essere altrimenti se si pensa che nel 2009 sono stati persi circa 800mila posti di lavoro: soprattutto nei settori immobiliare, alberghiero e dell’auto, che sono stati i tre pilastri su cui i governi hanno costruito il boom del passato decennio. Un modello economico da paese in via di sviluppo, fortemente "labour intensive" che si è ripiegato su se stesso non appena sono arrivati i primi venti della crisi. Un modello economico da rifondare, ha riconosciuto il presidente José Luis Zapatero.
Madrid ha uno dei più elevati tassi di disoccupazione della Ue, con il 20% circa della popolazione attiva, e impiegherà non meno di 5 anni a riportarsi a un più consono 8 per cento. Per questo l’economia stenta a riprendersi ed è in ritardo rispetto agli altri concorrenti europei. «Il differenziale è dovuto al fatto che da noi la crisi e’ arrivata qualche mese dopo », si difendono al governo. In realtà le cose non stanno proprio così. La Spagna è fortemente legata alla "old economy" ed è scarsamente com-petitiva, fa fatica a esportare. Ha dunque bisogno di un cambiamento radicale e di riforme in grado di farle compiere un balzo in avanti, paragonabile a quello che negli ultimi 30 anni, morto Franco, ha avvicinato il paese alle nazioni più avanzate. Lo sa bene Zapatero che, nonostante abbia fatto ben poco finora, ha lanciato nelle scorse settimane il cantiere dell’economiasostenibile e quello delle riforme strutturali, istruzione in testa.
Un sogno difficile e lungo da re-alizzare, data la mancanza di fondi. Ma un sogno che la Spagna ha l’obbligo di realizzare se non intende essere relegata nei vagoni di coda del treno europeo, in preda a una sorta di italianizzazione del paese, dato che i conti pubblici sono in una fase critica e che in prospettiva pensioni e sanità dovranno adattarsi allo squilibrio che produrrà l’invecchiamento della popolazione.
Madrid è dunque passata dall’essere uno degli alunni più virtuosi della Ue a uno dei peggiori. I conti pubblici si sono infatti deteriorati: da un avanzo dell’1% nel 2008 a un deficit del 10% circa nel 2009, mentre il debito è "schizzato" dal 39,7% a oltre il 60% del Pil. Con, in entrambi i casi, prospettive di peggioramento nel 2010, anche se il paese si è impegnato con Bruxelles a rientrare nei parametri di Maastricht nel 2013. Non a caso prima di Natale, Standard & Poor’s ha messo sotto osservazione il debito della Spagna in vista di un eventuale " downgrading". La ripresa peraltro appare lontana, nonostante il governo abbia approvato una Finanziaria 2010 di austerità e varato fondi di sostegno all’economia per svariati miliardi di euro. Il 2009 si è inchiuso con una contrazione del Pil compresa tra il 3 e il 4%, quest’anno la caduta sarà contenuta al di sotto dell’1%. Comunque male rispetto ai concorrenti.