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 2010  gennaio 09 Sabato calendario

Non si butta niente. I last minute antispreco salvano e riusano tutto: Yogurt, formaggi e libri i foodbusters non saltano un appuntamento

Non si butta niente. I last minute antispreco salvano e riusano tutto: Yogurt, formaggi e libri i foodbusters non saltano un appuntamento. Arrivano a piedi, in bici, in macchina se la possiedono. Si attengono a un motto: trasformare lo spreco in risorse. Hanno l’occhio allenato e l’aspetto multiforme. A Bologna sono gli addetti dell’Opera Pia di padre Marella: riempiono buste di yogurt prossimo alla scadenza, pasta e riso con la confezione un po’ danneggiata, prodotti ”freschi e freschissimi”, dalla carne ai formaggi a pasta molle, ma anche pollo arrosto del reparto rosticceria. Destinazione: la mensa dei poveri a 700 metri dall’ipermercato di rifornimento. A Verona ledamedi San Vincenzo si approvvigionano dalle mense scolastiche: senonché, gli indigenti non si limitano al pranzo di mezzogiorno ma devono anche cenare. Detto fatto: c’è l’adiacente caserma ”Duca degli Abruzzi”, con i militari entusiasti di regalare i pasti serali avanzati. A Ferrara la pasticceria Orsetti, celebre per il pan pepato, mette a disposizione ogni giorno i dolci avanzati: alle 19,29 don Domenico si presenta sull’uscio e incamera 3 vassoi di pasticcini. Due finiscono alla mensa degli extracomunitari; uno, simbolicamente, lo porta di persona al dormitorio comunale, luogo non sempre accogliente, assaggia le paste alla crema ”perché non si sa mai”, e condivide il banchetto. Cani sciolti dell’italico buon cuore? No: capillari ramificazioni di un progetto antispreco sostenibile sotto il profilo economico, sociale e ambientale, oggi operativo in 40 città italiane e in via di esportazione in Paesi estericomeBrasile e Argentina. Parliamo della rete ”Last minute market”, (il sito è www.lastminutemarket.org) ideata una decina di anni fa dal professor Andrea Segré, preside della facoltà di Agraria dell’università di Bologna. Nel 2003 è nata una società, spin off dell’ateneo bolognese, che opera per salvare dalla spazzatura le eccedenze della grande e piccola distribuzione. Un modello operativo semplice ma efficace: si tratta di mettere in comunicazione potenziali fornitori (negozi, supermercati, cash & carry) con aspiranti fruitori (Caritas, entinoprofit, Comuni, fondazioni). Presupposto è che lo scambio possa aver luogo nel raggio di poche centinaia di metri: «Il sistema funziona soprattutto dal punto di vista ambientale, come prevenzione dei rifiuti e minor costo di smaltimento – spiega Segré – unchilometro zero dei rifiuti: se dovessi trasportare il cibo in camion chissà dove, le spese non varrebbero i benefici». Già, perché non ha nulla a che fare con il volontariato. Qui tutti ci guadagnano: i beneficiari ricevono prodotti gratis, le imprese riducono l’invenduto e avvantaggiano l’immagine, gli enti territoriali migliorano l’impatto ambientale. Per ora il sistema è a macchia di leopardo: funziona soprattutto al Nord, con l’Emilia Romagna che dal 2006 collabora in modo sistematico, e con Toscana, Piemonte, Liguria, Lombardia. Tentativi non molto fruttuosi in Sicilia, buoni risultati in Puglia e in Sardegna grazie all’impegno di un prete cagliaritano di frontiera. L’«ultimo minuto» della lotta allo spreco marcia così spedito che ha diversificato i settori: il last minute del catering recupera pasti pronti dalle mense di scuole, caserme, ospedali. E si studia il modo per coinvolgere le compagine aeree, che buttano quintali di panini, formaggini, burro e marmellate destinati ai passeggeri. I numeri sono impressionanti: nella sola Bologna, dai nosocomi si ricava un centinaio di pasti cotti al giorno. Vanno alla comunità di ex tossicodipendenti La Rupe che risparmia così 3,5 euro a vassoio. «Succede 100 volte per 365 giorni. Faccia lei i conti. E la comunità ha assunto un dipendente ad hoc, creando occupazione». Poi c’è il settore libri: dal 2004 ne hanno salvati 90mila dal macero per un valore di oltre 700mila euro. Dagli esordienti italiani ai grandi classici, e molti prendono la via delle comunità italiane all’estero. «Non si tratta di svuotare i magazzini delle case editrici – avverte Segré – ma di fare incontrare domanda e offerta. La Giunti per esempio dona ottimi libri per bambini che destiniamo a case famiglia, istituti, sale pediatri». Il più delicato è il last minute Farmacia, basato sul presupposto che il principio attivo di un medicinale dura ben oltre la data di scadenza. Tuttavia, tanto i farmaci che necessitano di ricetta quanto quelli da banco venduti anche al supermercato vengono somministrati solo in realtà dove è stabilmente presente un medico: ricoveri per anziani, ambulatori per extracomunitari, comunità di recupero. Poi però c’è tutto il resto: pannolini, latte in polvere per neonati, dentifrici, shampoo, detersivi con scatole danneggiate o barattoli ammaccati. Invendibili eppure funzionanti al 100%. Newentry il settore Harvest, cioè il raccolto diretto dal produttore. Si tratta di cogliere la frutta che rimane appesa agli alberi o la verdura nell’orto, perché il contadino con la vendita non coprirebbe il costo della manodopera. Ci pensano allora i ragazzi diversamente abili delle fattorie sociali a riempire cesti di mele, arance, insalata. Segré ha illustrato il successo del suo esperimento alla Conferenza sul clima di Copenhagen ed ha appena organizzato un evento londinese assieme a Tristam Stuart, lo studioso autore dell’angosciante saggio «Sprechi». Una tavola per 5mila ospiti a Trafalgar Square imbandita con carote storte, patate troppo piccole per gli standard commerciali, prugne rugose, prodotti ortofrutticoli dalle dimensioni irregolari e scatolame prossimo alla scadenza. Adesso la società si prepara all’agone del 2010: l’anno Antispreco patrocinato dal Parlamento Europeo, con un carnet di iniziative per sensibilizzare l’opinione pubblica e soprattutto la presentazione del «libro nero degli sprechi», il primo rapporto dei buchi neri italiani nel ciclo produttivo alimentare. Perché, al di là delle chiacchiere, i dati di Last Minute Market fanno riflettere. Nel 2009 hanno salvato890 tonnellate di cibo per un valore di circa 3 milioni di euro offrendo1milione 800mila pasti. Una goccia nell’oceano di quanto si potrebbe fare applicando lo stesso modello in tutta Italia: in un anno si recupererebbero 244.252 tonnellate di cibo per un valore di 928.157.600 euro risparmiando 291.393 tonnellate di anidride carbonica nell’atmosfera. La prossima battaglia di Segré è infatti cruciale: convincere l’amministrazione finanziaria a legare dappertutto la tassa sui rifiuti all’effettivo smaltimento. Premiando i comportamenti virtuosi con detrazioni fiscali. E facendo respirare il pianeta.