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 2010  gennaio 10 Domenica calendario

I 150 mila clandestini del Sud d’ Italia Sono il 30% degli immigrati, arrivano quasi tutti dall’ Africa Molti si muovono secondo la possibilità di lavoro in agricoltura «L a situazione socio-ambientale è straordinariamente critica in molte aree del Sud

I 150 mila clandestini del Sud d’ Italia Sono il 30% degli immigrati, arrivano quasi tutti dall’ Africa Molti si muovono secondo la possibilità di lavoro in agricoltura «L a situazione socio-ambientale è straordinariamente critica in molte aree del Sud. Le condizioni così dure fatalmente spingono masse di immigrati clandestini verso la malavita organizzata. Si trasformano in manovalanza disperata e a bassissimo costo, pronta a farsi sfruttare dalle organizzazioni criminali pur di sopravvivere», dice Vincenzo Cesareo, segretario generale della Fondazione Ismu (Iniziative e studi sulla multietnicità). Da tempo Cesareo collabora col Viminale fornendo dati, analisi, spunti critici e soprattutto misurando una situazione perennemente fluida («soprattutto in materia di dati, cambia continuamente»). Comunque Cesareo assicura che le sue ultime valutazioni (contenute nel XV Rapporto nazionale sulle migrazioni presentato meno di un mese fa a Milano) si avvicinano alla realtà. Ovvero una presenza sul territorio nazionale (dato aggiornato al primo gennaio 2009) di 418 mila irregolari (erano 651 mila all’ inizio del 2008) su un totale di 4,8 milioni di stranieri. al Sud che la presenza di clandestini «pesa» di più anche se il numero complessivo è più basso rispetto al Nord: 150 mila unità. Ma cresce moltissimo la «percentuale di clandestinità» rispetto ai regolari: il 30%, cioè un terzo. Prendiamo Napoli: gli irregolari in città sono quasi 11 mila, il 35% degli immigrati residenti in quella città. La percentuale lievita nella provincia: 40-45% di clandestini. Fenomeni rintracciabili in tutto il Sud: 39% di irregolari sulla totalità di immigrati a Crotone, 34% a Reggio Calabria, 32% a Cosenza. Masse che si muovono secondo la possibilità di lavoro di bracciante agricolo a giornata, che fatalmente creano ghetti, raggruppamenti incontrollati e violenti, autentiche tribù cementate dalla marginalità. Nella media, spiega il segretario generale dell’ Ismu, nel Sud l’ irregolarità è composta per il 40% da nordafricani e per un altro 40-45% da individui dell’ area sub-sahariana. Cesareo analizza Rosarno: «Gli stranieri registrati all’ anagrafe toccano quota 1.000. Ebbene, solo 25 persone risultano arrivate dalla Costa d’ Avorio e 47 dalla Tunisia. Invece la realtà è drammaticamente molto più corposa. Secondo le nostre stime, a Rosarno fino a qualche giorno fa gravitavano 600 irregolari (esclusi i neo-comunitari dell’ ex Est che non si possono considerare clandestini) quasi tutti dell’ area sub-sahariana». E qui arriviamo al nodo dell’ analisi di Cesareo: «Molte aree del Sud sono veri e propri "non-luoghi". Ovvero spazi fisici privi di qualsiasi aggregazione sociale. Caratterizzati per di più da un evidente degrado architettonico e urbanistico, un dato essenziale per comprendere cosa sta accadendo. Perché inevitabilmente si applica il principio del vetro rotto». E quale sarebbe, Cesareo, questo «principio del vetro rotto»? «Molto semplice. Quando un edificio apparentemente vuoto ha un vetro rotto, facilmente qualcuno prova a romperne un altro per vedere cosa accade. E poi occupa abusivamente quello stabile. Quindi la situazione generale, che già presentava quel "vetro rotto" per restare nell’ esemplificazione, facilmente precipita». Il segretario generale dell’ Ismu aggiunge altre tessere a un mosaico penoso: «Mancano i servizi pubblici, per esempio una rete di trasporti adeguata. C’ è una strutturale debolezza economica che si trasforma in deprivazione socio-culturale. Di fatto ci troviamo di fronte a un territorio che non offre niente, e non parlo solo per gli immigrati. Fatale che i più deboli della catena, appunto i clandestini, finiscano in massa nella rete della criminalità organizzata e quindi della devianza sociale. E proprio per questo, mi dispiace dirlo, è altrettanto inevitabile il malessere della popolazione autoctona, quindi le esplosioni di intolleranza e di autentica xenofobia. Ciò che sta avvenendo in questi giorni disgraziatamente non ci stupisce». La domanda «che fare?» è inevitabile. E Vincenzo Cesareo offre i suoi spunti: «Monitorare e sorvegliare con attenzione le zone più dense di flussi. Tentare di restituire un minimo di dignità a quei luoghi con qualche intervento di arredo urbano, perché l’ ordine estetico richiama anche l’ ordine generale, magari creare poli di aggregazione sociale». Dal Dipartimento libertà civili e immigrazione del ministero degli Interni, diretto dal prefetto Mario Morcone, arriva qualche esempio perfettamente in linea con la ricetta suggerita da Cesareo. Spiega il prefetto: «Indubbiamente i principali problemi che derivano dall’ immigrazione clandestina nascono dall’ aggregazione di vistosi numeri intorno alle aree urbane, più o meno grandi. La formula che stiamo sperimentando con successo è l’ inserimento pilotato di gruppi di immigrati in realtà locali. Non solo si esce dalla marginalità ma si contribuisce a ripopolare realtà urbane che si stavano svuotando per le grandi ondate migratorie verso le metropoli. Penso a ciò che sta avvenendo, per esempio, a Riace e a Caulonia, in provincia di Reggio Calabria, o a San Lupo, in provincia di Benevento. Grazie al Fondo europeo per l’ integrazione e al Fondo europeo per i rifugiati, in collaborazione con l’ Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, gli esperimenti stanno funzionando». A settembre l’ attore Enzo Decaro ha preso parte a una piccola cerimonia di inserimento di cinquanta esiliati politici eritrei (l’ africanista Giancarlo Stella ha spiegato alla cittadinanza la storia e le tradizioni dell’ Eritrea). A Riace ormai da anni il sindaco Domenico Lucano (per tutti «Mimmo dei Curdi») ha coordinato un flusso di «richiedenti asilo» (curdi, eritrei, nigeriani, somali) dai centri di Lampedusa e Crotone. Sempre in accordo col Viminale, ora un centinaio di ex clandestini ha trovato collocazione sociale. Si sono riaperte botteghe di artigianato e imprese edili «miste» (un immigrato e un «locale», molti bambini, regolarmente iscritti alla scuola, parlano in calabrese). E poi Caulonia, altro centro spopolato dall’ emigrazione, dove sessanta «richiedenti asilo» si sono inseriti al punto che - provocatoriamente - a maggio, quando si parlava di ronde al Nord (i «volontari della sicurezza»), il sindaco Ilario Ammendolia disse: «Nel caso, le affideremo agli immigrati. Se ronde devono essere, siano. Ma contro la n’ drangheta e i delinquenti, non contro i migranti che qui chiedono solo di potersi integrare». Paolo Conti pconti@corriere.it RIPRODUZIONE RISERVATA L’ esperimento Il Viminale sta sperimentando l’ inserimento pilotato di gruppi di immigrati in realtà locali che si stanno spopolando 4,8 milioni di stranieri in Italia. 418 mila gli irregolari al 1/1/2009 (651 mila due anni fa) 150 mila i clandestini al Sud Percentuali di Clandestinità Le venti città più irregolari Crotone 39,8% Nuoro 38,6% Siracusa 38,2% R. Calabria 34,5% Sassari 33,8% Napoli 33,7% Ragusa 33% Cosenza 31,9% Potenza 30,1% Catania 29,1% Benevento 29,1% Salerno 28,9% Messina 28,4% Latina 28,3% L’Aquila 28,3% Enna 26,4% Mantova 26,3% Rovigo 26,2% Gagliari 25,5% Brescia 24,4% I capoluoghi di regione Torino 14,5 Milano 19,5 Trento 11,3 Genova 14,9 Bologna 24,2 Firenze 17 Perugia 13,1 Ascoli Piceno17,5 L’Aquila 28,3 Roma 14,7 Campobasso 24,1 Napoli 33,7 Potenza 30,1 Bari 19,4 Reggio Calabria 30,1 Palermo 22,9 Per Ogni città è indicata la percentuale di clandestini rispeto al totale immigrati Conti Paolo