Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  gennaio 06 Mercoledì calendario

Processo alla Cia New York. «La Cia ottiene ciò di cui ha bisogno». L’ha promesso Barack Obama in una delle sue prime riunioni nella Situation Room, la stanza nei sotterranei della Casa Bianca da cui il presidente americano può controllare le operazioni delle forze Usa in tutto il mondo

Processo alla Cia New York. «La Cia ottiene ciò di cui ha bisogno». L’ha promesso Barack Obama in una delle sue prime riunioni nella Situation Room, la stanza nei sotterranei della Casa Bianca da cui il presidente americano può controllare le operazioni delle forze Usa in tutto il mondo. Qualche Pierino dovrebbe ricordargli che proprio la Situation Room fu creata dopo uno dei fallimenti più clamorosi nella storia della Central Intelligence Agency. L’invasione della baia dei Porci a Cuba, organizzata dagli agenti speciali della Cia. John F. Kennedy, il presidente democratico di allora a cui molti hanno accostato Obama - per la giovane età e il carisma - invece di sciogliere la Cia come pure in un primo momento aveva pensato, addebitò la colpa del disastro cubano alla mancanza di informazioni in tempo reale sull’operazione e per averle ordinò la costruzione della Situation Room. Inoltre - come racconta nel suo ultimo best seller Lascito di Ceneri: La Storia della Cia Tim Weiner, giornalista del New York Times e vincitore del Premio Pulitzer - JFK mise suo fratello Robert, ministro della Giustizia, a capo di alcune delle più pericolose operazioni coperte della Cia, compresi i tentativi - anch’essi falliti - di assassinare Fidel Castro. Ora Obama conta pesantemente sulla Cia per dare la caccia ad al Qaeda e agli altri terroristi nascosti a cavallo della frontiera fra Afghanistan e Pakistan e in qualsiasi altra parte del mondo, dal Sudan allo Yemen; e a guidare la sua guerra al terrore ha messo un ex dirigente della stessa Cia, John Brennan, con il titolo di assistente del presidente sulla sicurezza nazionale e l’anti-terrorismo e vice-consulente sulla sicurezza nazionale. Ma fa bene a fidarsi della Cia? Gli ultimi due colpi alla fama dell’agenzia di spie americane sono venuti dal mancato utilizzo delle informazioni ricevute su Umar Farouk Abdulmutallab per fermare il suo piano di far esplodere un aereo su Detroit a Natale, e il reclutamento come collaboratore di Humam Khalil al Balawi, rivelatosi un terrorista-suicida che ha ucciso sette agenti dell-agenzia di Intelligence nella Base Chapman di Khost, in Afghanistan. «Otto anni dopo l’inizio della guerra in Afghanistan, la comunità dell’intelligence americana è solo marginalmente rilevante per la strategia complessiva», ha denunciato il generale Michael Flynn, il comandante dell’intelligence militare Usa in Afghanistan, in un rapporto appena pubblicato dal ”Center for a New American Security”, pensatoio centrista di Washington. Gli agenti americani dell’intelligence sono «ignoranti» su aspetti chiave della società afghana - sempre secondo Flynn - e spesso sanno solo «alzare le spalle» per rispondere alle domande dei politici. Il suo rapporto si occupa in particolare dell’intelligence militare, ma a Washington l’hanno letto come una spietata analisi dell’inadeguatezza di tutte le operazioni di spionaggio e raccolta di informazioni, comprese quelle della Cia. La reputazione della Cia come agenzia o di spie inette o di pericolosi loschi individui risale quasi ai suoi primi giorni. Creata nel 1947 sotto Harry Truman, nel 1961 Dwight Eisenhower commentava - alla fine dei suoi otto anni di presidenza - che per colpa della Cia sarebbe stato costretto a lasciare «un’eredità di ceneri». Nei primi anni della Guerra Fredda infatti morirono quasi tutti gli agenti speciali - reclutati a migliaia fra russi, cinesi, coreani, vietnamiti ed europei dell’Est - che vennero mandati oltre cortina ”al buio”, secondo la ricostruzione di Weiner. Nel 1961 arriva il pasticcio della Baia dei Porci e i successivi tentativi di uccidere Castro sono così patetici da ispirare alcune delle gag migliori di Woody Allen, nella parte di un imbranato agente della Cia nel film Company Man, satira di quelle maldestre operazioni. Dopo JFK, è il suo successore Lyndon Johnson a non fidarsi dei rapporti della Cia da un altro fronte di guerra, il Vietnam. Ma in quel caso pare che l’agenzia avesse ragione: le sue analisi erano pessimiste sull’esito del conflitto e non raccomandavano l’aumento dell’impegno, deciso invece dal presidente. Con Richard Nixon la Cia scrive una delle sue pagine più nere: sono sei suoi ex agenti i protagonisti del Watergate, ma il suo direttore Richard Helms si rifiuta di obbedire al presidente che gli chiedeva di assumersi la responsabilità, dopo aver cercato di ostacolare l’inchiesta dell’Fbi, l’agenzia da sempre arcirivale. Gli ultimi anni di Ronald Reagan sono macchiati dallo scandalo Iran-Contra, scoppiato nel 1986 con la scoperta di un’operazione coperta della Cia che usava i profitti della vendita di armi all’Iran per finanziare i Contras in Nicaragua, il tutto all’insaputa e contro la volontà del Parlamento. Più recentemente la Cia è finita sotto accusa per il famoso rapporto del 2002 sulle «armi di distruzione di massa» in Iraq, servito a George W. Bush per giustificare l’invasione del 2003. Errore di intelligence o bugia costruita ad hoc? Di sicuro, secondo Weiner, «il problema era che le migliori informazioni della Cia sull’Iraq erano vecchie di quattro, cinque, sei e sette anni, venivano dagli ispettori delle Nazioni Unite». Ancora sotto Bush, gli agenti dell’intelligence sono stati usati per gestire la rete di prigioni segrete nel mondo dove interrogavano i sospetti terroristi con le tecniche ”rafforzate” come il waterboarding (annegamento simulato), ora definite torture da Obama. Ma sotto Bush i poteri della Cia sono anche stati ridimensionati: da agenzia più importante nella comunità dell’intelligence Usa è finita nel 2004 sotto il coordinamento della nuova figura del direttore dell’Intelligence nazionale, a cui spetta fra l’altro la redazione dei rapporti sulla sicurezza nazionale per il presidente. Nel stesso anno è stato creato il Centro nazionale anti-terrorismo con a capo Brennan, ex braccio destro del direttore della Cia George Tenet dal 1999 al 2001. Per i suoi legami con la ”vecchia” Cia, Brennan non ha potuto essere nominato da Obama come suo attuale direttore (il posto è andato a Leon Panetta), perché la sua conferma al Senato avrebbe sollevato le polemiche degli attivisti per i diritti civili. Infatti in un’intervista del 2006 Brennan aveva concesso: «Dobbiamo toglierci i guanti in alcune aree», senza però «rovinare per sempre l’immagine degli Stati Uniti all’estero». I sette agenti morti a Khost sono la più dura perdita subita dalla Cia dal 1983, quando una bomba all’ambasciata Usa di Beirut azzerò l’ufficio della agenzia per il Medio Oriente, e segnano una vittoria per al Qaeda che è riuscita brillantemente a infiltrare un suo uomo nella base. Obama ha più volte pubblicamente reso onore alle vittime e lodato il lavoro della Cia, mentre nulla è ancora trapelato sull’inchiesta da lui ordinata - e coordinata da Brennan - sul «fallimento sistemico e umano» che ha portato al fallito attentato di Natale. Si sa che la Cia aveva raccolto un dossier su Abdulmutallab e c’è chi (anonimamente per ora) l’accusa di non averlo fatto avere agli altri analisti dell’intelligence che avrebbero dovuto «collegare gli indizi».