Stefano Ciavatta, Il Riformista 6/1/2010, 6 gennaio 2010
Più Garibaldi per tutti, Una via per Craxi? Forse «Qui a Genova di recente c’è stata una polemica sul monumento a Quarto dedicato ai Mille, non la stele con in cima una stella che si erge sullo scoglio di Quarto, ma la grande scultura in bronzo di Eugenio Baroni, inaugurata il 5 maggio 1915 con un celebre intervento di Gabriele D’Annunzio
Più Garibaldi per tutti, Una via per Craxi? Forse «Qui a Genova di recente c’è stata una polemica sul monumento a Quarto dedicato ai Mille, non la stele con in cima una stella che si erge sullo scoglio di Quarto, ma la grande scultura in bronzo di Eugenio Baroni, inaugurata il 5 maggio 1915 con un celebre intervento di Gabriele D’Annunzio. Il Vate che all’epoca era tornato apposta dalla Francia, ancora inseguito dai creditori, tenne un discorso che fu stimolo ulteriore all’intervento del 24 maggio. E infatti il re non volle partecipare. Comunque non è stato ancora restaurato pur essendo stato chiuso dentro una impalcatura per molto tempo. Pare mancassero i soldi. A dicembre c’è stata l’assicurazione del Comune di provvedere al restauro e a un riordino della zona.Finora c’è stato una semplice opera di pulizia. Vedremo per il 150° anniversario...». Se a Marsala, approdo siciliano del leggendario sbarco dei Mille, la gigantesca nave di travertino progettata per il centenario è rimasta incompiuta e abbandonata con i suoi 70 metri di lunghezza per 26 di larghezza, («uno scheletro di blocchi, pilastri e vasche di cemento» l’ha definita Gian Antonio Stella), non se la passa bene neanche il monumento ligure a Quarto dove tutto iniziò, come racconta Franca Guelfi, storica ambientalista di Italia Nostra e di Vivere Vado. Curiosamente gli estremi dell’impresa non vogliono bene a Garibaldi, in compenso in giro per l’Italia è pieno di epigrafi e lapidi dedicate all’eroe dei due mondi, celebrazioni meno ingombranti e impegnative, ma più efficaci e legate al quotidiano. Raccolte dalla Guelfi anni fa in un volume Dir bene di Garibaldi (Il Melangolo). «Continuano ad arrivare anche oggi. Io ne avrei altre 50 pronte, mi ha scritto la presidente dell’istituto Dante Alighieri di Montevideo. Ne ho due di Digione, che fu l’unica vittoria dei francesi contro i prussiani». Basta poco per catturare il mito e sfidare il tempo, con incisioni nel marmo o fusioni nel bronzo. Un censimento esatto è impossibile, «dopo l’uscita del libro il comune di Trapani mi ha segnalato 40 epigrafi sconosciute e di ogni tipo, con lampioncini, corone intorno, oppure targhette semplici». Spesso sono immortalati solo dei flash, un gesto, una frase, sufficienti però a gonfiare l’epica. A cominciare dalla stessa Marsala, dove a Palazzo Grignani sta scritto «in questa casa per ore sessanta fu Garibaldi, qui nel 19 luglio 1862 la prima volta tuonò o Roma o morte». Tanto è il fascino del condottiero appena sbarcato che il giorno dopo spunta un’altra targa sempre a Marsala, «qui dopo aver proferito il gran detto in Marsala, Roma o morte, venne a riposare il 20 luglio 1862». Anche al Nord si cattura un evento minimo per rendere per sempre omaggio, e non esistono saloni o salotti: è sufficiente un balcone a Crema dove «venuto a inaugurare il tiro a segno, arringò il popolo il 10 aprile 1862», e un altro a Lonigo (Vicenza) nella piazza ominima, dove «addì 7 marzo 1867 da questo Palazzo al popolo commosso festante l’infiammata parola e il saluto rivolgeva a perenne ricordo il consiglio comunale 3 giugno 1882». Anche solo due ore della presenza dell’irrequieto eroe valgono una epigrafe: «In questa illustre casa il 27 maggio 1860 per sole due ore posò le stanche membra Giuseppe Garibaldi. Singolare prodezza fra l’immane scoppio delle micidiali armi da guerra sereno dormiva il genio sterminatore d’ogni tirannide» sta incorniciato in Piazza Bologna a Palermo sul Palazzo Alliata di Villafranca. Cambiano i registri continuamente. Ci sono i toni solenni: «Monito di guerra, monito di pace, obbedisco» come a Bezzecca in provincia di Trento, e quelli confidenziali: «Vivi e splendi, o bella, o forte o amorosa leggenda garibaldina» impresso a Casal Borsetti in provincia di Ravenna. Oppure sospesi e laconici come a Colle di Gibilrossa (Palermo): «Da questa rupe rivolgendosi a Bixio diceva le fatidiche parole, Nino domani a Palermo». O fieramente sodali, perchè Garibaldi è un combattente: «Inseguito da orde straniere, sostava qui con la fedele coorte tra l’agguato e l’ansia e gli batteva accanto il cor d’Anita» recita una lapide del 1912 a Lunano (Pesaro). A ciascuno il suo Garibaldi: «Queste epigrafi sono dettate da illustri professori- racconta la Guelfi - e si trovano ovunque dai circoli operai a quelli politici, c’è una varietà enorme di committenti, naturalmente sono tutte molto datate, il grande momento arriva fino al 1915, dopo la guerra il fascismo smorzerà molto il fenomeno. Per Mussolini Garibaldi è un termine di confronto imbarazzante. Poi con il centenario dell’impresa, e altri anniversari sono ritornate in auge». Una storia sempre e solo positiva? «Una volta mentre le raccoglievo, dopo aver sparso la voce tra amici, me ne avevano mandata una che a inizio secolo era stata censurata a Gubbio, preparata ma mai affissa perché non era piaciuta. Pochissime ricordavano la massoneria, certe a volte erano indirette, un po’ difficile da capire il riferimento. A Roma sul Gianicolo invece è esplicito: ”A Giuseppe Garibaldi, XX settembre 1895, Italia e Vittorio Emanuele, Roma o Morte, Al Grande Maestro, Giuseppe Garibaldi nel Centenario Della Sua Nascita la Massoneria Italiana”. quasi una eccezione, una delle poche e rare, perché si pensava che il riferimento alla massoneria potesse intaccare il santino, l’icona imposta alla fantasia popolare dove vanno tutti a braccetto: Cavour, Mazzini, il re e appunto Garibaldi. Tutti trovano il loro Garibaldi: gli anticattolici perché massone e un po’ libertino nella vita, però i cattolici non possono dimenticare che a Napoli va a cantare il Te Deum nel duomo, come segno di disponibilità». Toponomastica, monumenti e le epigrafi. Qual è il motivo di questa diffusa popolarità? «Forse il motivo dominante è dato dalla profonda onestà e dal disinteresse personale del personaggio. Non è solo l’ammirazione per l’avventuriero, non si è mai arricchito, non ha mai avuto un tornaconto personale, al di là della retorica è un caso più unico che raro. Però è antistorico volerlo paragonare ad altri personaggi, come ha fatto Letizia Moratti, anche se Craxi si professava garibaldino e fu l’editore di un grosso volume sui suoi monumenti. Certo l’unità d’Italia è stata fatta soprattutto grazie a lui». Basteranno le targhe a far resistere il mito garibaldino? «C’è un po’ di stanchezza psicologica nei confronti del mito - risponde Luciano Cafagna, storico e politico che ha scritto l’introduzione alla raccolta delle 155 epigrafi - che meriterebbe di essere un po’ riscaldato ma oggi non c’è un forte sentimento civico. Mi pare che coloro che hanno il controllo dei media non abbiano una grande passione per queste cose, sono molto più attenti a registrare un litigio tra condomini. Quando si intitola una via, si vuole che i nipoti ci chiedano di chi sia quel nome. A Garibaldi sono stati dedicati anche alberghi, è un modo di ricordare la loro storia. Fa parte della cultura del quotidiano. Ci può essere anche una piazza Tripoli, ma bisogna saperlo spiegare. Se farlo ha ancora un motivo. Una via a Craxi forse è un po’ presto, ma fra vent’anni potrebbe avere un senso».