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 2010  gennaio 08 Venerdì calendario

"Ora la ”ndrangheta vuole trattare quella bomba è il primo messaggio" Negli ultimi mesi sono stati presi 49 latitanti e confiscati 800 milioni di beni: sono in difficoltà, devono rispondere In piccoli centri di 10 mila abitanti ci sono anche più di trecento affiliati: una cifra spaventosa ROMA - Quella che era considerata la mafia "perfetta" comincia ad avere paura

"Ora la ”ndrangheta vuole trattare quella bomba è il primo messaggio" Negli ultimi mesi sono stati presi 49 latitanti e confiscati 800 milioni di beni: sono in difficoltà, devono rispondere In piccoli centri di 10 mila abitanti ci sono anche più di trecento affiliati: una cifra spaventosa ROMA - Quella che era considerata la mafia "perfetta" comincia ad avere paura. Quella che comandava in silenzio senza sparare un colpo, oggi ha bisogno di mettere bombe. Quella che ha regnato indisturbata, adesso non sembra più così tranquilla e padrona della sua Calabria. «L´attentato è l´inizio di una trattativa che la ”ndrangheta vuole aprire, un messaggio per saggiare la nostra reazione», dice il procuratore capo della repubblica di Reggio Giuseppe Pignatone nel giorno dei summit, dei ministri che sbarcano in fondo all´Italia, dei comitati per l´ordine e per la sicurezza pubblica che annunciano «uomini e mezzi» da inviare nelle terre di mafia. Sembra la scena di una Sicilia di trent´anni fa, tritolo e brividi, attentati e vertici di Stato. Procuratore, cosa sta accadendo laggiù a Reggio? «L´ordigno di domenica alla procura generale ha l´odore di un negoziato, la mafia calabrese si è scoperta per capire fino a dove lo Stato vuole spingersi nella lotta contro la ”ndrangheta. Se il movente dell´attentato - perché proprio ora e perché proprio alla procura generale - saranno le indagini a indicarcelo, il contesto mi sembra abbastanza chiaro. la reazione ai durissimi colpi ricevuti negli ultimi mesi. E che l´attentato fosse diretto alla procura generale non è un caso: il nuovo procuratore generale Salvatore Di Landro sta segnando un cambiamento importante rispetto al passato». Ma come, la ”ndrangheta, la mafia più invisibile, quella che tranne in alcuni casi speciali non ha mai alzato il tiro - e soprattutto contro lo Stato - oggi cambia improvvisamente strategia? «Quando tutto andava bene non aveva bisogno di farsi sentire. Evidentemente anche la ”ndrangheta oggi si ritrova in difficoltà. Negli ultimi dodici mesi in Calabria sono stati catturati 49 latitanti, sono stati confiscati beni per 800 milioni di euro, dall´inizio della scorsa estate sono stati sequestrati più di 800 chili di cocaina. La ”ndrangheta ha necessità di rispondere a tutto questo anche perché, qui in Calabria, è iniziato un nuovo corso nella lotta contro la sua mafia». In Calabria sta avvenendo quello che, in sostanza, è avvenuto in Sicilia quando lo Stato ha cominciato a combattere sul serio Cosa Nostra? « presto per dire con certezza come si sta muovendo la ”ndrangheta. Di sicuro ha sempre evitato gli attentati eclatanti fino a quando non li ha ritenuti "necessari": come per l´uccisione del giudice Scopelliti o per l´omicidio di Francesco Fortugno o per la strage di Duisburg. Ha sempre preferito rinunciare al clamore per non attirare su di sé attenzioni investigative eccessive. Ma i tempi cambiano». La ”ndrangheta è in allarme per quello che è accaduto nell´ultimo anno e che non era mai accaduto prima. C´è una nuova procura con il "modello palermitano" esportato a Reggio - lei procuratore e suo vice il sostituto Michele Prestipino - poi da Roma hanno comandato in Calabria i migliori funzionari di polizia e i migliori ufficiali dell´Arma e della Finanza: su cosa avete e su cosa state indagando? «Si è indagato molto sul traffico di stupefacenti, un´attività che alle famiglie porta immense ricchezze. Ma indagare solo su quello non basta: sono le strutture, le componenti e le dinamiche interne alla ”ndrangheta sulle quali oggi occorre impegnare le migliori risorse investigative. Per ricostruire anche il sistema di relazioni esterne, le complicità della zona grigia, quella che a Palermo chiamano la borghesia mafiosa: quella che è il vero punto di forza di tutte le organizzazioni criminali. Aggredire strutture, patrimoni e relazioni esterne delle più potenti famiglie mafiose: è proprio quello che abbiamo iniziato a fare». Qualcuno dice che la ”ndrangheta da qualche anno stia lavorando in segreto per darsi una struttura verticistica che non ha mai avuto, una Cupola come Cosa Nostra. vero, procuratore? «Le ultime sentenze approdate in Cassazione fino a qualche anno fa escludono che la ”ndrangheta abbia avuto un organismo rappresentativo come la Commissione di Cosa Nostra, o qualcosa di analogo. Ma sono passati ormai alcuni anni. La situazione è in movimento, saranno le indagini future a dirci se qualcosa è cambiato anche nelle strutture di comando della mafia calabrese. Per ora regnano sempre le stesse famiglie: a Reggio, sulla costa ionica, nella Piana di Gioia Tauro». Gli esperti sostengono che in Calabria la ”ndrangheta abbia molti più affiliati di quanti ne abbia in Sicilia Cosa Nostra. proprio così? «In piccoli centri di 15 o anche 10 mila abitanti ci sono anche più di due o trecento appartenenti alla ”ndrangheta, una cifra spaventosa se moltiplicato al numero dei paesi». Da quasi due anni lei è procuratore capo nella città più calda d´Italia e che in passato ha avuto una magistratura molto "prudente". Come si è mosso in questo contesto così scivoloso? «Come ho sempre fatto, passo dopo passo. La mia procura è in collegamento permanente non solo con tutte le altre procure calabresi ma, oramai, anche con quelle del centro-nord. Con quelle di Roma, di Milano, di Bologna. La ”ndrangheta non è solo in Calabria: si è diffusa dappertutto». (a. b.)