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 2010  gennaio 10 Domenica calendario

GIOVANNI

TESIO
Ha il sapore di uno
scongiuro l’aforisma che Maria
Luisa Spaziani associa all’
imminente uscita di un suo libro
- di aforismi appunto -
presso una casa editrice neozelandese:
«Tremo pensando a
quel fatale calo di umorismo
chemisorprenderà in punto di
morte». A cui sembra far eco
la secca e illuminante definizione
di Italo Calvino scelta per fare
da viatico all’ultimo libro poetico,
L’incrocio delle meridiane,
uscito daSan Marco dei Giustiniani
con una introduzione di
Stefano Verdino: «Maria Luisa
Spaziani, un raro caso di poeta
che sia insieme ispirato e
spiritoso».
Non siamo a Roma, il luogo
più stabile di una nomade dichiarata
quale la Spaziani è
sempre stata, ma a Carcare, il
luogo delle radici, perché di
qui era la nonna paterna, che -
figlia di emigranti - era nata a
Montevideo, ma che era poi
tornata in Italia e a Carcare
aveva sposatoAmedeo Spaziani,
un ciociaro di origini seminobiliari
che per un dissesto finanziario
della famiglia era stato
costretto a trovare lavoro in
ferrovia.
All’infanzia di Carcare sono
collegabili anche le prime
letture?
«A quell’infanzia sono legate
soprattutto le fiabe che alla sera,
proprio qui dove siamo ora,
nell’orto degli zii ci si riuniva
nell’orto favoloso, pieno di fiori
e di frutti, dove ho anche partecipato
alla raccolta delle patate
e di dove partivamo in spedizioni
notturne per rubare le
susine nella villa dei vicini che
le lasciavano marcire. In questo
luogo la zia Bice raccontava
le favole a mee alla cuginetta
Bruna: pozzi principi tesori,
una meraviglia. Ma anche
mio padre ha fatto la sua parte.
Ricordo le sere in cui si sparecchiava,
si metteva una tovaglia
adatta e lui sceglieva da
un’antologia intitolata Vita:
una poesia di Vittoria Aganoor,
una di Giovanni Cena, una
di Pascoli ("lenta una zana
dondola"), qualche ottava della
Gerusalemme liberata, sentivo
molto il ritmo di Amalia Guglieminetti.
Uno dei miei primi
amori poetici è stata Ada
Negri, una poesia come ”Le
violette”. Ma anche Gozzano,
poesia e prosa: Verso la cuna
del mondo, La via del rifugio, I
colloqui. ”Le due strade” è una
delle sue poesie più belle che
potrei citare a memoria».
E’ stata lettrice precoce?
«Non precocissima. Tra i cinque
e i dieci anni la scuola mi
sembrava un gioco ma per me
studiare è sempre stato un
piacere straordinario. Ho letto
Pinocchio, ma anche un libro
meno noto che consideravo
gemello, Le avventure di
Fiammiferino, di Luigi Barzini.
Hovissuto la fase dei grandi libri
ridotti, Dickens, il Don Chisciotte
(cui sono poi tante volte
tornata nella traduzione di
Vittorio Bodini), le Confessioni
di un italiano, che si chiamavano
le Confessioni di un ottuagenario
e che ho poi letto integralmente
tre volte. Ma la festa
era Il Corriere dei Piccoli.
Che dire delle rime di Sto, Sergio
Tofano con le storie del
sor Pampurio? E delle rime
baciate di Mio Mao? C’è stato
il tempo dei Ragazzi della via
Paal, di Zoltán Kodai, di Tom
Sawyer, di Salvator Gotta. C’è
stato il tempo di Salgari. E poco
più tardi il meraviglioso Hermann
Hesse. Come dice Proust
in Journées de lecture, assorbivo
tuttocomeunaradice avida».
E poi?
«E poi tra i quindici e i diciotto
ho fatto l’incontro fiammeggiante
con Il conte di Montecristo.
Tutti conoscono la prima
parte, ma pochi la seconda, che
non è meno ricca di fatti. In un
mio racconto m’è piaciuto inventarmi
l’incontro del conte di
Montecristo con l’abate Faria
vent’anni dopo. L’uomo più ricco
del mondo gli chiede la formula
definitiva della saggezza
e l’abate Faria gli risponde: "La
misura è la misura di tutte le cose".
Nei rifugi e nelle cantine,
durante i bombardamenti, mi
sono nutrita ancora di letteratura
francese: Dumas, Flaubert,
Zola, il Candide di Voltaire
che è stato per molto tempo
il mio livre de chevet, Victor Hugo,
molto il suo teatro: ad esempio
Hernani, che tutti conoscono
per via di Verdi, ma che è di
suo una lettura eccezionale».
Il suo amore per gli aforismi
abbraccia anche i moralisti
classici?
«Certo. Anche quelli che continuano
nel Sette e Ottocento.
Senza dimenticare i quaresimalisti:
Bossuet, Bourdaloue. Il
grande storico della letteratura
francese Gustave Lanson si domandava
come alla corte del Re
Sole Bossuet riuscisse a tenere
desta l’attenzione così a lungo
durante il grande quaresimale.
Ci riusciva attraverso gli aforismi,
la concatenazione di sensi e
controsensi, i giochi di parola.
Diceva che paradossalmente il
più grande allievo di Bossuet è
forse stato Oscar Wilde».
Prima è stata evocata la presenza
di Proust.
«Proust è stato il mio battesimo
da adulta. Sulla Recherche ho discusso
la mia tesi a Torino con
Ferdinando Neri e non molto
tempofa hotenuto alla Sapienza
una lectio magistralis prendendo
comebase i campanili di Martinville.
Proust è il gran tema della
memoria. La memoria è tutto e
mi sembra persino un luogo comune,
maè la memoria a renderci
umani. Nel mio libro di racconti
che s’intitola La freccia, edito
da Marsilio, sono partita da un
racconto di Proust che lui non
amava molto e mi sono immedesimata
nel protagonista, facendone
una cosa mia: La mélancolique
villégiature de madame de
Breyves. In tutto Proust non c’è
mai una donna innamorata,
tranneMadamede Breyves».
Una domanda su Montale comemaestro
di letture, dica la
verità, lei se l’aspetta.
«Montale mi ha avviato alla lettura
di filosofi come Bergson,
che amava molto e di cui aveva
avuto l’imprinting da ragazzo,
l’anello che non tiene e così via.
Maanche Boutroux: il fantasma
che ti salva, l’ancestrale che è in
noi. Facevamo il giro delle biblioteche
a Parigi, la Mazarine, la
Nationale, mi accompagnava
nelle mie ricerche su Giovanna
d’Arco.Con lui ho incontrato i filosofi
tedeschi, Jaspers, Heidegger,
e anche un po’ gli scrittori
inglesi. Lui ha avuto un’ubriacatura
per Eliot, non solo la poesia
ma il teatro. Cocktail party e Assassinio
nella cattedrale li abbiamo
visti al Piccolo messi in scena
da Strehler. Allo stesso modo
abbiamo visto più volte il Galileo
di Brecht interpretato da Tino
Buazzelli. Insisteva anche molto
sulla necessità di leggere le Rime
petrose di Dante».
Quanto ha contato il rapporto
con un atleta della lettura
come Elémire Zolla?
«La nostra era un’unione alla
Dafni e Cloe. Ciò che sappiamo o
abbiamo saputo ce lo dobbiamo
reciprocamente. Con lui abbiamo
letto, studiato, riletto le passioni
della vita, sue e mie: prima
di tutti Dostoevskij e Kafka, e
poi i filosofi: Sartre, che non
amavamo, Camus, che invece
amavamo moltissimo. Con lui
abbiamo letto Hofmansthal e soprattutto
Rilke, a cui come poeta
io devo moltissimo. Ho visto
nascere pagina dopo pagina il
suo primo romanzo, Minuetto all’
inferno. Ricordo il giorno in cui
gli regalai l’edizione Gallimard
di tutto Gide. Lui mi prese lamano
emela mise sul suo cuore che
batteva fortissimo: "Il sogno della
miavita",mi disse».
E di quegli anni di Torino? Di
intellettuali come Galvano,
Seborga, Navarro, Battisti,
Ciaffi, Cremona?
«Cremona era di un’intelligenza
sfavillante.Ma per me il maestro
èstato Vincenzo Ciaffi,unprofessore
eccezionale. Ciaffi è statonascosto
a casa mia due mesi,
quand’era capo partigiano e per
me è stato un po’ come per Ronsard,
allievo e ”convivente" al Collège
du Coqueret del grande grecista
Dorat. A casa mia, la sera,
leggevamo Tibullo, Properzio,
Catullo, che proprio allora stava
traducendo. Cito a memoria: ”Se
gli occhi tuoi di miele, Fulgenzio,
mi lasciassero baciare,/ di seguito
baciare/ li bacerei con trentamila
baci./Némaimisembrerebbe
d’esser sazio,/ quand’anche la
messe dei miei baci/ fosse più
densadelle aridespighe».
Quanto prossima alla lettura
la sua attività di traduttrice?
Madame Bovary, Marguerite
Yourcenar, Ronsard, Tournier,
le tragedie di Racine in
rima baciata?
«Tradurre è leggere dentro, in
profondità. Per me è voluto dire
incontrare Racine, che ho tradotto
con passione, "avec mes
tripes": cinque tragedie in rima
baciatamasenza forzature. Ronsard,
che io trovo molto spiritoso,
è stato un incontro d’anima.
Tournier mi è stato proposto,
con lui ho scoperto un capolavoro
assoluto, il romanzo Gaspare,
Melchiorre e Baldassarre. La
Yourcenar l’avevo incontrata a
Parigi e ne era nato quasi per
scommessa l’idea di tradurre Le
coup de grace, che poi generò delle
incomprensioni per via della
prefazione con cui Bassani lo volle
pubblicare nella prima Feltrinelli.
Mafu poi la stessa Yourcenar,
donna molto difficile, a propormi
di tradurre Novelle orientali
e Feux,comefeci».