Marco Imarisio, Corriere della Sera 9/1/2010, 9 gennaio 2010
L’inchiesta di Eboli e la truffa per mille immigrati di Marco Imarisio - Adesso resta solo una montagna di lamiere, materassi bruciati, fornellini, teli di plastica
L’inchiesta di Eboli e la truffa per mille immigrati di Marco Imarisio - Adesso resta solo una montagna di lamiere, materassi bruciati, fornellini, teli di plastica. Fino all’undici novembre 2009 l’ex mercato di San Nicola Varco era invece una delle tante Rosarno d’Italia. Nel grande edificio costruito negli anni Ottanta e poi abbandonato all’incuria e alla devastazione sopravvivevano 950 immigrati, quasi tutti braccianti, che avevano occupato l’area abusivamente. Di giorno seminavano, concimavano e raccoglievano i prodotti agricoli della Piana del Sele. A sera tornavano in questa pattumiera a cielo aperto sulla Statale 18, esattamente ametà strada tra Eboli e Battipaglia. Le tensioni con i residenti erano storia quotidiana, a migliorare i rapporti non aiutava il fatto che il posto fosse anche diventato una zona di spaccio, gestita da alcuni giovani marocchini. In 16 anni le istituzioni non riuscirono mai a trovare una soluzione per garantire igiene e civiltà. Nell’autunno scorso arrivò un piccolo esercito, 600 tra poliziotti, carabinieri e finanzieri, a sgomberare l’area, un sequestro preventivo motivato dal giudice con le accuse di occupazione abusiva, smaltimento illecito di rifiuti e, per sei persone, anche spaccio di sostanze stupefacenti. Tra gli effetti collaterali di quella operazione c’è un’inchiesta avviata dalla Procura di Salerno che in questi giorni sta per arrivare a conclusione. E racconta una storia piuttosto imbarazzante. Gli sfollati di San Nicola Varco, molti di loro almeno, sono stati vittima di una truffa. Secondo le indagini di polizia e Guardia di finanza, che hanno raccolto anche le denunce che nei mesi precedenti allo sgombero erano state fatte dalle organizzazione umanitarie, molti marocchini erano entrati in Italia con un regolare visto. Avevano pagato cifre comprese tra i 5.000 e gli 8.000 euro ad un loro connazionale residente in Italia che era d’accordo con alcune aziende locali pronte a dichiarare la loro regolare assunzione, che ricadeva nelle quote stagionali decise dal governo. Al loro arrivo, gli immigrati non trovavano nulla di quel che gli era stato promesso. Paga in nero, 20 euro al giorno per 16 ore di lavoro nei campi, nelle mani dei caporali che li costringevano a lavorare per quegli stessi imprenditori «complici» di quella che la Procura di Salerno definisce una vera e propria associazione a delinquere. Il meccanismo era semplice. L’azienda cancellava il nome dell’immigrato dalla propria lista di contratti regolari – «Non si è presentato al posto di lavoro nel giorno concordato facendo così decadere i termini dell’offerta» era la formula usata nei documenti ufficiali – e al tempo stesso lo metteva a raccogliere pomodori per giornate intere. Dall’alba al tramonto e anche oltre, naturalmente in nero. In altri casi, l’azienda che assumeva il malcapitato semplicemente non esisteva, era un fantasma creato alla bisogna. Il ricorso a questa organizzazione non era pratica isolata. Gli imprenditori coinvolti nell’indagine, a vario titolo indagati per truffa all’Inps, evasione fiscale e sfruttamento dell’immigrazione clandestina e falso ideologico sarebbero una quindicina. Tra loro, i titolari delle principali aziende agricole della Piana del fiume Sele. La camorra per una volta non c’entra nulla, sostengono alla Procura di Salerno. Gli immigrati di San Nicola Varco erano vittime di una organizzazione illegale dedita soltanto al loro sfruttamento. E la pattumiera nella quale vivevano e si abbruttivano era anche la conseguenza di una truffa preparata per andare incontro alle esigenze di una parte dell’imprenditoria locale. C’era una domanda diffusa di forza lavoro in nero, loro erano l’offerta.