Guido Passalacqua, Il vento della Padania, Mondadori, pagine 254, euro 18,50, 8 gennaio 2010
Guido Passalacqua, Il vento della Padania, Mondadori, pagine 254, euro 18,50. «Una volta, agli inizi, Bossi salì al Quirinale per un incontro con Cossiga
Guido Passalacqua, Il vento della Padania, Mondadori, pagine 254, euro 18,50. «Una volta, agli inizi, Bossi salì al Quirinale per un incontro con Cossiga. Il presidente in atto di cortesia domandò se gradiva un caffè o una bibita. La risposta del senatùr fu categorica: ”Un chinotto”. Imbarazzo tra gli alti funzionari che erano presenti: il chinotto non era previsto nella dotazione del bar presidenziale. Panico, poi un commesso fu mandato di corsa ad acquistarlo. Da allora il chinotto è entrato ufficialmente nella lista delle bevande quirinalizie». Nel 1987 la sede della Lega lombarda era in piazza Massari, al due, dietro un cavalcavia, alla prima periferia milanese. «Poche stanze al secondo piano: in cucina sedeva una segretaria col fax, poi c’era un minuscolo ufficio per Bossi e un grande salone col parquet rovinato, dove si tenevano le riunioni, Nel cesso un archivio». All’epoca Bossi girava sempre con lo stesso «impermeabile striminzito»: «Ne aveva uno solo, quello, niente ricambio, niente cappotti, due o tre giacche stazzonate, vestiva sempre allo stesso modo, fregandosi non solo della moda ma anche delle cose che indossava. I colori erano i più improbabili». «Molti anni fa riuscì a meravigliare i suoi dirigenti sfoggiando una giacca che riusciva ad essere contemporaneamente un po’ larga e un po’ stretta. Era successo che l’europarlamentare Luigi Moretti, grande ras della bergamasca, un pomeriggio aveva spontaneamente deciso di dare una svolta al look del capo e gli aveva comprato la giacca così, a occhio». Bossi «ha sempre ostentato, anche volutamente, questo stile da piccolo borghese. Niente cravatte firmate, ma solo quelle verdi di ordinanza leghista, i calzini corti e spesso di un colore diverso l’uno dall’altro». Prima di arrivare alla politica ha fatto l’operaio, il perito tecnico, ha lavorato nell’informatica, ha studiato medicina a Pavia, ha insegnato matematica e fisica. Ha sempre raccontato con compiacimento dei suoi tuffi dal ponte del Ticino a Sesto Calende: ”Era altissimo, da fare paura, ma bisognava buttarsi per non fare la figura del vigliacco davanti agli amici”. La famiglia era di origine contadina, poi andata in malora a causa di un processo perduto. Il padre diventò operaio, la madre portinaia. Da parte paterna i Bossi votavano Dc, da parte materna il Psi. Umberto Bossi dovette lasciare la scuola per mettersi a lavorare all’Aci di Varese: «Per tirar su un po’ di spiccioli cantava in un complessino sotto il nome di Donato, non era un granché se molti anni dopo, a un Parlamento della Lega a Vicenza, uno di quelli che aveva suonato con lui raccontò ridendo: ”E’ più bravo a far politica che a suonare, in confidenza era una schiappa, preferiva le ragazze”». Nel 1979, fuori corso di medicina a Pavia, si mette a fare il giornale della Union Valdôtaine con Bruno Salvadori. Poi Salvadori muore in un incidente lasciando Bossi «carico dei debiti del nostro giornalino». «Per lui è un periodo difficilissimo, di patimenti e di stenti, visto che era povero in canna e viveva alle spalle della prima moglie, Gigliola, e dei parenti, che poi glielo faranno pesare». Il 12 aprile 1984 nasce la Lega autonomista lombarda (firmano l’atto di fondazione, tra gli altri, Umberto Bossi, di professione editore, e la sua compagna Manuela Marrone, maestra elementare). Per raccogliere proseliti Bossi gira tutto il Nord con la sua Citroen CX scassata, di color amaranto. Torna a Varese alle due o alle tre di notte, a volte dorme nella macchina per non disturbare la famiglia. Nella primavera 1991 nascono le prime sezioni. «La Lombardia è una nazione, l’Italia è solo uno stato»; «I lombardi sono schiavi, la Lombardia è una vacca da mungere» (Bossi a un congresso nel 1991). L’8-9-10 febbraio 1991 nasce la Lega Nord. Bossi nel 1987: «Milano è una pera matura che coglierò al tempo giusto». Tre ani dopo Formentini diventa sindaco di Milano. Ben presto Bossi per la borghesia meneghina diventa «una specie di zimbello folcloristico»: «Le signore bene che avevano fatto sfoggio di simpatie leghiste, i giornalisti e gli intellettuali dei salotti ora lo scherniscono e umiliano, neppure tanto nascostamente. Il suo autista, guardia del corpo e amico Pino Rabbini racconta: ”L’avevo portato in una casa bene di corso Venezia a un ricevimento. Dopo poco uscì furibondo, ”prendi la macchina che andiamo via”. Come al solito avevano riso di lui, del suo abbigliamento, dei suoi modi». I consiglieri comunali beffeggiavano Formentini chiamandolo Dormentini. Il settimanale statunitense Time nel 1992: «Bossi è il politico più temuto e genuinamete populista se non popolare che l’Italia ha prodotto dai tempi del Duce. Non perché miri a trasformarsi in un dittatore, ma perché individua la capacità di cavalcare il malcontento popolare, come fece il Duce nel 1920». Nell’aprile 1992 alla pizzeria Arpagone, a due passi dalla sede, iniziano i festeggiamenti per gli 80 eletti (55 deputati e 25 senatori). «Volano bottiglie di spumante, rigorosamente della Franciacorta. Bossi, imperterrito, beve il suo chinotto». «I leghisti arrivano a Roma il 1 aprile 1992 su due aerei di linea. Alessandro Patella, il segretario amministrativo, fa da guida innalzando l’ombrello, come una guida turistica giapponese, per non farli disperdere. ”Non perdiamo Patella”, dicono i più inesperti della Capitale. […] Francesco Speroni, futuro ministro, arriva anche lui in aereo. Con sé porta una lattina d’olio per la macchina e dice: ”Dalle mie parti costa meno” e si mette a rabboccare il motore della sua automobile lasciata nel parcheggio di Fiumicino riservato ai parlamentari (Speroni è noto nella Lega per la sua parsimonia)». «Il 16 marzo 1993 Bossi dà uno scossone che passerà alla storia parlamentare. Su suo incitamento, il deputato leghista Luca Leoni Orsenigo da Cantù, un ragazzone di trentatrè anni, si alza dal suo scranno e agita verso l’aula un vero e proprio cappio da impiccagione. E’ il giorno dell’assoluzione di Bettino Craxi. I leghisti urlano come al solito: ”ladri, ladri”». Nel 1993 la sede della Lega si sposta in via Bellerio 44 nella periferia di Milano (tre piani di uffici, due sottoterra, vicinissimi alla superstrada che porta alla Brianza). Francesco Formentini, dovendo essere nominato sottosegretario agli Interni, nel 1994, per il giuramento al Quirinale s’era fatto confezionare uno splendido abito dalla sartoria Cenci. Arrivato alla porta del ristorante, che sta alle spalle del Senato, dove mangiaao tutti i big leghisti, con la nomina assicurata e la fattura del vestito in tasca, fu informato senza tanti complimenti che il suo posto sarebbe stato preso dal responsabile amministrativo Balocchi, che non era stato eletto. «La Lega è anche quella che compra a Venezia, per insediarci il cosiddetto Governo Sole della Padania, 450 metri quadrati al piano nobile del settecentesco palazzo Donà, spazio pochissimo usato e rivenduto nel 2003». Nel 2000 nasce la BancaPopolareCreditEuroNord. Tre anni dopo un’ispezione della Banca d’Italia fa una radiografia impietosa: «Labilità dei crediti, ridotta cultura dei controlli». Nel 2004 la Popolare di Lodi acquista la banca leghista, pagandola due milioni e mezzo di euro. Per le politiche del 1994 Bossi si allea con Berlusconi, ma durante i comizi lo chiama, storpiando volutamente il nome, Berluscone o Berluskaiser. Il 25 marzo 1994 la campagna elettorale finisce. «Bossi, instancabile, ha macinato 22 mila chilometri in tutto il Nord». La Lega avrà l’8,4 per cento nazionale, 118 seggi alla Camera e 59 a Palazzo Madama. E pone un ultimatum al governo: sei mesi per realizzare il federalismo, altrimenti lo farà cadere. Il 10 maggio Maroni diventa il primo ministro dell’Interno non democratico dopo cinquant’anni dalla nascita della Repubblica. Il 29 agosto, in spiaggia, Bossi parlando con alcuni villeggianti che lo circondano parla di trecentomila bergamaschi armati (in quegli anni, secondo l’Istat, nella provincia i maschi dai 15 ai 60 anni erano 300.891). Dissidi con Maroni: Maroni vuole dare tempo al governo, Bossi lo vuol far cadere prima che sia approvata la Finanziaria. Bossi prende contatti con D’Alema: «I figli di D’Alema assillavano il padre, erano curiosi di conoscere questo strano personaggio. Così Bossi fu invitato a cena. Mentre stava salendo le scale il solito Babbini, che lo accompagnava, gli fece notare che non si va in casa d’altri senza portare un piccolo presente. Un attimo e Bossi gli disse: ”Corri a comprare il mazzo di rose più grande che trovi”. Era notte fonda e il povero Babbini dovette sudare quattro camicie. Un’ora dopo arrivò con una quantità di rose rosse in omaggio alal signora Linda». Mentre Berlusconi riceve un invito a comparire dal pool di Milano, Bossi incontra a casa sua in segreto, in via dei Prati Fiscali a Roma, D’Alema e Buttiglione, per stabilire una strategia comune per la caduta di Berlusconi. Passerà alla storia come il «patto della sardina», visto che il menu del senatùr non poteva offrire altro che una scatola di sardine e un pacchetto di craker. Il 22 dicembre 1994 cade Berlusconi. Alla Quattro giorni di Mantova, 8 settembre 1995, il senatur arriva con in tasca «quattro peeproncini piazzati nel posteriore di D’Alema e Fini». Sono i quattro referendum: uno abrogativo dell’articolo 241 del codice penale, un altro per l’abolizione dei prefetti, il terzo contro la figura del segretario comunale, il quarto sul federalismo. Nel 1995 la Lega proclama il Parlamento e la Costituente della Nord-Nazione («chiedendo, in un momento di mancanza del senso del ridicolo, l’invio di osservatori dell’Onu, del consiglio di sicurezza, del consiglio d’Europa, della corte dell’Aia e del Parlamento di Strasburgo»). Nel 1996 si dicute del nome che in futuro si darà al movimento al posto del temporaneo Nord-Nazione: «Speroni, che di questi argomenti è un cultore, fa cinque proposte: il classico Padania, lo storico Celtia, il bossiano Eridania (per via dell’ultimo figlio del senatùr) e lo stravagante Alpadania». La sera del 22 aprile arrivano I primi risultati che parlano di una Lega oltre il nove per cento. In via Bellerio si fa festa. Intorno al perno della Lega nel 1996 ruotano il Parlamento di Mantova, il governo Sole della Padania, alias governo Pagliarini, il Cpl (Comitato di liberazione della Padania) le Camicie Verdi e la Guardia nazionale padana. «La struttura però a fine agosto viene cancellata dal senatùr con un tratto di penna. Via il Governo Sole, via il Cpl, via il Parlamento di Mantova. Dal Monviso dovrà nascere un vero e proprio governo indipendentista. A chi gli obietta di essere un avventurista, il senatùr risponde scandalizzato di essere ”il signor millimetro, faccio il minimo”». Il 13 settembre 1996, il primo dei tre giorni della Marcia sul Po, Bossi preleva dalla sorgente del «grande fiume, la spina del drago padano», l’ampolla con l’acqua «sacra» e la consegna a una bambina che la dovrà versare nel mare Adriatico. In alto volteggia l’elicottero dell’avvocato Agnelli, venuto a curiosare in compagnia di Gad Lerner. Di domenica a Venezia, a Riva dei sette Martiri, si conclude la marcia. Dopo un comizio di un’ora e quaranta arriva l’atto costitutivo della Repubblica federale e sovrana della Padania. Scenografia del congresso al Palavobis di Milano, nel 1997: rovine di Roma in polistirolo, il missile secessionista che punta verso il cielo (copiato da un’identica scenografia usata dal francese Le Pen, leader del Fronte nazionale), un enorme quadro che rappresenta la carica della cavalleria celtica (fatto dipingere appositamente dal senatùr), quindici belle ragazze rigorosamente in verde (anche le unghie sono dello stesso colore). 9-10 maggio: assalto al campanile di San Marco. In diecimila gazebo di tela Bianca si tiene il referendum autogestito. I cinque milioni di sì conteggiato dalla Lega legittimano Bossi a proclamare: «Io voglio l’indipendenza della Padania». Ai primi di giugno 1997 Bossi, con una manovra, mette fine alla Bicamerale accordandosi con Berlusconi. La Lega, coi suoi quattro milioni di voti, è il più forte partito indipendentista europeo. Tra I 63 simboli elettorali presentati «c’è di tutto, si va dal Muro della Padania all’Unione femminile padana - con tanto di corona ferrea di Teodolinda – dal Fronte animalista padano a Sinistra e Padania-Morte al colonialismo romano – questa volta con tanto di faccione di Che Guevara. Tutte queste liste, ingenue e senza speranza di prendere voti, sono però il simbolo evidente che all’interno della Lega esistono, sia pur in modo molto minoritario, sensibilità molto diverse, unificate solo dal carisma di Bossi». 9 novembre 1997: prima seduta del neoletto Parlamento costituente della Padania. Bossi non accetta le avances del Polo: «Con Berlusconi ci provai una volta nel 1993, ma lui non può prescindere da Fini, al soffio del drago del Polo sono stato esposto sei mesi, mi sono bruciacchiato, ora prima di rifare la prova ci ripenserei». Secondo un sondaggio di Ilvo Diamanti, sociologo e grande esperto della Lega, al Nordest un cittadino su quattro «è disponibile a dichiararsi secessionista». Per assecondare i veneti che non vogliono la secessione, Bossi, nel 1998, comincia a parlare di devoluzione. A Pontida, nel settembre 1998, il matrimonio celtico di Roberto Calderoli con Sabina Negri. I veneti chiedono di dialogare con Berlusconi, Bossi dice no. Nel congresso del 1998 Bossi viene definito «il mafioso di Arcore». La Lega di Bossi e la Liga veneta di Comencini arrivano ai ferri corti. Dal gennaio 1999 per la Lega inizia una caduta di consensi fortissima che si concluderà solo dieci anni dopo, con il trionfo del 2008. Incontri segreti tra Bossi e Jörg Haider in vista di una politica commune. Poi la Lega, di fronte alle accuse di fascismo rivolte ad Haider, deve fare un’improvvisa inverione a U. Bossi in questo periodo è attentissimo agli avvenimenti. Arriva a dormire nella sede di via Belelrio, per titolare la Padania. 23 aprile 1999: incontro di Bossi con Milošević. «Le operazioni di Haider e Milošević hanno una spiegazione logica. Il segretario federale punta a realizzare un fronte politico con Haider e il serbo Milošević per costruire un movimento antiglobalismo, anti-Usa, anche con gli svizzeri del partito di estrema destra di Christoph Blocher, con gli indipendentisti fiamminghi del Block e dei russi di Zirinovskij». 18 aprile 1999. «Alle Europee il Carroccio prende una di quelle batoste che non si dimenticano. Dal 10,1% delle politiche del 1996 passa al 4,5». Bossi continua a insultare Berlusconi ma, silenziosamente, ha ripreso i rapporti con il Polo. Bossi a un giornalista, durante una delle sue numerosissime telefonate notturne: «Non posso farci niente, non ho più sponde, se non faccio così la Lega sparisce. A sinistra, è chiaro, non mi vogliono, lo so che non posso andare che con Berlusconi, ma ho bisogno di tempo». Dopo il Capodanno 2000 Bossi usa i microfoni di radio Padania per dire che l’accordo con Berlusconi «è probabile». Le regionali dell’aprile 2000, prima prova del nuovo accordo, regalano alla Lega un faticoso 4,9-5 per cento, che permette di cantare vittoria. «Al primo vertice del centrodestra è tutto uno scambiarsi di cortesie. Berlusconi chiede se l’ortensia regalata alla moglie di Bossi sia fiorita, il senatùr furbescamente risponde: ”Per qualche anno niente, ma adesso è tutta un fiore”». Nuovo cavallo di battaglia di Bossi: la famiglia. «Sta tornando il tempo della famiglia, della famiglia eterosessuale, altro che adozioni omosessuali». Prima lo slogan di Bossi era il federalismo, poi la Padania in tutte le sue declinazioni, ora è: «Famiglia eterosessuale, figli, popolo, devoluzione». Elezioni politiche del 2001: Berlusconi va bene, la Lega scende al 3,9 per cento (da 3,7 milioni di voti nel 1996 è passata a 1,4). Il raduno di settembre a Venezia, noto come ”quello della polenta”. Bossi nel suo no all’Europa giacobina e monetarista arriva alla polenta come arma di lotta politica: «Per salvare i nostri cibi faremo delle polentate in tuto il Nord, la polena diventerà un’arma di difesa civile». In quel periodo gli immigrati vengono definiti con grande scandalo «bingo bongo». L’idea fu suggerita al senatùr, amante della musica anni Quaranta, da una canzonetta americana che fu cantata senza scandalo da Latilla, Arbore e altri («bigo bongo stare bene solo al Congo…»). 2004. Fini apre la crisi di governo. Bossi inizia a definirsi «cattolico tradizionalista», a frequentare sacerdoti lefebvriani, ad attaccare la curia e in particolare il cardinal Ruini, a predicare che «bisogna togliere l’8 per mille», «rimettere i cardinali, che parlano in nome del Dio denaro, a piedi nudi». La notte tra l’11 e il 12 marzo 2004, un’insufficenza cardiaca gravissima porta Bossi sulla soglia della morte. Ai primi di aprile, dopo ventuno giorni di immobilità nel letto della rianimazione («ictus cerebrale che ha avuto come conseguenza un edema polmonare e una anossia al cervello» è la definitiva diagnosi) apre gli occhi e riconosce la moglie. Il 22 scrive una parola: «dolore». Il 23 marzo 2005 la devolution viene approvata in Senato. Bossi brinda con una Coca Cola. Lunedì 20 aprile, dopo 1.409 nove giorni di governo, Berlusconi si dimette. Il 27 aprile 2006 dopo più di vent’anni Bossi abbandona il Parlamento italiano per quello Europeo, lo fa con dispiacere, ma le cose non cambiano: il senatùr continua a comandare. Nuovi e vecchi dirigenti fanno a gara per partecipare ai famosi lunedì da Berlusconi. «Si racconta che Stefani, Bricolo, Cota e il tesoriere Balocchi arrivino in sede all’ora in cui Bossi parte per Arcore per infilarsi nella sua vettura». Il 10 maggio 2006 Giorgio Napolitano viene eletto con 543 voti. Secondo Ilvo Diamanti, dell’indipendenza del Nord la Lega ha fatto la propria bandiera «da agitare nell’agone politico e elettorale». Le altre forze politiche hanno inseguito la Lega sul suo terreno. «Così che, a ogni fiammata indipendentista corrisponde una fase di iniziativa politica da parte degli altri soggetti politici. Al successo della Lega nel 1992 e alla fine della Prima Repubblica segue la legge 81 del 1993 che istituisce l’elezione diretta dei sindaci. Mentre l’ulteriore crescita elettorale e la sfida secessionista della Lega, nel 1996 innesca le riforme del centro sinistra disegnate da Bassanini, che ridistribuiscono le competenze dal centro alla periferia. E favorisce l’avvio in sede bicamerale della riforma federalista. Ancora, alla vigilia delle politiche del 2001 l’approvazione da parte del centrosinistra della riforma del titolo V della Costituzione è incentivata, almeno in parte, dal tentativo di rispondere all’insoddisfazione del Nord… La Lega aveva imposto il tema del federalismo quando era impronunciabile, per abbandonarlo quando è diventato patrimonio politico diffuso. E lo ha sostituito con altre parole, indipendenza, secessione, per ritagliarsi uno spazio antagonista e irriducibile». Il 26 giugno «la sconfitta nel referendum è inequivocabile: 61,7 per cento al no, 38,3 al sì». Bossi parla del «federalismo a geometria variabile». La campagna elettorale del 2008, basata sui sindaci leghisti che hanno emanato ordinanze contro gli immigrati irregolari per fermare le «residenze facili» e i «matrimoni di comodo». «Alle elezioni 2008 i sindaci leghisti saranno l’arma segreta per portare la Lega alla vittoria». Trionfale successo della Lega alle elezioni del 2008: «Paradossalmente politici e sociologi scoprono che i voti leghisti arrivano da una base operaia scontenta del governo Prodi e preoccupata per la sicurezza… In una città con forte presenza operaia, Torino, la Lega raddoppia la sua percentuale (dal 3,6 al 6,5 per cento) mentre un partito come Rifondazione che nel 2006 aveva il 7 scende al 4,2 per cento».