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 2010  gennaio 05 Martedì calendario

IL CASO IZZO A STRASBURGO LE RESPONSABILIT DEI GIUDICI


Prendo spunto dalle sentenze degli ultimi giorni e da quanto stabilito dalla Corte europea dei diritti dell’ uomo sulla penale a cui il governo italiano (quindi noi tutti) è stato condannato per il caso Izzo. Poiché i giudici condannano e assolvono in nome del popolo italiano, desidererei sapere che potere di controllo tutti noi abbiamo su chi pronuncia decisioni e sentenze. In secondo luogo vorrei conoscere che fine ha fatto il referendum sulla responsabilità dei giudici. Alberto Cerulli alberto.cerulli@virgilio.it Caro Cerulli, C omincio dal suo secondo quesito. Come altri referendum abrogativi, anche quello sulla responsabilità civile dei giudici è vittima di una prassi che consente al voto popolare di abrogare non soltanto una intera legge, ma anche soltanto alcune sue parti. Sulla scia dell’ indignazione provocata dal caso di Enzo Tortora (il presentatore televisivo che fu condannato nel 1985 per «associazione camorristica» e assolto un anno dopo), i socialisti, i liberali e i radicali proposero l’ abrogazione di alcune norme che limitavano la responsabilità civile dei giudici. Il 65,1% del corpo elettorale andò alle urne l’ 8 novembre 1987 e i sì furono l’ 80,2%. Come in altre circostanze, il Paese ebbe la sensazione di avere introdotto nel codice un nuovo principio e commise un errore. Aveva soltanto lanciato un segnale e creato un vuoto legislativo che occorreva, a scanso di equivoci e malintesi, riempire con una nuova norma. Giuliano Vassalli, ministro della Giustizia nel governo De Mita del 1988, preparò e fece approvare una nuova legge che colmò il vuoto attribuendo allo Stato la responsabilità di un eventuale errore e permettendogli, se lo considerava opportuno, di rivalersi sul magistrato, ma soltanto entro il limite di un terzo dell’ annualità dello stipendio. A questo punto lei potrebbe chiedermi perché la legge Vassalli non venga applicata al caso di Angelo Izzo, già condannato per il delitto del Circeo e autore di due omicidi, commessi nell’ aprile del 2005, quando, grazie alla concessione di un magistrato, era in condizioni di semi-libertà. una decisione che spetta al guardasigilli e al governo. Ma le confesso di avere personalmente molti dubbi. Non credo che il sistema giudiziario potrebbe funzionare se i magistrati fossero costretti a lavorare sotto una tale spada di Damocle. I giudici debbono interpretare le leggi e possono commettere errori. I tribunali di sorveglianza e i giudici dell’ esecuzione, a cui spetta concedere la semi-libertà, prendono le loro decisioni sulla base di documentazione e pareri forniti da altre persone: carcerieri, medici, psicologi. Se non è il risultato di incompetenza, negligenza o colpa grave, l’ errore è una inevitabile componente di qualsiasi attività umana. E la punizione di un magistrato deve essere disciplinare, non pecuniaria.