Fumagalli Marisa, Corriere della Sera 3/1/2010, 3 gennaio 2010
A Seattle insegno i segreti di Murano L’ arte comincia dalla resistenza: dalla resistenza vinta. Non esiste capolavoro umano che non sia ottenuto faticosamente (André Gide) Purtroppo oggi le botteghe della Laguna pensano solo ai turisti
A Seattle insegno i segreti di Murano L’ arte comincia dalla resistenza: dalla resistenza vinta. Non esiste capolavoro umano che non sia ottenuto faticosamente (André Gide) Purtroppo oggi le botteghe della Laguna pensano solo ai turisti. Dobbiamo investire in cultura Le mie opere erano pagate fino a 50 mila dollari. Fallì la Lehman Brothers, gli ordini si dimezzarono«Sogno una mostra a Venezia con le mie creazioni di vetro ma soltanto negli Stati Uniti hanno riconosciuto quest’ arte» D’ accordo, nemo propheta in patria. Ma è mai possibile che un maestro del vetro di fama internazionale, nato e cresciuto a Murano, dove ha imparato mestiere e tecnica - il genio, invece, è tutto suo - coltivi il sogno di una mostra proprio a Venezia? Che non sia soltanto, come già avviene, una semplice partecipazione alla Biennale, nel gruppo composito degli artisti. «Sì, una Personale mi piacerebbe davvero, così come vorrei tanto esporre al MoMa di New York. Dove, per la verità, si era prospettata un’ occasione, poi sfumata», dice Lino Tagliapietra. Le cui opere, per inciso, fanno parte delle collezioni di importanti musei come il Victoria & Albert Museum di Londra, il Corning Museum of Glass di New York, il Musée des Arts Decoratifs di Parigi. Parla a voce bassa, il maestro muranese, con lieve cantilena che tradisce le origini, anche se da circa vent’ anni vive più a Seattle che nella sua isola. Dove lo incontriamo, in una giornata bianca di neve. Col pensiero, lui è già in volo per gli Stati Uniti. «Devo seguire una mia retrospettiva, itinerante. Toccherà alcune città degli States», spiega. Alle spalle, splendono, nel gioco cromatico di colori vivi, lucenti, i suoi vetri, raffinati, ottenuti con tecniche personalissime. Allora, quando a Venezia? « tutto più complicato», taglia corto, guardando, dall’ ampia finestra affacciata sulla Laguna, l’ acqua increspata e, sullo sfondo, le sagome dei palazzi della Serenissima. Il fatto che Tagliapietra, 75 anni, abbia conosciuto onori, successo (e anche soddisfazioni economiche) trasferendosi («da pensionato», sottolinea) nel Nord America, non stupisce. il destino di molti talenti nostrani. Ciò che fa riflettere è altro: mentre, Oltreoceano, l’ arte di soffiare il vetro gode di considerazione, suscita fervore e interesse tra i giovani, la stessa va declinando proprio nel luogo in cui è nata. Racconta Tagliapietra: «Negli Stati Uniti, talvolta mi capita di tenere conferenze sul mio lavoro, con la soddisfazione di trovarmi di fronte un pubblico attento e numeroso: 500, 600 persone almeno. Non altrettanto succede a Murano. Ricordo ancora un incontro piuttosto deludente, di qualche anno fa. I presenti, non molti, erano tutti stranieri. Mi risulta che anche i corsi sul vetro, quando vengono sporadicamente organizzati, registrano la partecipazione di pochissimi italiani». «Purtroppo - osserva l’ artista - le botteghe dell’ isola oggi vendono soprattutto paccottiglia per turisti. Così non funziona. La nostra arte può sopravvivere alla crisi soltanto se agganciata alla cultura. Anche le istituzioni sono colpevoli. Forse ci vorrebbe un magnate straniero, un altro Pinault, per progettare in grande il futuro di Murano artistica». L’ amore per la sua terra è forte («non me ne sarei andato - ammette - se qui avessi trovato le giuste opportunità»), le radici solide. Del resto, la biografia dell’ artista è impregnata degli umori della Laguna. Nonno gondoliere, padre pescatore, Lino, a 11 anni, dopo la licenza elementare, fa come tutti i ragazzi di Murano dell’ epoca: entra in una vetreria. «Il mio primo maestro - rammenta - era uno specialista di specchi. Da lui ricevetti una buona formazione, e il lavoro mi appassionava. Mi aveva adottato e mi pagava in natura. Cioè dandomi da mangiare. Ho ancora nella memoria il primo pranzo che mi offrì, alla festa della Madonna della Salute. Menù tipico: risotto con la castradina». «E la prima paga - continua - la ottenni nel 1947, 250 lire alla settimana». Poi, venne il periodo di Archimede Seguso. «Accettai la sua proposta - spiega - per ragioni essenzialmente economiche. Ma nella vetreria di Seguso, ebbi anche la fortuna di trovare un’ ottima guida, Attilio Frondi. Fortissimo nel soffiare vasi». La parola «soffiare», il fuoco, l’ immagine della canna che modella l’ oggetto di vetro, evocano riti magici. «Sì - dice Tagliapietra - il soffiatore non solo ha il fisico (la canna da maneggiare pesa sette o otto chili) e sopporta il calore; la sua personalità contiene anche qualcosa di alchemico, di esoterico. Inoltre, mentre è all’ opera, i movimenti del corpo richiamano l’ armonia di un balletto». Da Seguso, dunque, fino al momento di partire per il servizio militare. «Purtroppo, finita la leva, mi ritrovai retrocesso di grado; allora me ne andai a lavorare da Galliano Ferro. E divenni assistente. A 21 anni, finalmente, fui promosso maestro. Facevo un po’ di tutto, ma la mia passione, a quel tempo, erano i bicchieri». La scorza dell’ artista, la marcia in più, si rivelano con il passaggio alla vetreria Venini. Qui, Tagliapietra si cimenta con nuove tecniche. Qui disegna il Saturno, una ciotola semisferica che lo storico del vetro Luigi Zecchin definì «forma mai sperimentata». Durante la stagione più brillante per Murano («erano gli anni Settanta, americani e tedeschi compravano a mani basse le nostre creazioni, si esportava anche in Brasile e Australia») Lino Tagliapietra è già altrove: super-maestro presso La Murrina. Dove la sperimentazione, sempre più ardita, continua. La sua lampada, chiamata Magia, complicata da realizzare, dopo aver tenuto a lungo il mercato, è uscita dal catalogo perché nessuno oggi è più in grado di produrla. Alla pensione, ci arriva nell’ 87 («nel frattempo, avevo traslocato alla F3 International»), mentre cresce in lui la voglia di confrontarsi con altre culture, con altri mondi. Da tempo, l’ isola gli va un po’ stretta. E, infatti, Tagliapietra, sul finire degli anni Settanta, già comincia a trascorrere le ferie d’ agosto a Seattle. E là insegna la sua arte agli studenti della Summer School. Sicché, nel progettare la seconda vita, l’ idea di emigrare prenderà corpo facilmente. «Sono sincero - puntualizza - tentai di mettermi in proprio, ma non ci riuscii; a Murano non era aria». Per fortuna. Dopo una breve esperienza a Marsiglia, si trasferisce negli Stati Uniti dove accetta di collaborare con l’ artista Dale Chihuly, che gli propone di progettare insieme oggetti veneziani. «Negli Usa - racconta - c’ è l’ abitudine di importare i colori dalla Germania, dalla Nuova Zelanda, mentre io preferisco crearli in proprio: pervinca, viola, topazio, ambra, rosso trasparente. Così, dimostrai al collega come ottenere combinazioni cromatiche inusuali per il mercato americano». Il tandem con Chihuly si chiude nel ’ 96, quando Tagliapietra ritiene sia giunto il momento di aprire un suo laboratorio. Eccolo, allora, a Seattle. Alla sua scuola si formano molti allievi («tutti americani»), che lo seguono, imparando i segreti del vetro. «C’ è un piccolo gruppo che sta con me da quindici anni. Ottimi aiutanti, artisti direi - nota -. Con loro si fanno oggetti bellissimi. Il successo? In effetti, l’ ho avuto e ce l’ ho». E se la capitale degli States è diventata la mecca del vetro, lo deve per buona parte all’ attività dell’ artista muranese. Quanto può costare un buon pezzo uscito dal suo atelier? «Dai 30 ai 50.000 dollari. Prima della grande crisi, s’ intende». E qui Tagliapietra ricorda un episodio significativo: «Tutto filava per il meglio, nel 2008. I miei pezzi si vendevano bene. Un lunedì di settembre fallisce la Lehman Brothers e, all’ improvviso, il 50-60 per cento degli ordini viene cancellato». Adesso? «Va un po’ meglio». l’ imbrunire. La moglie di Lino (che si chiama Lina) serve il caffè, mentre resta ancora qualche nota da appuntare sul taccuino: Tagliapietra è autodidatta, ha arricchito la sua cultura divorando letteratura russa («Di Tolstoj non mi è sfuggita una pagina»), spagnola, americana. Quando partì per gli Stati Uniti non conosceva una sillaba d’ inglese. «Ora me la cavo», scherza. Nel 2004, il Center College gli ha conferito la Laurea honoris causa in Lettere. RIPRODUZIONE RISERVATA Confronti «Se dovessi mandare un giovane a imparare l’ arte del vetro, di questi tempi, lo spedirei a non Seattle, mica a Murano», dice Lino Tagliapietra. Sostiene, infatti, il maestro che per far crescere una nuova generazione di vetrai-artisti occorrono atelier aperti, capaci di sperimentare, dove la formazione sia culturalmente stimolante. E questo oggi accade a Seattle. In Laguna i giovani fanno altri mestieri. Il rischio è che Murano diventi un’ icona, senza vita. «Come lo è il museo del vetro esistente, concepito come mero spazio espositivo». Il maestro pensa invece a «un grande museo contemporaneo, collegato all’ attività del vetro, che trametta passione». La luce e i colori