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 2010  gennaio 07 Giovedì calendario

2 articoli Biblioteca Vaticana, il nuovo bunker L’autore è Menandro, grande commediografo greco del IV secolo avanti Cristo

2 articoli Biblioteca Vaticana, il nuovo bunker L’autore è Menandro, grande commediografo greco del IV secolo avanti Cristo. L’opera è Titthe, ovvero «La balia»: e non la si troverà nelle antologie, è un inedito assoluto, si sapeva solo il titolo. Per capire come sia saltata fuori, e sapere di che cosa parla, bisogna anzitutto venire qui: luce fredda che s’accende al passaggio dei pochissimi che vi hanno accesso, temperatura tra i 20 e i 21 gradi, tasso d’umidità tra 50 e 55, scaffalature di ferro a colmare ogni centimetro di spazio. Silenzio assoluto. E ottantamila fra codici paleocristiani e manoscritti greci, arabi, persiani, copti, ebraici... C’è pure un manoscritto inca. L’ambiente più prezioso della più preziosa biblioteca umanistico-rinascimentale mai esistita è interrato, come si conviene ad ogni tesoro. Lo chiamano il bunker. «A prova di bomba», sorride monsignor Cesare Pasini, prefetto della Biblioteca Vaticana. Al quarto livello del palazzo cinquecentesco – un dedalo borgesiano di volumi a perdita d’occhio, passaggi, sale e laboratori dove i livelli non corrispondono ai piani – tra il cortile del Belvedere e quello della Pigna, le vetrate interne mostrano le finestre dell’Archivio Segreto dall’altra parte dell’ampio cavedio, ma pare di stare al piano terra. Qualche pianta al centro del cortile e, a ben vedere, uno zoccolo grigio ai margini. il bunker: un parallelepipedo di cemento armato senza finestre né aperture. «Chissà se l’opinione pubblica ha idea di ciò che la Chiesa custodisce per l’intera umanità», considera monsignor Pasini, 59 anni, studioso di agiografia bizantina e paleografia greca. Già viceprefetto della Biblioteca Ambrosiana, Cesare Pasini è arrivato nel 2007 e ha un precedente impegnativo: l’ultimo che dall’Ambrosiana passò alla guida della Vaticana, nel 1914, si chiamava Achille Ratti e divenne poi Papa Pio XI. Lui ride, «si fa quel che si può!», al momento ha altro a cui pensare: «Il 20 settembre 2010, dopo tre anni, la Biblioteca Apostolica riaprirà al pubblico». La comunità scientifica mondiale precipitò nel panico, quando fu annunciata la chiusura per restauri: suppliche al Papa, appelli, una lettera aperta di docenti e atenei da tutto il pianeta. E ora ci siamo, il Palazzo che Sisto V fece costruire all’architetto Domenico Fontana alla fine del Cinquecento si mostra ancora come un cantiere, ma il più è fatto. C’erano problemi statici e la necessità di ristrutturare, anche negli edifici che ospitano i magazzini adiacenti: non è facile, oltre agli 80 mila manoscritti, conservare un milione e seicentomila volumi a stampa, 8.300 incunaboli, 74 mila documenti d’archivio, centomila stampe e incisioni, trecentomila tra medaglie e monete, ventimila opere d’arte. «Alcuni pensano sia una biblioteca "religiosa", devozionale. Omagari ci chiedono se abbiamo degli evil books, il libri del male!». Già, esistono anche libri che un tempo la Chiesa metteva all’Indice? «Vede, come Biblioteca noi non abbiamo né dobbiamo avere criteri al riguardo. I nostri criteri sono scientifici, riguardano lo studio: non ci sono evil books! Le opere sono valutate secondo il loro valore scientifico. E questo secondo l’ispirazione originaria di Niccolò V». Fu questo grande pontefice umanista, il ligure (di Sarzana) Tommaso Parentucelli, il vero fondatore: eletto nel 1447, appassionato di codici classici e cristiani, lasciò alla sua morte una biblioteca papale quadruplicata, con 1500 manoscritti. La Biblioteca venne poi costituita ufficialmente da papa Sisto IV con la bolla Ad decorem militantis Ecclesiae del 15 giugno 1475. Una tradizione che s’è arricchita nei secoli. Dal Codex Vaticanus del IV secolo, il più antico testimone completo della Bibbia greca, al Papiro Bodmer: la trascrizione più antica dei Vangeli di Luca e di Giovanni, tracciate fra l’anno 175 e il 225, meno di un secolo e mezzo dopo la composizione. «Un papiro fatto a libro può avere un numero di fogli limitato: se c’era un Luca-Giovanni, significa che esisteva anche un Matteo-Marco: i quattro vangeli canonici già nel II secolo, come conferma anche Ireneo...». E poi i Virgilio romano e vaticano, una Divina Commedia di fine Trecento... Gioielli noti agli studiosi. Eppure, l’apertura riserverà loro non poche sorprese. Anche se, per la più bella, bisognerà aspettare un po’ di più: «Il Salone Sistino, che faceva parte del percorso dei Musei Vaticani, è di nuovo a disposizione della Biblioteca e appena possibile – è del Cinquecento, i restauri sono particolarmente delicati – tornerà ad essere una sala di consultazione aperta agli studiosi». Una «scelta controcorrente», spiega monsignor Pasini: «Le biblioteche di tutto il mondo tendono a diminuire gli spazi di lettura perché le collezioni crescono, noi andiamo in direzione opposta e già all’apertura potranno entrare almeno 250 persone al giorno». Il Salone Sistino si aggiungerà alla Sala Leonina e quelle di consultazione dei manoscritti e dei periodici. Tutto restaurato e rinnovato: «Il laboratorio di restauro e quello fotografico sono stati completamente risistemati. Abbiamo ampliato l’ascensore, ne è stato costruito uno nuovo. E all’ingresso si troverà tutto cambiato: armadietti per gli studiosi, badge che permettono di circolare a seconda delle autorizzazioni...». Anche i libri saranno dotati di microchip: non si sa mai, «ogni deterrenza è utile, le tessera che ciascuno porta con sé rileva ciò che si è ritirato, in ogni momento si può sapere in quale spazio sia il libro, se uno esce senza aver riconsegnato qualcosa l’uscita si blocca». Problema: ma si ha davvero idea di tutto ciò che è custodito qui dentro? «Se la domanda significa: c’è qualcosa di evidente che potreste non conoscere, la risposta è no. Nel corso dei secoli è stato tutto sfogliato e catalogato. E non c’è neppure nulla di segreto che non si voglia far sapere, quello va bene per i romanzi!», sorride ancora il prefetto. «Se però il problema è: si sa ogni cosa, è stato studiato fino in fondo tutto quanto?, allora la risposta è ancora no. C’è da studiare per secoli, qualunque manoscritto può riservare sorprese». Come quella, spettacolare, saltata fuori nel 2003 e ancora in fase di studio: celato in un manoscritto copiato nel IX secolo in Siria, un «palinsesto» dove la scrittura è stata più volte cancellata per riutilizzare la pergamena, è emerso Menandro. La scoperta fu del professor Francesco D’Aiuto, docente di Filologia a Tor Vergata: «Stiamo lavorando alla decifrazione assieme al professor Nigel Wilson, di Oxford: un lavoro lungo, perché tecnicamente è difficile vedere la scrittura più antica», dice D’Aiuto. «I versi sono circa 400: la metà appartiene a una commedia famosa, il Dyscolos. Gli altri duecento sono sconosciuti, grazie al collega Austin Colin siamo risaliti al titolo: Titthe, la balia, un’opera di cui era noto solo il titolo e qualche parola. Speriamo di arrivare a stamparlo nel 2010, dovremmo riuscire a decifrare la metà dei versi, intanto il frammento ci dà l’idea della trama: un bambino viene affidato a una donna che finge di avere troppo latte, ma le cose non stanno così, il bimbo non torna indietro... Monsignor Pasini ha ragione: in superficie sappiamo tutto, ma chissà quali tesori sono ancora celati in fondo». Gian Guido Vecchi, Corriere della Sera 7/1/2010 Quel trasloco dei papiri durato sei mesi CITTA’ DEL VATICANO’ Ma le porte di cristallo scorrevoli, i controlli della retina, gli infrarossi, insomma tutto quello che si vede nei film e si legge nei thriller? In coda Alla vigilia della chiusura, il 14 luglio 2007, fila all’ingresso della Vaticana «Ma figuriamoci! Le cose tipo Codice Da Vinci e simili sono tutte panzane…». Il professor Paolo Vian, direttore della sezione manoscritti, si fa una risata: «Non c’è nulla di più aperto alla conoscenza della Vaticana. Qui non èmai esistito un ”inferno” di libri ”osceni”, la sua ampiezza è davvero cattolica, universale: dalla patristica a Euclide, Tolomeo, i filosofi greci, la poesia latina, i codici precolombiani, ci sono pure libri di foglie di palma! Bisogna solo avere la pazienza di frequentarla, la Biblioteca, di conoscerla. Nessun mistero, o meglio: è un mondo misterioso perché è complesso, difficile, ma è pronto a mostrarsi a chi ha il tempo di studiarlo…». Nel caso di Paolo Vian, è quasi il tempo di una vita. Se il fratello Giovanni Maria, storico e filologo, dirige l’Osservatore Romano, lui ha seguito le orme del padre Nello, studioso amico di Giovanni Battista Montini, dagli anni Trenta al 1976 assistente e poi segretario della Biblioteca. «Ma quand’eravamo piccoli restavamo fuori, abbiamo cominciato a entrare a diciassette, diciotto anni…». Giusto nel prossimo autunno, uscirà il primo dei sette volumi sulla storia della Vaticana cui sta lavorando assieme a Francesco D’Aiuto. Che cosa ne è stato degli ottantamila manoscritti, durante i restauri? «Il deposito è abbastanza recente, anni Ottanta, ma è stato completamente ristrutturato: un fissativo sul soffitto perché non facesse polvere, nuovi impianti e pavimentazione… Soprattutto è stata creata una sala a parte per i papiri: ad un tasso di umidità più basso, tra 30 e 35. Così, insieme ai manoscritti, li abbiamo spostati nel grande deposito dell’Archivio Segreto, sotto il cortile della Pigna». E come avete fatto? «Con un camion, andando piano. In fondo sono poche centinaia di metri. Ma è stato un lavoro lungo, in effetti una triangolazione senza precedenti. Di solito si passa da un deposito permanente a un altro permanente, qui abbiamo fatto avanti e indietro. Il lavoro di imballaggio è partito nel settembre 2007, quello di trasporto è cominciato il 28 gennaio 2008 ed è finito il 31 luglio. Sei mesi, lavorando tutti i giorni. Il ritorno è stato più semplice: da luglio a settembre 2009, approfittando della chiusura estiva, siamo passati attraverso l’Archivio». Che accadrà, il 20 settembre? «Temiamo un po’ l’affollamento, come nel 2007: quando venne annunciata la chiusura, ci fu una specie di psicosi, le code degli studiosi arrivavano al cortile. Ma i posteri saranno grati a chi ha avuto il coraggio di chiudere per fare questi lavori». Il cardinale Bibliotecario Raffaele Farina rassicurò: c’erano il catalogo online, le riproduzioni fotografiche, la consulenza, i microfilm… Eppure non è la stessa cosa, no? «Molte biblioteche tendono a dare solo copie digitali o microfilm, ma la Vaticana mantiene la sana tradizione – a beneficio, ovviamente, degli studiosi qualificati – di dare i codici: se uno vuole studiarlo, deve prenderlo fra le mani». Gian Guido Vecchi, Corriere della Sera 7/1/2010