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 2010  gennaio 08 Venerdì calendario

Casoria Teresa

• Napoli 7 luglio 1949. Magistrato. Presidente del collegio del processo Calciopoli, il 7 gennaio 2010 la Corte di Appello di Napoli dichiarò inammissibile per «intempestività» l’istanza di ricusazione presentata dai pm (sostenevano che in alcune espressioni aveva «indebitamente anticipato» un esito «assolutorio del dibattimento») • «[...] L’episodio principale sarebbe accaduto durante l’udienza del 19 maggio 2009. Una specie di disvelamento, a parere dei pm. Teresa Casoria sta parlando con difesa e accusa per fissare le date del dibattimento. Ad un certo punto afferma: ”Lo sapete che questo processo reca un intralcio alla sezione enorme. In effetti, ci sono anche delle cause serie che devono essere rinviate per dare spazio... più serie, dove ci sono gli imputati detenuti”. Narducci e Capuano non hanno dubbi sul senso della frase. ”Il Presidente del collegio ritiene che il cosiddetto calciopoli sia processo non ”serio’ o comunque meno ”serio’ di altri processi”. E lo stesso, sostengono, vale per i reati oggetto dei dibattimento, ritenuti ”poco seri o meno seri” di altri. Il 19 maggio l’accusa chiama a testimoniare Armando Carbone. Napoletano, 45 an ni, già protagonista dello scandalo sul Totonero del 1986, è stato uno dei primi a indicare in Luciano Moggi il deus ex machina del calcio contemporaneo. Nel corso della sua deposizione, la dottoressa Casoria dice: ”Più o meno abbiamo già inquadrato il personaggio”. Secondo i pm, la frase ”dal tenore letterale quasi dispregiativo”, è un modo per sottolineare come il teste non sia ritenuto una persona ”seria” e le sue dichiarazioni riferiscano ”circostanze false, o non veritiere o non credibili”. L’ultima nota dolente dei magistrati riguarda la querelle sulle parti civili. Il 24 marzo 2009 Casoria le esclude va dal processo. Il 10 luglio venivano riammesse dalla Cassazione. Quando Narducci esibisce il dispositivo della sentenza, il presidente del collegio taglia corto. ”Va bene pubblico ministero, senza che ci dilunghiamo troppo... inutile che perdiamo tempo”. L’ultima frase pare sia un intercalare fre quente. E nell’udienza del 13 ottobre, mentre discute con il difensore di una parte civile, si sentono queste parole: ”Non possiamo non rispettare, obtorto collo, la sentenza della Cassazione”. La locuzione latina fa traboccare il vaso. Per i magistrati quell’ obtorto collo è ulteriore e definitivo segno del pregiudizio che il giudice nutre nei confronti dell’accusa. ”Non appare più imparziale”. Narducci e Capuano si convincono che non vi sia più margine. Ricusano. [...]» (Marco Imarisio, ”Corriere della Sera” 25/10/2009).