Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  gennaio 06 Mercoledì calendario

Guerra al terrore? Per Saleh viene prima la famiglia NEW YORK Scaltro, astuto e con un grande senso della famiglia, tanto da aver assegnato a figli, nipoti e parenti vari quasi tutti i posti di potere

Guerra al terrore? Per Saleh viene prima la famiglia NEW YORK Scaltro, astuto e con un grande senso della famiglia, tanto da aver assegnato a figli, nipoti e parenti vari quasi tutti i posti di potere. Ali Abdullah Saleh, presidente dello Yemen e alleato Usa nella guerra contro Al Qaeda nella penisola arabica. Sessantasette anni e alla guida del Paese dal 1978, Saleh ha una sorta di ossessione da clan con la quale mira a rafforzare il suo potere indebolito dal generale stato di povertà del Paese e dal calo proventi petroliferi. Secondo diplomatici occidentali sembra che abbia dedicato la maggior parte degli ultimi due anni a sistemare i suoi cari piuttosto che combattere i ribelli sciiti al nord, i secessionisti del sud e Al Qaeda nel resto del Paese. «Il suo obiettivo è cedere la presidenza al figlio, Ahmed Saleh, attuale capo della Guardia repubblicana nazionale, mentre ai nipoti ha assegnato una serie di cariche di rilievo», spiega Murad Zafir, analista politico yemenita. Tanti i nipoti al potere, Amar, figlio del fratello più giovane, è il numero due della Sicurezza nazionale, Yahye è il capo dell’antiterrorismo, Tarek guida la Guardia presidenziale, mentre il fratellastro del presidente guida l’aeronautica militare. Una sorta di business di famiglia che da una parte ha consolidato il potere nelle sue mani, ma dall’altra ha causato rivalità con i capi tribù sparsi in tutto il Paese. La strategia del clan è stata spesso accompagnata da scelte infelici e antipopolari, come la costruzione di una moschea di famiglia costata 120 milioni di dollari, in un Paese dove si vive con uno stipendio medio annuo di 900 dollari e dove, specie in alcune aree mancano elettricità, acqua corrente e c’è una totale assenza di istituzioni. In questa realtà si inserisce l’alleanza con Washington, un rapporto di amicizia forzata di cui nessuno dei due può fare a meno. Saleh per gli aiuti economici che riceve dagli Usa senza i quali la lotta contro Al Qaeda non sarebbe possibile. Obama perché l’appoggio del governo locale è necessario a non aprire un nuovo fronte di guerra sul modello di quello afghano.