Angelo Aquaro, La Repubblica 6/1/2010 Massimo Gaggi, Corriere della Sera 6/1/2010 Anna Masera, La Stampa 6/1/2010 Peter Schneider, La Repubblica 7/1/2010 Mario Cianflone, Nòva 24 7/1/2010 Luca Figini, Nòva 24 7/1/2010 Mario Cianflone Gianni Rusconi,, 6 gennaio 2010
7 articoli La sfida ora è sui telefonini ecco Nexus, l´anti-iPhone Il capo del produttore Htc: "Abbiamo portato le potenzialità di un telefono ai limiti" Le armi in più: riconoscimento vocale e microfoni per l´eliminazione dei rumori di fondo NEW YORK Pronto, chi Googla? Gli americani non festeggiano la Befana ma la nascita del primo telefono che viene dal web: è un regalo mica da poco alla storia di quella rivoluzione tecnologica cominciata nei garage della Silicon Valley e finita sui lustratissimi banconi dei negozi hi-tech
7 articoli La sfida ora è sui telefonini ecco Nexus, l´anti-iPhone Il capo del produttore Htc: "Abbiamo portato le potenzialità di un telefono ai limiti" Le armi in più: riconoscimento vocale e microfoni per l´eliminazione dei rumori di fondo NEW YORK Pronto, chi Googla? Gli americani non festeggiano la Befana ma la nascita del primo telefono che viene dal web: è un regalo mica da poco alla storia di quella rivoluzione tecnologica cominciata nei garage della Silicon Valley e finita sui lustratissimi banconi dei negozi hi-tech. Profilo arrotondato, involucro tutto nero e cornice grigio-metallo intorno allo schermo, il Nexus One, quel gioiellino da 130 grammi custodito fino a ieri nel fortino di Mountain View, è stato finalmente svelato al modo dopo mesi di speculazioni e sussurri. E´ nato il telefono multitouch che potrà insidiare il primato (e la moda) dell´iPhone? Subito le armi in più: il riconoscimento vocale che permetterà di «dettare» un messaggio alla tastiera, una funzione per eliminare i rumori di fondo e ovviamente la totale sincronizzazione con l´universo Google, dalle mappe alle ricerche, dalla mail al Google Voice, la rubrica vocale ancora sperimentale. Per il resto, a metà strada appunto tra un iPhone e un Palm Pre, il nuovo oggetto del desiderio, realizzato da Google con l´Htc, si presenta, quantomeno nel look, nel segno della continuità. Leggermente più sottile (11,3 millimetri contro 12,3), più stretto (59,8 contro 62,1) e più basso (11,5 contro 12,3) a differenza del telefonino Apple, che ha un solo pulsante alla base con cui si accende il display e si accede alla home, cioè la schermata con tutti i comandi, Nexus One ha sotto il display da 3.7 pollici (quello iPhone è di 3.5) quattro pulsanti: indietro, menu, home e ricerca. Manca invece un tasto diretto per accedere alla fotocamera da 5 megapixel, mentre l´iPhone permette di assegnare questa funzione, con un doppio clic, al suo unico tasto, Ma è l´anima del googlefonino a differire radicalmente da quella dell´iPhone e di altri concorrenti. Nexus One gira infatti con il sistema operativo Android, quello cioè prima acquistato e poi sviluppato da Google, che ora spera di allargare il suo mercato: la sua fetta ora costituisce solo il 4 per cento (il telefono più noto è il Droid di Motorola), contro il 9 per cento dell´iPhone, il 18 per cento del Blackberry e il 48 per cento del Symbian della Nokia. «Abbiamo portato le potenzialità di un telefono ai limiti del possibile», ha detto Peter Chu, l´amministratore delegato di Htc, sostenendo che il potente processore eviterà rallentamenti sulla rete. Anche il prezzo è oltre i limiti: 529 dollari contro 480. Però il telefono di Google si potrà acquistare senza lock, cioè ciascuno potrà utilizzare l´operatore che vorrà, anche se una corsia preferenziale è stata concordata con T-Mobile, che è il ramo americano di Deutsche Telecom: acquistando un abbonamento, il googlefonino costerà soltanto 179 dollari. In Europa l´operatore sarà invece Vodafone. Ma Nexus One non è soltanto l´ultimo ritrovato di un´industria costretta a sfornare gadget a getto continuo per aggiornarli allo stato dell´arte e - soprattutto - alimentare i consumi. Il googlefonino rappresenta la scommessa più grande del marchio pigliatutto del web. Finora abbiamo flirtato sul mercato con telefonini prodotti da aziende storicamente presenti nella telecomunicazione (i grandi marchi da Sony a Samsung) o nate con la mission dei cellulari (da Nokia a Motorola) magari proponendone un modello (dal Blackberry al Palm). Google che lancia il telefonino in proprio sbaraglia tutti i precedenti: un motore di ricerca che si mette a produrre i cellulari è un po´ come la fabbrica di pneumatici che si mette a produrre automobili. Dice Vic Gundotra, il vice presidente, che a Google sono «incredibilmente eccitati sulle opportunità offerte dai cellulari». La grande battaglia è quella della pubblicità. La pubblicità è l´anima di Google, le segnalazioni che rimbalzano sul web e saltano agli occhi ogni volta che scatta una ricerca. Così la compagnia di Larry Page e Sergey Brin, nata appena 11 anni, è diventata un gioiello da 22 miliardi di dollari. E le sue mosse sono state definitivamente svelate dal tentativo, poi abortito, di mangiarsi (dopo YouTube e altri piccoli motori) anche Yelp, il sito web specializzato nella piccola pubblicità: proprio quei piccoli annunci cioè che hanno fatto la fortuna del web ai danni - come lamenta Rupert Murdoch, non a caso nemico giurato di Google - dei media tradizionali come i giornali. Ma il mondo sta cambiando. Sempre più persone accedono a Internet non attraverso un computer ma un telefonino. La nuova battaglia si giocherà qui e anche un giovanissimo gigante come Google, se non si adegua, rischia. Nexus One, come promette il nome, è solo il primo passo. Angelo Aquaro, La Repubblica 6/1/2010 I telefonini e il sigillo di Google Google lancia Nexus One e non è solo una sfida aperta all’iPhone del suo ex alleato Steve Jobs. soprattutto un sigillo: la prova fisica della volontà di dare battaglia a tutto campo anche nella comunicazione mobile e nei collegamenti Internet via cellulare. Più che un telefono, Nexus One è un sigillo: la prova fisica della volontà di Google di dare battaglia a tutto campo anche nella comunicazione mobile e nei collegamenti Internet via cellulare. Col terminale presentato ieri nella sua sede californiana di Mountain View, Google sfida apertamente l’iPhone del suo ex alleato Steve Jobs, ma lancia anche un guanto sul volto dei giganti delle telecomunicazioni come AT&T o Vodafone (che, pure, sarà un suo partner in Europa). Infatti, se Nexus One potrà essere acquistato (come avviene già per gli altri telefonini) attraverso una società telefonica pronta a cederlo a prezzo «stracciato» pur di ottenere un contratto pluriennale per i suoi servizi telefonici, stavolta Google ha deciso di offrire ai consumatori anche l’opzione di acquisto diretto del suo prodotto. Negoziando poi, con i vari «carrier», il prezzo del servizio telefonico. Per adesso la minaccia è relativa. Gli esperti avevano ipotizzato un colpo a sorpresa: un prezzo bassissimo per cercare di errore il mercato del telefono della Apple e quello del Blackberry, o una nuova tecnologia rivoluzionaria rispetto ad «Android», la piattaforma mobile di Google già adottata da diverse società di tlc. Ma sorprese non ce ne sono state: il prezzo d’acquisto di Nexus One, 529 dollari, è molto alto per il mercato americano e il terminale, prodotto dalla HTC di Taiwan per conto di Google, monta una versione del sistema operativo di « Android » più avanzata di quelle fin qui offerte ai vari produttori di telefonini, ma non radicalmente diversa dalle altre. E «Android» fin qui non ha sfondato sul mercato, nonostante la tecnologia avanzatissima e le elevate prestazioni in termini di potenza e velocità. I «carrier» telefonici lamentano di avere i magazzini pieni di apparecchi basati su «Android» per i quali non c’è domanda, mentre le forniture di iPhone sono sempre inferiori alle richieste degli utenti. Cambierà tutto con Nexus One? Google ha cercato di mettere sul mercato un prodotto non solo con caratteristiche migliori, ma anche con un «look» sexy almeno quanto quello dell’iPhone. Sul piano tecnico i risultati sono apprezzabili: Nexus One pesa appena 130 grammi, è più sottile (11,5 millimetri) dell’iPhone, ha uno schermo di 3,7 pollici e una fotocamera da 5megapixel, più potente delle altre oggi sul mercato. Quanto all’aspetto «cool», sarà il mercato a decidere. Il nuovo apparecchio costruito in Cina somiglia molto al telefono che vuole sostituire, quello di Steve Jobs. Uno che i gusti del mercato li capisce certamente meglio degli ingegneri di Taiwan. «La Apple – spiega il gestore di una grande rete di telecomunicazione europea – con l’iPhone è riuscita a offrire non solo un prodotto, ma una combinazione vincente di apparecchio, servizi, applicazioni e design». Google deve ancora dimostrare di poter realizzare con successo un’operazione altrettanto complessa. Le premesse strategiche ci sono tutte: avendo capito che il futuro è delle tecnologie mobili e non volendo vivere una crisi come quelle sofferte da Ibm e Microsoft quando le tecnologie di cui avevano il monopolio persero la loro supremazia assoluta, la società californiana ha cominciato a investire massicciamente e per tempo nelle tecnologie mobili. Ma non basta spendere miliardi di dollari in ricerca e innovazione per conquistare il cuore dei consumatori. Così, mentre al Ces di Las Vegas, la grande fiera delle tecnologie digitali, vengono presentati le ultime, raffinatissime novità dell’elettronica di consumo - dai nuovi video Blue Ray con effetti tridimensionali della Sony alla tv LG con schermo ultrapiatto e Skype (videotelefonate via Internet) incorporato - lo scontro tra le due società più «cool» dell’ultimo decennio, quelle che hanno conquistato il mondo coi motori di ricerca e gli iPod, si consuma lontano dalla città del Nevada. Ieri ha parlato Google. A fine gennaio toccherà a Steve Jobs che lancerà il suo nuovo «tablet», una specie di super-iPhone con uno schermo di 10-11 pollici che potrebbe diventare anche la piattaforma del futuro per la lettura di libri e giornali. Un sistema a colori, molto più seducente dei «Kindle» di Amazon, o degli altri sistemi come quello di Sony, oggi in commercio. E, intanto, recupera terreno anche Microsoft che, dopo alcuni anni abbastanza oscuri, sta ottenendo buoni successi con Bing, il suo nuovo motore di ricerca, e che oggi a Las Vegas farà un primo bilancio del lancio di Windows 7, che è stato di certo un successo. Previsto anche l’annuncio di nuovi sviluppi di XBOX, la sua avanzatissima piattaforma di videogiochi. Un settore dell’intrattenimento che in pochi anni ha superato, in termini di valore economico, il peso dell’intera industria cinematografica. Massimo Gaggi, Corriere della Sera 6/1/2010 Ecco il Googlefonino Super-cellulari, si apre la sfida all’iPhone e al Blackberry Non serve scrivere per mandare sms: basta dettarli TORINO Nexus One sposta i limiti di quanto è possibile fare con un telefonino». Peter Chou, l’amministratore delegato di Htc, produttore taiwanese di cellulari, ha commentato così ieri da Mountain View, in California, la sede di Google, il lancio del tanto chiacchierato «googlefonino». «Vogliamo fare di più. Nexus One rientra nella nuova categoria dei ”super-telefonini”» ha aggiunto Andy Rubin di Google, il gigante informatico numero uno al mondo per il suo motore di ricerca online, ma ormai a 360 gradi presente con prodotti e servizi digitali che piacciono ai consumatori/utenti di Internet, ma rendono nervosa la concorrenza. Nelle intenzioni di Google, Nexus One vorrebbe essere il terzo pilastro in un mercato dominato dall’iPhone della Apple e dal Blackberry della Research In Motion, per puntare poi al primato. «E’ il nostro modo di alzare lo standard su cosa è possibile ottenere quando si tratta di creare la migliore esperienza per gli utenti» promette Rubin. Ma la concorrenza non starà a guardare: a fine mese la Apple promette di rispondere per le rime. Ieri sera alla presentazione, anticipata dai blog specializzati, Google ha mostrato la sua novità: dalle linee arrotondate, Nexus One è sottilissimo (11,3 millimetri), pesa 130 grammi e ha uno schermo di 3,7 pollici, colori nitidi e processore potente (un gigaherz) quanto un vero e proprio computer. E’ dotato di una fotocamera da 5-megapixel (ben più dei 2 del concorrente iPhone), Bluetooth Stereo e di una funzione che consente di eliminare i rumori. Sul retro del telefono è impresso il marchio Google con quello di Htc in caratteri più piccoli: agli utenti è concessa la possibilità di personalizzarlo con un messaggio a scelta da imprimere. Il vantaggio indiscutibile rispetto alla concorrenza è l’offerta integrata di tutti i prodotti Google: per esempio è dotato delle mitiche Google Maps e permette agli utilizzatori di scrivere un messaggio parlando, quindi senza contatto con la tastiera. Il difetto, secondo gli esperti, è che il touch-screen non è «multi-touch», cioè non consente l’uso di più dita per allargare o spostare testi e immagini, la caratteristica che piace dell’iPhone. In compenso, consente le ricerche vocali sul web: basta scandire le parole. All’indirizzo www.google.com/phone gli utenti possono acquistare Nexus One senza piano telefonico (cioè può essere installata qualsiasi Sim con rete Gsm), oppure ordinarlo con il piano telefonico di uno degli operatori partner di Google. «Non vediamo l’ora di lavorare con tutti i produttori hardware e gli operatori di telefonia per portare sul mercato più telefoni, in tutto il mondo, attraverso il nostro nuovo negozio online» ha dichiarato Rubin. Sono previsti presto altri dispositivi, che a mano a mano verranno resi disponibili nel nuovo negozio online di Google: gli utenti potranno combinare il telefono di loro gradimento con l’offerta di piano tariffario che preferiscono. Attualmente è disponibile già da oggi per i clienti di Usa, Gb, Singapore e Hong Kong senza vincoli a 529 dollari. Negli Usa è possibile averlo anche attraverso l’operatore T-Mobile a 179 dollari; in futuro lo offriranno anche Verizon e Vodafone. In Italia si dovrà aspettare ancora un po’. Forse conviene, per vedere prima che cosa sfornerà la concorrenza. Anna Masera, La Stampa 6/1/2010 Ma il body scanner non ci salverà Le autorità di sicurezza del mondo occidentale faticano indubbiamente a tenere il passo coi terroristi islamici e le loro trovate per indossare cariche di esplosivo da portare sugli aerei di linea. Non si può dire che queste idee siano particolarmente originali: finora hanno seguito una logica verticale del tutto prevedibile. Il britannico Richard Reid aveva incominciato, se così posso dire, dal basso: otto anni fa, il 22 dicembre 2001, nascose 50 grammi di esplosivo nel tacco di una delle sue scarpe da tennis, col proposito di far saltare in aria un aereo dell´American Airlines. Grazie all´intervento di un´intrepida hostess e di alcuni passeggeri, fu bloccato e legato alla sua poltrona. Recentemente, il 25 dicembre 2009, il nigeriano Umar Farouk Abdulmutallab – anche lui immobilizzato da alcuni passeggeri – aveva cucito lo stesso tipo di esplosivo (80 grammi) all´interno delle sue mutande. Non senza orgoglio, la Bild Zeitung ha presentato ai suoi lettori le immagini dello slip bruciacchiato dell´aspirante attentatore e quella di un pacchetto di esplosivo, della lunghezza di una quindicina di centimetri, il cui contenuto – come notava con discrezione l´autore del pezzo – sarebbe bastato per riempire una tazza da tè. Non si spiega perché in un primo tempo i media abbiano riferito che l´attentatore teneva il pacchetto «applicato alla coscia». Di fatto, non è la prima volta che gli anglosassoni parlano pudicamente di «cosce» per indicare come pars pro toto gli organi posti alla loro estremità superiore. Ma con l´avvento dei tanto discussi body scanner potremo dare l´addio al pudore e alla riservatezza delle parti intime di cui sopra. Gli olandesi, responsabili di aver permesso all´attentatore di imbarcarsi sull´aereo, stanno già utilizzando i nuovi apparecchi, che nel frattempo hanno probabilmente passato ai raggi X centinaia di migliaia di capi intimi, nell´evidente convinzione che il decollo di un attentatore sia destinato a suscitare una ventina di tentativi di usare lo stesso trucco. Ma cos´è che non ha funzionato in questo caso? Ci sarebbe stato davvero bisogno di denudare i passeggeri con un body scanner per impedire l´imbarco di uno studente nigeriano già segnalato alla Cia, e per di più dal suo stesso padre, come potenziale attentatore? Il dramma umano di quel padre coraggioso, al quale Umar aveva scritto via email «perdonami se combino qualche guaio – ormai non sono più tuo figlio», avrebbe dovuto bastare per mettere in allarme le autorità di sicurezza americane. Perché obbligare milioni di passeggeri a compilare scrupolosamente i loro formulari diversi giorni prima della partenza, per poi far passare senza problemi un individuo fortemente sospetto e già noto alla Cia? Sarei ben lieto di poter credere che i nuovi body-scanner siano in grado di individuare cariche esplosive nascoste negli slip o nel cavo delle ascelle; ma si dà il caso che alcuni esperti britannici abbiano espresso dubbi in proposito. Oltre tutto, come si fa a essere certi che questi body-scanner siano all´altezza dei metodi sempre nuovi escogitati dai terroristi per imbottirsi di esplosivo? Potrebbero ad esempio inghiottirne un´ottantina di grammi, prendendo esempio dai corrieri latinoamericani della coca, e sistemarsi nell´ombelico l´estremità della miccia. O anche cucire l´esplosivo non negli slip, ma addirittura nei testicoli. Oppure inserirlo sotto la calotta cranica, con accensione attraverso le narici… Non si può escludere che pregustando le settanta vergini del paradiso, i futuri «masters of destruction» cerchino di sperimentare ogni possibile nascondiglio all´interno del proprio corpo. Perciò, se i responsabili della sicurezza fanno davvero sul serio, alla lunga non potranno accontentarsi di esaminare la pelle nuda dei passeggeri, ma dovranno approfondire l´indagine scandagliando anche i visceri e l´interno delle teste. In prospettiva non si potrà fare a meno delle tomografia computerizzata. Ma prima di avallare le nuove misure di sicurezza e quelle a venire, ci sia consentito di porre alcune domande. Da otto anni, dopo il fallito attentato di Richard Reid, i passeggeri americani accettano di buon grado, prima di essere ammessi all´imbarco, di togliersi le scarpe per farle esaminare ai raggi X. Anche in Europa questa prassi è stata adottata, per essere poi sospesa senza spiegazioni qualche anno fa. Alcuni dei miei conoscenti americani non si sentono sufficientemente protetti in Europa perché le loro scarpe non vengono controllate prima del check-in. Come mai, mi chiedono, qui da voi in Europa siete così lassisti in fatto di calzature? Devo riconoscerlo: a domande del genere non so cosa rispondere. A pensarci bene, i casi sono due: o i nostri addetti alla sicurezza lasciano scientemente che i passeggeri vadano incontro a una potenziale sciagura, oppure hanno probabilmente qualche buon motivo per rinunciare a un controllo specifico delle loro scarpe. In quest´ultimo caso però sorge il sospetto che le autorità di sicurezza americane sottopongano da anni i passeggeri a una procedura tanto superflua quanto può esserlo la vaccinazione contro l´influenza A. Nel caso specifico di Richard Reid, c´è poi da chiedersi perché non abbia usato un fiammifero per dar fuoco alla carica di esplosivo nascosta nella sua scarpa. stato l´eroico intervento della hostess e di alcuni passeggeri a evitare lo scoppio, o è vero invece che per ragioni tecniche quella carica non avrebbe potuto esplodere? E se così stanno le cose, gli esperti europei sono forse arrivati a convincersi che le scarpe da tennis di Richard Reid – al pari di qualunque altra scarpa futura con carica di esplosivo incorporata – non potesse comunque rappresentare un serio pericolo? O al contrario, questi europei sono semplicemente irresponsabili e corrotti, come volentieri sospettano gli americani? Interrogativi analoghi sorgono nel caso del nigeriano Umar Farouk Abdulmutallab e delle sue mutande, già in fiamme quando il regista di film pubblicitari Jasper Schuringa, scattando dalla sua poltrona a varie file di distanza, si lanciò su di lui e spense il fuoco a mani nude. Siamo tutti ammirati davanti al gesto di questo giovane, e ci chiediamo se in una situazione del genere avremmo saputo dar prova dello stesso coraggio. Ciò nondimeno, ci sia consentito chiedere come mai l´esplosivo – dello stesso tipo di quello utilizzato da Richard Reid – non ha prodotto alcuna deflagrazione. Lo scoppio ha potuto essere «sventato», come spesso scrivono i media, o c´era alla base un errore tecnico? Naturalmente, anche se fosse accertata l´innocuità della carica esplosiva indossata dall´aspirante attentatore, il coraggioso intervento di Jasper Schuringa non sarebbe in alcun modo sminuito; e in sostanza non cambierebbe neppure il giudizio sul rischio che incombeva sui passeggeri di quel volo di linea del 25 dicembre 2009. Purtroppo bisogna mettere in conto che in futuro gli attentatori troveranno un modo per portarsi addosso, insieme all´esplosivo, anche un detonatore adeguato. Ma in questo campo un´informazione completa e trasparente comporterebbe la rottura con una prassi annosa per cui le autorità preposte alla sicurezza, a fronte della gravità estrema del rischio, trattano i passeggeri come persone incapaci di intendere e di volere, e li invitano cortesemente a obbedire senza tante domande. Si potrebbe arrivare così alla considerazione – peraltro non del tutto nuova – che volare è comunque pericoloso, e che la sicurezza totale non può essere garantita. Di fatto però i suoi responsabili dispongono oggi di un´autorità pressoché assoluta, quantunque infondata, e non di rado si comportano con arroganza. A ben vedere, i cittadini che si avvalgono dei mezzi di trasporto aereo, in quanto beneficiari delle misure di sicurezza, dovrebbero avere la possibilità di esprimersi in proposito. Quanto meno, per poter dire a quali diritti sono disposti a rinunciare in nome della propria sicurezza. Evidentemente, la capacità dei responsabili di garantire l´incolumità dei passeggeri è relativa; e trova un ulteriore limite nelle ambizioni degli addetti, desiderosi di mantenere un alto profilo e di dimostrarsi indispensabili. Molto probabilmente, alcune misure di sicurezza non hanno alcun senso, e servono tutt´al più come esercizio di obbedienza. Da anni mi chiedo quali disastri potrei mai provocare su un aereo con un paio di forbicine e una limetta da manicure. Traduzione di Elisabetta Horvat Peter Schneider, La Repubblica 7/1/2010 Android NELL’ANIMA Più che l’hardware è il software il cuore di Nexus One il googlefonino che aspira a diventare un laboratorio sul web Nexus One, ovvero il googlephone per eccellenza. Già perché il nuovo smartphone, basato sul sistema operativo Android concepito in seno alla Open handset alliance guidata da Big G, e lanciato martedì scorso, al di là dei meri dati tecnici ha una peculiarità unica: è il primo prodotto hardware di massa distribuito direttamente da Google, ovvero uno dei brand più noti e forti del mondo, sinonimo stesso di tecnologia e, soprattutto, di internet. Un marchio che ha la fiducia di milioni di persone ed è considerato cool anche dal pubblico più giovane, ovvero dai ragazzi che ora si stanno trasformando in consumatori. Un brand che nel loro immaginario è più potente di qualunque altro, Apple compresa. Secondo la classifica Interbrand, Google è il settimo nome più noto e apprezzato al mondo: vale circa 32 miliardi di dollari e negli ultimi 4 anni ha messo a segno una crescita esplosiva passando dalla 38 ª posizione del 2005 e da un valore di poco meno di 8,5 miliardi di dollari. Naturale dunque ipotizzare che Google sia una sorta di nuovo Re Mida che trasforma in oro e successo quello che tocca, cellulari compresi. Il Nexus One, ovviamente non è costruito da Google ma realizzato, senza alcuna volontà di celarlo, da Htc cioè dalla casa taiwanese che ha lanciato il primo Android al mondoe che offre la più completa linea di device su questa piattaforma. Nexus (530 dollari senza sim o 180 dollari con due anni di contratto a T-Mobile) è destinato per ora agli Usa (comunque è previsto l’arrivo in Europa, è soprattutto il primo device venduto attraverso nuovo negozio online di google dedicato all’hardware ( www.google.com/phone). Il gigante di Mountain View ha aperto un nuovo fronte: non più solo search e software ma cellulari, l’ideale complemento del suo store di applicazioni che oggi vanta circa 20mila programmi disponibili e scaricabili sugli androdi di tutto il mondo. Google offrirà oltre al nuovo Nexus One tutta una serie di smartphone fuori dai canali di vendita degli operatori. Questo vuol dire che l’utente potrà scegliere liberamente quale sim mettere e quale abbonamento scegliere. Senza vincoli e restrizioni. In Italia, questo avviene regolarmente, ma all’estero e in particolare negli Usa non è così scontato riuscire ad avere un cellulare libero. Per non destare troppo le ire dei carrier delle telco mobili, Google comunque offrirà la possibilità di acquistare la sim e i servizi correlati da operatori partner. Ma torniamo al Nexus One che presenta caratteristiche di elevata cifra tecnica, tali da farlo entrare di diritto al vertice dell’emergente razza digitale dei superphone, macchine come, per esempio, il Nokia N900 o il cugino Htc Hd2 e il Toshiba Tg01. Questi ultimi due montano al pari del Nexus il processore Qualcomm Snapdragon da 1 Ghz, il più potente mai utilizzato in un "telefonino". Il sistema operativo è Android 2.1 che ha debuttato sul Motorola Droid (Milestone in Europa) e dunque presenta funzioni come la navigazione stradale " turn by turn" in linea teorica competitiva con software tipo TomTom. Ma il Nexus è, al pari di tutti gli androdi, sinonimo di internet mobile e di servizi "G" a portata di mano, anzi di polpastrello. Dalla mail alla ricerca, dall’aggregazione dei contatti della rubrica e dei social network all’ampia disponibilità di applicazioni. Il display, da 3.7" con una risoluzione di ben 480x800 pixel è ovviamente touch (in Europa dovrebbe arrivare in versione multitouch) ma se il comandoa dito non fa per voi è possibile utilizzare una tastiera a comando vocale. Utile, per esempio, per aggiornare al volo lo status di Facebook o lanciare un tweet. La dotazione è dunque al livello delle migliori macchine ed è in molti parametri nettamente superiore a quella dell’iPhone. A iniziare dalla fotocamera da 5 megapixel con flash e geottaging, per finire con la memoria espandibile con scheda Sd (fino a 32 Gb). Monta, come iPhone e Htc Hd2, un sensore di prossimità che spegne il display quando lo si avvicina all’orecchio, ma che può essereusato anche per realizzare applicazioni utili e divertenti. Mario Cianflone, Nòva 24 7/1/2010 NATO PER ESSERE CONNESSO N el 2005 Google ha acquistato una piccola azienda californiana dal nome evocativo: Android. Così è nato il sistema operativo per smartphone basato su Linux e che nel giro di un paio di anni dalla sua presentazione ufficiale è tra i principali protagonisti nel mercato dei telefonini. Merito degli sforzi di Google,che l’ha usata come viatico per rendere mobili i suoi servizi tradizionalmente basati su internet, ma anche dei produttori che ci hanno puntatoe raccolti nella Open Handset Alliance. Android è innovativo: è orientato al Web in mobilità e sfrutta le potenzialità del touchscreen. Dal punto di vista tecnologico è nato per soddisfare le esigenze dei professionisti ma ha acquisito strada facendo anche funzioni multimediali sempre più evolute. E poi vanta un marketplace secondo solo all’iPhone. A dispetto dei sistemi operativi oggi disponibili è un po’ più avanzato perché non nasce solo per un consumo passivo del Web, ma è compenetrato alla perfezione con le risorse online, tanto da richiedere una costante connessione a internet per operare a pieno regime. Ma le vere potenzialità di Android sono ancora tutte da esplorare. Windows Mobile e Black Berry sono avvisati. Luca Figini, Nòva24 7/1/2010 LA RIVINCITA DELL’OPEN SOURCE P er l’industria dei cellulari, il 2010 sarà un anno di grandi ve-rifiche: l’ascesa di Android, la riscossa di Windows, la trasformazione di Symbian. Proprio la piattaforma operativa di Nokia pare sia al capolinea, almeno per quanto riguarda gli smartphone di fascia alta. Il gigante finlandese ha compreso benissimo che con il "vecchio" non può andare molto lontano nel settore dei super cellulari, dove serve un sistema operativo "multi tasking" e "computer grade". Un sistema che però è già nelle sue corde e si chiama Maemo: basato su Linux, lo abbiamo visto all’opera nei primi dispositivi tablet di nuova generazione e ora è il cuore del super smartphone N900. Il primo produttore al mondo di cellulari non abbandonerà in ogni caso Symbian, che sarà destinato agli apparecchi per il " mass market" e ai telefonini intelligenti di fascia media e bassa. Non a caso Nokia ha riorganizzato il business mobile costituendo due divisioni: una battezzata "Smartphones" e dedicata solo ai terminali di alto livello dovrebbe puntare tutto su Linux-Maemo, l’altra denominata "Mobile Phones" e focalizzata solo sui cellulari di fascia media e bassa continuare a utilizzare la "vecchia" piattaforma. Per quanto riguarda Android, invece, le grandi potenzialità di sviluppo della domanda dei Paesi emergenti e il credito che hanno riservato a Google molti produttori e carrier hanno spinto gli analisti di Gartner a prevedere un triplo salto in avanti della sua diffusione da qui a tre anni. Nel 2012 la fetta di mercato nei sistemi operativi per smartphone di Android intorno al 15%. Il segmento più ricco del mercato mobile vedrà comunque Symbian rimanere una prima scelta con una share pari al 39% mentre Apple e il suo sistema per iPhone avrà un market share del 14% e Research in Motion e la sua piattaforma BlackBerry OS dovrebbero catturare da parte sua circa il 12% delle vendite. Se Android è una scommessa ancora tutta da vincere, la sfida che deve superare Microsoft con i "suoi" Windows Phone non è da meno: la quota di mercato negli smartphone di Windows Mobile è scesa a fine 2009 sotto il 10% e non sarà facile per il colosso di Redmond recuperare il terreno perduto. Anche perché, rilevano gli analisti, il mercato sta virando da una parte verso l’open source (Android, Maemo, Palm Os) e dall’altra sta premiando ambienti operativi molto chiusi come quelli di Apple o Rim. Microsoft sta nel mezzo e Symbian, dicono gli esperti di marketing, ha meno "appeal" per gli sviluppatori rispetto ad Android. Mario Cianflone Gianni Rusconi, Nòva 24 7/1/2010