Stenio Solinas, Il Giornale 5/1/2010, 5 gennaio 2010
Casini, il damerino dei valzer politici che fa solo giravolte La discesa in campo di Silvio Berlusconi nel 1994 è stata per i politici italiani quarantenni,di centro,didestra e di sinistra, una salvezza e una catastrofe
Casini, il damerino dei valzer politici che fa solo giravolte La discesa in campo di Silvio Berlusconi nel 1994 è stata per i politici italiani quarantenni,di centro,didestra e di sinistra, una salvezza e una catastrofe. La falce dell’anagrafeequelladiTangentopoliavevanovia viadecapitato la prima Repubblica dei suoi capi più o meno storici: vincendo, Berlusconi diede peso e potere a chi finoadalloraerarimastonelle cantine o nel frigorifero della politica e aiutò altresì la sinistra dei colonnelli a far fuori ilpropriostatomaggiore sconfitto. I quarantenni, di centro, di destra e di sinistra, si fregarono le mani: è un parvenu e ha già un’età, era il loro ragionamento, noi siamo giovani, professionisti e professionali. Tempo unalegislatura, lo rimandiamoacasaecimettiamoagiocare in proprio, al governo comeall’opposizione.Daallorasonopassatiquindicianni, i quarantenni di cui sopra hanno superato i cinquanta eancheisessantaeBerlusconi è sempre lì come una nemesi: ricòrdatiche eri polvereepolvereritornerai, politicamente parlando, s’intende... A essere nei loro panni, c’è da diventare pazzi. Fraquesti magnificiexgiovani, il più tetragono, per restare nel campo degli amici e degli ex alleati del Cavaliere, è Pier Ferdinando Casini. Se Gianfranco Fini vive un curiosocasodisdoppiamento della personalità, curioso perché non ne aveva mai avuta una, Casini si conferma l’esemplare più tipico di un democristianismo che fu. anche per questo che le accuse di tradimento o di aver cambiato casacca non lo toccano e suonano persino ingenerose: viene da un’educazione politica in cui la politica stessa cominciavae finiva nell’ambito del propriopartito.LaDemocrazia cristiana non era al servizio dell’Italia, ma l’Italia al servizio della Democrazia cristiana. per lo stesso motivo che l’attuale leader dell’Udcnon èfinitonelpartitonediBerlusconi. A differenza del conterraneo e coetaneo presidente della Camera, per il quale il partito era divenuto un peso, aggravato dal suo aver perso ogni identità, per Casini l’Udc è ciò che resta della Dc di un tempo e di quella idea della politica comepartitocrazia, dove cioè i partiti mimano le regole del governo e fanno i loro affari mentre il Paese si arrangia, come può, per conto proprio: non funziona niente, ma in cambio non si chiede niente e si chiude un occhio sul fisco, sulle raccomandazioni, sul menefreghismo pubblico e privato. Viene da lì anche la strategia (lo so, il termine è impegnativo... ) che allora si chiamava «dei due forni» e che adesso brillantemente, diciamo così, è stata definita del «rifiuto bipolare». La Dc d’antan stava al centro, ora pendevaadestra,orapendeva a sinistra, faceva alleanze locali diuntipo, alleanze governative diun altro... L’Udc intendefare lo stesso,ma,dice Casini, non per un bieco calcolo di potereedi clientele, bensìperchéessendocontrario alla logica di un’Italia divisa in due blocchi non vuole sceglierne uno al posto di un altro. Detto così avrebbe anche un senso, non fosse che, quando nacque, l’Udc giurò per bocca del suo leader che mai si sarebbe schiodata dal centrodestra, che ha appena un 5,6 per cento nazionale e che a livellolocalerischia dicontare quanto il due di coppe nel gioco della briscola. Proprio perché il suo è un partito minuscolo, Casini non lesina le dichiarazioni roboanti. Alla vigilia delle ultime elezioni, parlò di Grande Coalizione, come se i due giganti che si fronteggiavanoavessero bisogno di quel pigmeo che si agitava nel mezzo... Pochi mesi fa tornò sul temae parlò addirittura di un Comitato diliberazionenazionalepersalvare l’Italia dalla ingordigia delCavaliere.Subito dopo andò al mareconlafamiglia e la cosa finì lì. Il sogno di Casini è, si sa, il Grande Centro. A differenza di Fini, che adesso ha molte idee, ma confuse, Casini ne ha sempre avuta una sola, ma chiara: essere il leader del proprio partito e gestire la politica come una sorta di minuetto in cui si cambia la dama,manessunoresta fuori più di un giro. Si governa a turno, insomma, e magari con delle belle coalizioni si governa,di volta involta, tutti insieme. un’idea che con il Cavaliere operante è impossibile, ma senza avere la palla di cristallo, sarebbe di difficileattuazioneancheun domani, qualora cioè venisse meno il collante da una parte, ovvero il berlusconismo, e il reagente dall’altra, cioè l’antiberlusconismo. Difficile nel senso della politica vera, quella degna di questo nome, quella che disegna scenari, realizza progetti, lavoraperil futuro, crede in una certa idea del proprio Paese. Qui siamo invece alla più pura, alla più classica eavolteallapiùcomicapoliticapoliticante, dove ciò che interessa sono i posti ottenuti, i favori resi, le tessere contate, le aziende presidiate, gli incarichi ministeriali e insomma quelle cose lì, roba cheilcentrismodemocristiano ha macinato per mezzo secolo e che è entrato nel Dna dei suoi cultori. Il problema è che tra unlustro Casini avrà sessant’anni, la nuova classe del suo partito comincerà a scalpitare contro di lui, e insomma, fama= fumus, homo=humus, finis= cinis e chi, come lui, nella sua vita ha masticato quel tanto che basta di parrocchiaediincensocapiscesenza bisogno di traduzione.