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 2010  gennaio 06 Mercoledì calendario

2.2 - LA "RIVOLUZIONE" SCOLASTICA




La Dominus ac Redemptor

Il papa Clemente XIV, con il breve Dominus ac Redemptor del 21 luglio 1773, soppresse la Compagnia di Gesù, fondata da Ignazio di Loyola nel 1538 e approvata da papa Paolo III nel 1540, diffusa in molte parti del mondo soprattutto attraverso i numerosi collegi (120 in Italia) e altre attività educative (significativo fu l’impegno come precettori presso i privati) e pastorali.

I gesuiti erano già stati scacciati dal Paraguay, accusati di sobillazione nella rivolta contro il ministro Sebastiano Giuseppe Carvalho di Pombal, che era in lotta con gli indiani per il possesso di metalli preziosi; dal Portogallo nel 1759 sotto l’accusa di aver ordito una congiura contro il re; dalla Francia nel 1762 su istigazione del ministro Choiseul; dalla Spagna nel 1767 incolpati di essere i sobillatori di una rivolta popolare e quindi imbarcati verso gli Stati Pontifici; dal regno di Napoli nel 1767; dal ducato di Parma nel 1768. Sul loro conto circolavano diverse accuse, a volte diffuse ad arte e calunniose, tanto che la loro soppressione diventava quasi una conseguenza ineludibile per la pace all’interno della Chiesa e nei rapporti con gli altri Stati. Erano accusati di aver fondato nell’America del sud uno stato contro i domini di Spagna e Portogallo "sotto il Santo pretesto della conversione delle Anime" e di aver diffuso col loro assoluto monopolio fra gli indigeni "assiomi tanto contrarj alla Società Civile"[50].

A Lugano una Raccolta di varie scritture e documenti sugli affari presenti dei PP. Gesuiti del 1761, riguardante la loro condotta in varie parti del mondo cattolico, contiene una Memoria, ed avvisi per rendere i Gesuiti utili, o sopportabili in Francia, risalente al 1814, in cui si afferma che essi "avendo intrapreso ad insegnare, ed educare la gioventù, predicare, confessare et, non senza apparenza di profitto, non hanno potuto far tanto, che non si siano renduti giustamente sospetti agli stati temporali della Cristianità, non solo per li loro portamenti in Francia, in Inghilterra, in Venezia ecc., quanto per gli scritti che mandano ogni giorno alla luce sopra le persone dei Re, e il temporale de’ loro Regni. Inoltre pel grande accrescimento di questa Compagnia, che fa paura, non senza ragione, a’ Principi medesimi. A questo gran numero, e all’essersi sparsi per tutto il Mondo, s’aggiunge la grande unione, e l’accordo tra loro, e il sostenersi tutti scambievolmente; talmenteche qualunque libro faccia uno di loro, per quanto pessimo egli sia (di che ce ne son troppi esempi) nessuno di loro l’ha impugnato". La Memoria illustra allora alcuni rimedi, fra cui, quello di far loro cambiare il nome perché Compagnia di Gesù sembra accennare ad un "orgoglio nascosto"; di nazionalizzare i membri, in modo che in Francia comandi un francese e sia soggetto al re; di sottoporli al jus comune togliendo i privilegi e le esenzioni; di togliere il quarto voto di "special sottomissione al Papa" e di abiurare ai dogmi che riguardano la dottrina del regicidio[51].

Si può davvero parlare a proposito dei Gesuiti del ’700, di una sorta di mito negativo che di fatto dipingeva la Compagnia come la responsabile di ogni corrompimento politico e religioso, soprattutto a causa del monopolio scolastico e dei metodi educativi[52]. E il mito negativo continuò anche nel secolo seguente, tanto che ancora nel 1874 E. Celesia, nella sua Storia della pedagogia in Italia, dedica una decina di pagine all’opera dei Gesuiti in cui poche sono le espressioni positive. "Qual fosse la loro pedagogia altri già divisarono, riassumendola in questa sentenza: dare la maschera della scienza all’ignoranza, quella dell’ignoranza alla scienza […]. La Compagnia, fatta arbitra ovunque del costume, la scienza non oppugnò, ma disertò dal retto sentiero; fè eunuche le lettere, quando non poté atteggiarle a strumento di tirannide; ai principi predicò l’ubbidienza, ai popoli il regicidio"[53].

Il papa Clemente XIV, nel documento di soppressione del 1773, dopo aver ribadito la responsabilità della propria missione e le proprie funzioni ("Noi per Decreto Divino siamo stati stabiliti sopra le Nazioni e sopra i Regni, acciocché nella coltivazione della vigna di Sabaoth, e nella conservazione dell’edifizio della Cristiana Religione, di cui Cristo è la pietra angolare, Noi svelliamo, distrugghiamo, disperdiamo, dissipiamo, edifichiamo e piantiamo"), ricorda il compito degli ordini regolari, fondati per il bene e la felicità della Chiesa, "in tutti i tempi singolarissimo ornamento, presidio e vantaggio a tutta quanta la Chiesa". L’apostolica sede li ha quindi protetti, ma "quando che sia egli avvenuto, che da qualcheduno degli Ordini Regolari, o non ricevessero più dal popolo Cristiano quegli ubertosi frutti, e quei desiderati vantaggi, ai quali erano stati già istituiti o sivvero sembrati sia, che eglino piuttosto recassero danno, e a perturbare, anzi che a vantaggiare la pubblica tranquillità fosser disposti", non ha esitato a sopprimerli.

Il papa enumera quindi le altre soppressioni avvenute nel corso della storia da parte dei suoi predecessori, dato che la "soverchia varietà degli Ordini regolari induceva nella Chiesa di Dio assai confusione", nonostante che Innocenzo III avesse proibito nel Concilio Lateranense IV di fondarne degli altri.

I predecessori, ricorda il papa, "procurarono di risolvere tutto l’affare, senza che dessero il permesso, e la facoltà agli Ordini Regolari destinati alla soppressione, di sperimentare le loro ragioni, e di purgarsi dalle accuse gravissime, o di frastornare le cagioni per le quali ad intraprendere sì fatte risoluzioni, eransi indotti". Nella Compagnia di Gesù, istituita da Ignazio di Loyola "alla salute dell’Anime, alla conversione degli Eretici, finalmente al maggiore avanzamento della Pietà, e della Religione", nonostante la liberalità, le munificenza di molti papi e i moltissimi privilegi di cui godeva "quasi fin dal suo bel principio pullularono, diversi semi di discordie, e di contenzione non solo tra i Socj medesimi, ma anche con gli altri Ordini Regolari, col Clero Secolare, Accademie, Università, Scuole pubbliche di Lettere, e sin con gl’istessi Principi, nelli Stati de’ quali era stata ricevuta la Società". Da qui i molti ricorsi contro la Compagnia, i richiami e le conferme da parte dei papi, e le "inquietissime dispute circa la dottrina della Società, la quale come contraria alla Fede Ortodossa, e ai buoni costumi venne da moltissimi accusata; si accesero ancora le domestiche, e l’esterne discordanze, e sempre più frequenti si fecero contro di quella le accuse singolarmente contro la soverchia cupidigia delle ricchezze terrene, dalle quali cose trassero origine non solo quelle turbolenze a tutti note, che tanto afflissero, e molestarono la Sede Apostolica, ma anche le risoluzioni prese da alcuni Principi contro la Compagnia".

Nonostante alcune limitazioni imposte alla Compagnia, "i tempi avvennero assai difficili, e più turbolenti. E vaglia in vero i cresciuti ogni giorno più grandi clamori, e le querele, anzi insorte in qualche luogo pericolosissime sedizioni, tumulti, discordie, e scandali" tanto che "i nostri carissimi Figliuoli in Cristo Regi di Francia, di Spagna, di Portogallo, e delle Due Sicilie, sono stati obbligati a licenziare affatto, e discacciare i Socj dai loro Regni, Stati e Provincie". Considerando quindi che la Compagnia di Gesù "non poteva oggimai produrre quegli ubertosissimi, ed amplissimi frutti, e vantaggi ai quali era stata istituita […] ma anzi con grandissima difficoltà o in nissun modo poter essere, che rimanendo quella in piedi si restituisca alla Chiesa una vera, e durevol pace", "con ben maturo Consiglio, di certa scienza, e con la pienezza dell’Apostolica Potestà estinguiamo, e sopprimiamo la già detta Compagnia. Tolghiamo, ed arroghiamo tutti, e singoli gli Uffizi di lei, i Ministerj, e le Amministrazioni, le Case, le Scuole, i Collegi, gli Ospizj, e qualunque altro luogo esistente in qualsivoglia Provincia, Regno, e Signoria, e in qualunque modo alla medesima appartenente"[54].

Gli appartenenti all’Ordine, che avevano fatto solo i voti semplici, erano obbligati dal pontefice ad allontanarsi dalle case e dai collegi, "per essere in libertà di scegliere quella maniera di vita, la quale giudicheranno essi più adatta nel Signore alla vocazione, alle forze e alla coscienza di ciascheduno"; coloro che avevano ricevuto gli ordini sacri erano liberi di rifugiarsi sotto la protezione di un altro ordine o di rimanere nel secolo come preti e chierici.

La decisione di scioglimento coglieva di sorpresa gli addetti alle numerose attività istruttive ed assistenziali a cui si dedicavano i gesuiti. "Vogliamo di più, che se alcuno di loro che professavano l’Istituto della Compagnia, eserciti l’uffizio, d’insegnare le Lettere alla gioventù, o faccia da Maestro in qualche Collegio, o Scuola, rimossi tutti quanti essi sono dal Governo, amministrazione, e direzione, si conceda solamente facoltà, e comodo d’insegnare a quelli, i quali dimostrano qualche segno di sperar bene delle loro fatiche, e purché si dimostrino alieni da quelle dispute, e capi di dottrina che, o per la rilassatezza, o per la frivolezza, sogliono cagionare, e risvegliare gravissime dispute ed inconvenienti; né mai per alcun tempo si ammettano a questo Uffizio di insegnare, o si permetta, che vi perseverino, se attualmente vi sono, quegli i quali non conserveranno a tutta possa la quiete delle scuole, e la pubblica tranquillità"[55].

La decisione del papa, inattesa ma non del tutto perché preceduta da lunghe polemiche contro la Compagnia e dalla sua già avvenuta cacciata da parte di alcuni governi, lasciò scoperta in molti comuni l’istruzione media superiore[56]. La Dominus ac Redemptor diede l’occasione allo Stato di intervenire direttamente nell’istruzione, anche se da tempo studiosi e funzionari ne avevano preparato il terreno. La cultura settecentesca ribadiva infatti la necessità dell’impegno statale in tale campo e i principi illuminati se ne erano interessati ancor prima della soppressione dei gesuiti, avendo un concetto dello stato a forma piramidale, al culmine del quale il principe, avendo di mira la felicità dei sudditi, distribuiva gli incarichi e la cultura necessaria ai suoi sudditi. Inoltre mentre le scuole dei gesuiti non si interessavano delle scuole del popolo, o basse, in cui si insegnava a leggere e scrivere, lasciate in balia di se stesse, in mano ai privati o ai comuni o a qualche altra congregazione, in alcuni stati italiani, soprattutto nella Lombardia austriaca, sotto l’influsso delle nuove idee di stampo illuministico provenienti d’oltralpe, si notava un movimento riformatore e un’attenzione maggiore verso il popolo che sarebbe sfociata in una profonda riforma scolastica, con l’utilizzo dei fondi di varie confraternite ed ordini religiosi.

Già a Napoli il 3 novembre 1767 tutti gli edifici appartenenti alla compagnia di Gesù erano stati occupati dagli ufficiali del re, il quale il 28 luglio 1769 poteva affermare: "Dalle nostre cure paterne, dopo la giusta e necessaria espulsione da’ nostri dominii della Compagnia che dicevasi di Gesù […] sono nate le pubbliche scuole e i collegi gratuiti per educare la gioventù povera nella pietà e nelle lettere; i conservatorii per alimentare ed ammaestrare ne’ mestieri gli orfani e le orfane della povera plebe; i reclusorj per i poveri invalidi e per i validi vagabondi, che togliendosi dall’ozio, ond’erano gravosi e perniciosi allo Stato, si rendono utili con l’istruirsi alle arti necessarie alla società; il sollievo alle comunità col rilascio delle annue prestazioni che facevano agli espulsi per le scuole; l’ajuto alle genti della campagna con la divisione di vasti territori a piccioli censi e le tante altre opere pubbliche fatte, o che si vanno disponendo dopo le prime, del culto divino e degli esercizi della religione"[57]. Il re poteva quindi proclamare la laicità della scuola e la potestà sovrana sul suo ordinamento e nel 1770 poteva dar vita a scuole minori, cioè quelle limitate "alle cognizioni del leggere e dello scrivere, dell’abaco e dei rudimenti del latino"[58].

[50] Relazione brieve della repubblica che i religiosi Gesuiti delle provincie di Portogallo, e di Spagna hanno stabilito ne’ dominj oltremarini delle due monarchie, e della guerra, che essi hanno mossa, e sostenuta contro gli eserciti Spagnoli, e Portoghesi, Lisbona-Siena, 1758, p. 11). Una descrizione positiva dell’apostolato dei Gesuiti in quei territori d’oltremare è contenuta nel libro di L.A. MURATORI, Il Cristianesimo felice nelle Missioni de’ Padri della Compagnia di Gesù, G. Pasquali, Venezia, 1743.

[51] Raccolta di varie scritture e documenti sugli affari presenti dei PP. Gesuiti, Lugano, 1761, a spese di G. Bettinelli, Venezia, pp. 61 e s.

[52] A. BIANCHI, Scuole e lumi in Italia nell’età delle riforme (1750-1786), La Scuola, Brescia, 1996, p. 28.

[53] E. CELESIA, Storia della pedagogia in Italia, Paolo Carrara, Milano, 1874, pp. 35-44. "S’ingegnano di sostituire con mirabile disinvoltura alla cosa effettiva una semplice apparenza, riducendo l’eloquenza in gallozzole, l’erudizione in quisquilie, la scienza in superficie, e tutta l’enciclopedia in pelle, sena polpa né ossa". "I metodi reputati da’ Padri come i più dicevoli all’istruzione che divisarono, erano: l’emulazione, la spiagione, i castighi". "L’educazione del collegio restò distinta da quella che dovea poi riceversi nel mondo: si vollero letterati piuttosto che cittadini; spiriti colti, anziché uomini dabbene; latinisti, poeti, più che buoni magistrati, buoni artieri, buoni padri di famiglia". "In man de’ Gesuiti fu volto a strumento di dominazione il tirocinio, e moralmente uccisa del pari la gioventù delle scuole".

[54] Clemente XIV incaricò i singoli vescovi di pubblicare il breve e metterlo in esecuzione in ogni casa separatamente, prendendo possesso di tutti i beni mobili e immobili in nome del papa. In questo modo evitò che i vari governi incamerassero direttamente i cospicui beni dei Gesuiti. In Prussia e in Russia, Federico II e Caterina II proibirono la pubblicazione del breve e la Compagnia di Gesù poté sussistere legalmente. Al momento della soppressione la Compagnia di Gesù contava 22.589 religiosi.

[55] CLEMENTE XIV, Dominus ac Redemptor, 21 luglio 1773, versione latina e traduzione italiana, in ASVr, Comune registro, n. 545, pp. 32.

[56] "Tutti i dati di cui disponiamo convergono del resto nell’indicare che la soppressione, attuata dappertutto senza che si manifestassero reali resistenze da parte delle autorità locali e della popolazione, fu preceduta da un progressivo deterioramento del prestigio di cui godevano i Gesuiti come educatori"(G. ANGELOZZI, op. cit., p. 65).

[57] E. CELESIA, op. cit., p. 111. E Colletta scriveva: "Ogni comunità salaria maestri di leggere, scrivere, e d’abbaco(…) Era allora pubblico l’insegnamento: i professori eletti per pubblico esame".

[58] F. DE VIVO, L’istituto dell’obbligo scolastico. Origine, problemi (1750-1858), Liviana, Padova, 1963, p. 60.