Angelo Mincuzzi, Il Sole-24 Ore 5/1/2010;, 5 gennaio 2010
QUEI CINQUE EMIRATI A MISURA DI PICCOLA IMPRESA
Sharjah è lì, oltre la grande discarica che segna il confine a est di Dubai. Si supera il cavalcavia sulla Emirates Road e i suoi grattacieli si materializzano all’improvviso. Nessun confine, niente che annunci l’ingresso in un altro stato, solo un cartello sul ciglio della strada e quell’aria arabeggiante della città. La sagoma del Burj Khalifa, il grattacielo più alto del mondo con i suoi 828 metri di altezza, è ancora visibile voltando la testa, e lo sarà per altri 90 chilometri sull’autostrada che attraversa i sette emirati della federazione. La sua ombra è quasi un monito per Sharjah. E per Ajman. Per Umm Al Quwain. Per Ras Al Khaimah e per la più lontana Fujairah, laggiù, oltre lo Stretto di Hormuz. Il monito di chi, con la sua fama e con il suo irre-sistibile boom, ha oscurato i cinque fratelli minori, che della ricchezza di Dubai hanno raccolto soltanto le briciole.
Sharjah , Ajman , Umm Al Quwain , Ras Al Khaimah e
Fujairah fanno insieme il 12% del Pil degli Emirati arabi uniti (Eau), un’inezia rispetto al 55,7% di Abu Dhabi e al 32,3% di Dubai, eppure negli ultimi anni hanno attratto imprese straniere, sviluppato le loro zone franche, investito in infrastrutture e costruito palazzi e alberghi per attirare turisti. Ma restano nomi sconosciuti. Piccoli puntini sulle cartine geografiche e, spesso, niente più. «Eppure – suggerisce Diego Pesciatini dello studio legale associato De Masi, Taddei, Vasoli, da anni è presente negli Emirati – gli imprenditori italiani possono catturare questo sviluppo. Dubai e Abu Dhabi vedono una concorrenza spietata di imprese di tutto il mondo. Negli emirati più piccoli ci sono più spazi, i progetti sono più alla portata di aziende tra i 50 e i 150 milioni di fatturato come le piccole e medie imprese italiane».
A Sharjah e Ajman, gli emirati più vicini a Dubai, le differenze non sono solo teoriche. Sono più bassi i prezzi degli affitti, quelli per acquistare un terreno o un capannone industriale. Più basso è anche il costo del lavoro. «A Sharjah e a Ras Al Khaimah ci sono aziende italiane che hanno scelto questi emirati come quartier generale – dice Lorenza Gazzola, consulente con base a Dubai ”. A Jebel Ali, la zona franca di Dubai, trovare un terreno libero è difficilissimo e per aprire una società occorre un capitale sociale minimo di 100- 200mila euro, interamente versato. A Sharjah e a Ras Al Khaimah ne bastano 10mila».
In termini di Pil, Sharjah è il terzo emirato più importante, con il 7,7% del Prodotto interno lordo della federazione, ma è anche il più integralista, il meno liberale per ciò che riguarda i costumi. Lo si nota anche girando per le strade. Eppure è strategicamente vicino a Dubai e sono migliaia gli stranieri che l’hanno scelta come residenza per via dei prezzi più bassi. Nella sua zona franca, la Hamriyah Free Zone, ci sono tre aziende italiane, e tra queste la Saipem.
Si prosegue sulla Emirates Road e si arriva ad Ajman. Dopo l’esplosione dello scandalo delle truffe immobiliari, la famiglia reale ha deciso un giro di vite per regolamentare il settore edilizio. Ha istituito un registro al quale le imprese devono obbligatoriamente iscriversi e sta cercando di aiutare i truffati a rientrare in possesso dei loro investimenti. I cartelli che reclamizzano le città fantasma sono ancora visibili lungo l’autostrada, ma sulla costa – dove il venerdì i ragazzi giocano a pallone sulla spiaggia e le famigliole pranzano sotto le palme – i lavori non si sono mai interrotti e i grattacieli continuano a crescere. Vicino al porto e al piccolo pozzo di estrazione del gas c’è la zona franca che nei progetti della famiglia reale dovrebbe accogliere 600 imprese. In realtà non è mai decollata del tutto. E il perché lo spiega Pesciatini: «Le zone franche permettono alle imprese di avere un capitale al 100% straniero, ma non consentono di lavorare in territorio emiratino. Sono più diffuse le società con un partner o uno sponsor locale. E se il socio arabo è un membro della famiglia reale, si hanno più possibilità di fare affari».
Affari per le piccole imprese, perché Ajman è l’emirato più piccolo della federazione. Maa Ras Al Khaimah, qualche chilometro più in là, il mare e le montagne hanno alimentato uno sviluppo turistico che sta crescendo lentamente. Aziende italiane stanno costruendo un hotel a settestelle.«Ma è un’eccezione – spiega Corrado Chiarentin, Ceo della società di consulenza Rois, dal 1992 a Dubai – vero che negli altri emirati i prezzi sono più concorrenziali, ma è altrettanto vero che i progetti di sviluppo di Dubai non sono paragonabili a quelli di nessun altro emirato». Sarà. Ma la crisi dei debiti un effetto lo ha avuto: ora i riflettori si accendono sui cinque emirati a misura di piccola impresa.
Nella scia di Abu Dhabi
Il Pil degli Emirati a prezzi correnti.
Milioni di dirham
2008
Paese Valore %
Abu Dhabi 519,921 55,7
Dubai 301,485 32,3
Sharjah 71,994 7,7
Ras Al Khaimah 15,895 1,7
Ajman 11,549 1,2
Fujairah 9,843 1,1
Umm Al Quwain 3,576 0,3
Totale Eau 934,263 100
Fonte: Uae, Ministry of Economy