Russo Giovanni, Corriere della Sera, 4 gennaio 2010, Pagina 25., 4 gennaio 2010
Si riapre il dibattito sull’ «incompreso romanzo» di Stefano D’ Arrigo Spesso mi rimprovero di non essere riuscito a far comprendere la sua grandezza «Spesso mi rimprovero di non essere riuscito a far comprendere la grandezza di un gigante come Stefano D’ Arrigo
Si riapre il dibattito sull’ «incompreso romanzo» di Stefano D’ Arrigo Spesso mi rimprovero di non essere riuscito a far comprendere la sua grandezza «Spesso mi rimprovero di non essere riuscito a far comprendere la grandezza di un gigante come Stefano D’ Arrigo. Se si legge Joyce, non si può non leggere Horcynus Orca. Purtroppo, nonostante i miei sforzi, anche in Italia solo in pochi hanno letto questo capolavoro». Così rispondeva il grande critico inglese George Steiner in un’ intervista al «Corriere della Sera» dell’ aprile dello scorso anno a Nuccio Ordine, che gli chiedeva se avesse qualche rimpianto su quello che non era riuscito a far conoscere come critico letterario. Steiner non solo definisce il romanzo di D’ Arrigo «la risposta europea a Moby Dick», ma si chiede «come può essere che un libro che trasforma il panorama interiore rimanga oscuro e in larga misura non letto». Emilio Giordano con il suo volume Femmine folli e malinconici viaggiatori. Personaggi di "Horcynus Orca" e altri sentieri, pubblicato da Edisud Salerno (pp. 327, 22), colma quindi un vuoto, offrendo un bilancio della vicenda critica e del dibattito che dal momento della sua pubblicazione fino a oggi si è sviluppato attorno allo scrittore siciliano (1919-1992) e a questo romanzo a cui egli si è dedicato per anni, come testimoniato da altri due volumi apparsi nell’ 84 e nell’ 89. Giordano traccia il panorama degli interventi di scrittori e critici che hanno dedicato a Horcynus Orca i loro studi: fra questi Matteo Collura, Giuliano Manacorda, Antonio Moresco, fino a Walter Pedullà (che nel saggio L’ infinito passato di Stefano D’ Arrigo cita i nuclei principali di questo grandioso romanzo marino) e a Giuseppe Pontiggia (il quale sottolinea il legame tra l’ eroe del romanzo, il marinaio ’ Ndrja, l’ Ulisse di Omero e quello moderno di Joyce). Giordano ricorda, inoltre, che D’ Arrigo si rammaricava delle incomprensioni dei critici. «Sono in anticipo o sono in ritardo?» si chiedeva all’ uscita del libro, dopo vent’ anni di lavoro. «Non mi importa farmi trovare dove e quando si aspettano che sia. Se ho indovinato la direzione mi raggiungeranno. Sono impaziente, ma sono sempre paziente: aspetto la risposta del tempo». Tra gli studiosi che hanno mostrato una più matura attenzione critica ci sono Primo Levi, che nella sua Ricerca delle radici scrive: «Non mi stanco di rileggerlo, e ogni volta è nuovo, lo sento internamente coerente, arte e non artificio» e Claudio Magris, per il quale «Horcynus Orca racconta la totalità seducente dell’ esistenza e del mare». Il saggio di Giordano è di grande interesse perché affronta il romanzo da diverse angolature: la sua lenta e difficile elaborazione, la descrizione del meccanismo narrativo, la peculiarità della prosa e della lingua, ma soprattutto gli straordinari personaggi che rimangono nella memoria dei lettori: gli spiaggiatori, i «pellisquadre di Cariddi», le donne con le loro stranezze e la loro follia che si nasconde dietro le maschere più diverse. Molto intrigante è il parallelo con La Storia di Elsa Morante, a cui Giordano dedica un capitolo nel quale chiarisce somiglianze e differenze facendo rivivere l’ atmosfera degli anni Settanta, quando entrambe le opere apparvero, e paragona il protagonista della Morante, Useppe, a quello di D’ Arrigo, il marinaio ’ Ndrja, ma rileva la diversità dei due romanzi: quello della Morante che ripropone il tempo e i valori del grande romanzo dell’ Ottocento e quello di D’ Arrigo proiettato verso l’ avanguardia. Giordano inoltre sottolinea come D’ Arrigo stesso sia stato un caso per i modi e i tempi della creazione della sua opera: «Aveva spezzato ogni legame con il mondo esterno, quasi recluso nella sua prigione di carta». Venti anni di continue perplessità e continue riscritture del testo profondamente sofferte, una dedizione assoluta da parte di uno scrittore che lavora fino a 14 ore al giorno, nutrendosi soprattutto di babà al rum e granita al caffè. Si parla anche del ruolo dell’ editore Arnoldo Mondadori, convinto della grandezza di Horcynus Orca: «Veniva offerto al mercato editoriale come parte non separabile dal vero e proprio romanzo anche un altro romanzo, quasi un romanzo parallelo, dove protagonista era proprio D’ Arrigo, la sua leggendaria figura di scrittore fuori dal tempo, con le sue malattie e la sua dedizione assoluta ai segreti celati nella parola scritta». Il libro di Giordano arriva, quindi, in un momento in cui le polemiche che si svilupparono quando il romanzo di D’ Arrigo fu pubblicato si sono sopite e c’ è l’ atmosfera adatta per riscoprirlo. Oggi si discute in modo confuso dell’ importanza dei dialetti, un dibattito che ha un colore politico più che culturale. Coloro che vogliono riproporre i dialetti, attribuendo loro la dignità di una lingua, ignorano però una delle poche opere letterarie che, partendo dal dialetto siciliano, approda ad una lingua letteraria nazionale unica e inimitabile. Grazie a questo saggio, pare sia giunto il momento di riproporre il «caso D’ Arrigo». La casa editrice Rizzoli ha dato avvio dal 2003 alla ristampa dell’ intera sua opera, un’ iniziativa editoriale che porterebbe alla chiusura di un caso insoluto con la definitiva riscoperta di uno dei maggiori scrittori del Novecento. RIPRODUZIONE RISERVATA 1975 Il successo di copie L’ altolà dei critici Horcynus Orca di Stefano D’ Arrigo (foto Effigie) uscì da Mondadori nel 1975. Il lancio pubblicitario fu senza precedenti con buoni risultati di pubblico (ma non di tutta la critica) anche se, forse, inferiori alle aspettative: il libro vendette 50mila copie nella prima edizione e 30mila nella successiva, 25mila nella prima edizione economica (del 1982) e 20mila nella seconda economica. Nel 2003 Horcynus Orca è stato riproposto da Rizzoli (pp. XXX-1.095, 25). Russo Giovanni Pagina 25 (4 gennaio 2010) - Corriere della Sera