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 2009  novembre 09 Lunedì calendario

Anno VI - Duecentonovantaseiesima settimanaDal 2 al 9 novembre 2009Crocefissi La Corte europea dei diritti dell’uomo non vuole che alle pareti delle nostre aule scolastiche sia appeso il crocefisso e ci intima perciò di staccarlo

Anno VI - Duecentonovantaseiesima settimana
Dal 2 al 9 novembre 2009

Crocefissi La Corte europea dei diritti dell’uomo non vuole che alle pareti delle nostre aule scolastiche sia appeso il crocefisso e ci intima perciò di staccarlo. Il nostro governo, cioè il ministro Gelmini, ha presentato ricorso. Tutta la procedura, con tanto di sentenza definitiva, dovrebbe concludersi entro sei-nove mesi. Tenere presente che: l’Unione europea non c’entra niente; se il ricorso sarà respinto, la sentenza ci obbligherà a lasciar vuote le pareti, contrariamente a quello che dice Berlusconi. La Corte europea dei diritti dell’uomo opera nell’ambito del Consiglio d’Europa, istituito nel 1949 e formato dai 47 stati che hanno firmato la Convenzione dei diritti dell’uomo. La Corte ha il compito di stabilire se qualcuno dei 47 Stati contravviene alla Convenzione e per far questo adopera quattro sezioni, ciascuna formata da sette membri. Una di queste sezioni ha emesso la sentenza relativa al crocefisso, esaminando il ricorso presentato da una madre italiana di origine finlandese. Costei non voleva che nella classe dell’istituto di Abano Terme frequentato dai figli ci fosse la croce a turbare le loro coscienze. La Corte le ha dato ragione: «La presenza del crocefisso, che è impossibile non notare nelle aule scolastiche, potrebbe essere facilmente interpretata dagli studenti di tutte le età come un simbolo religioso. Avvertirebbero così di essere educati in un ambiente scolastico che ha il marchio di una data religione. Tutto questo potrebbe essere incoraggiante per gli studenti religiosi, ma fastidioso per i ragazzi che praticano altre religioni, in particolare se appartengono a minoranze religiose o sono atei. Inoltre la Corte non è in grado di comprendere come l’esposizione, nelle classi delle scuole statali, di un simbolo che può essere ragionevolmente associato con il cattolicesimo, possa servire al pluralismo educativo che è essenziale per la conservazione di una società democratica così come è stata concepita dalla Convenzione europea dei diritti umani, un pluralismo che è riconosciuto dalla Corte costituzionale italiana». Se la sentenza sarà confermata anche in ultima istanza, l’Italia sarà tenuta ad obbedire, anche se è già chiaro che non lo farà: non sarà la prima disposizione della corte disattesa dall’Italia e l’Italia non sarà il primo dei 47 Paesi convenzionati a far di testa sua. Altro equivoco da sgomberare: il Concordato, su questo argomento, non dice una parola. L’abitudine di arredare la classe col crocefisso risale a una legge Lanza del 1857, poi finita in una serie di disposizioni amministrative che risalgono agli anni Venti. Da allora è sempre stata oggetto di circolari ministeriali, quindi estranea anche agli ambiti propri della nostra Corte costituzionale. Reazioni politiche prevedibili: indignazione del centro-destra, plauso di radicali e sinistra-sinistra, prudenza del Partito democratico.

Santanché Uno strascico curioso alla pronuncia di Strasburgo si è registrato domenica, durante il programma Buona domenica con Barbara D’Urso su Canale 5. Daniela Santanché, chiamata a discutere con vari personaggi di questa e di altre faccende religiose, ha spiegato che «Maometto era poligamo e l’ultima delle sue mogli aveva appena nove anni. In Arabia saudita danno le bambine agli sceicchi. Chi sposa una bambina di 9 anni nella mia cultura è un pedofilo, Maometto è un pe-do-fi-lo». L’imam Shwaima, che intanto gridava «Zitta, parliamo di cose serie, non delle sue schifezze», s’era appena pronunciato sulla faccenda del crocefisso: «Sono qui per dire che Cristo per noi è uno dei cinque profeti maggiori e noi lo rispettiamo, come rispettiamo il crocefisso, pur ritenendolo un falso storico. Mai pensato che debba essere tolto dalle scuole. Mai chiesta una cosa del genere».

Mani Il mistero di Carla Molinari, un’ex tipografa di 82 anni, senza marito né figli, a cui qualcuno ha prima tagliato la gola, quasi decapitandola, e poi reciso di netto le mani. In Cocquio Trevisago, provincia di Varese, il pomeriggio di venerdì 6 novembre. Nella villetta in cui viveva Carla sono stati anche trovati quattro mozziconi di sigaretta di marche diverse, quasi sicuramente portati da fuori dato che in tutto l’appartamento non s’è trovata una briciola di cenere, banconote estratte dal portafoglio e sparpagliate sul tavolo in cucina, tre ricevute postali. I gioielli che non aveva infilati alle dita erano al loro posto. Dunque il movente non può essere una rapina, anche se i soldi devono entrarci in qualche modo. Carla era piuttosto benestante, possedeva titoli per 250 mila euro, tre boschi, un pezzetto di terreno agricolo e un bel prato.

Influenza I morti da suina sono fino a questo momento 32, su un universo di 700 mila contagiati. Dunque una percentuale molto più bassa di quella relativa all’influenza normale, che l’anno scorso ha provocato 8.000 morti. Il grande dilemma che attraversa tutte le famiglie è se vaccinarsi o no. Molti medici sono contrari e si astengono, lo stesso Berlusconi non si vaccinerà per la ragione che, alla sua età, è certamente immune, le due categorie più a rischio – i bambini e le donne incinta – diffidano perché il vaccino non è stato sufficientemente testato. La conseguenza di questi atteggiamenti, forse giustificati, è che un’enorme quantità di vaccini rischia di restare inutilizzata. Vale a dire: una montagna di soldi (184 milioni di euro) buttata dalla finestra, a solo beneficio della Novartis, l’azienda che ci rifornisce dell’antiinfluenzale. Ma altre valutazioni ricordano che senza vaccino ci sarebbero più ricoveri in ospedale, con costi più alti. In ogni caso: paura e confusione abbondano. Al Niguarda di Milano, preso d’assalto, dicono che «una visita su cinque è di pazienti che temono di avere il virus H1N1. Dal 15 ottobre ne arrivano quasi 300 al giorno; rispetto allo stesso periodo del 2008 le visite ai bambini sono raddoppiate, quelle agli adulti in crescita costante (più 10%). Ma solo il 15% viene ricoverato. Il resto del viavai è da imputare soprattutto alla paura».

Ocse L’Ocse sostiene che siamo il Paese con più chance di ripresa entro i prossimi sei mesi. La prestigiosa organizzazione elabora ogni anno un super-indice e stavolta ha assegnato all’Italia la valutazione più alta: di qui a giugno ci espanderemmo del 10,8%, contro l’8,4% della Francia, il 7% di Cina e Regno Unito, il 5,7% della Germania. Anche se qualche volta in passato queste profezie sono poi state smentite dai fatti, qualche elemento concreto di supporto alla previsione esiste. Prima di tutto il differenziale tra i nostri Btp e i Bund tedeschi, 80 centesimi mentre scriviamo e presto, secondo quel che pensano tutti, ancora più basso, a 50. Per capirci: si tratta dell’interesse riconosciuto dai due Paesi ai risparmiatori che, attraverso quei titoli decennali, gli prestano i soldi. I tedeschi, più solidi, pagano da sempre meno di noi. Quanto di meno, però? La differenza tra questi due tassi è un indicatore molto affidabile per valutare lo stato della nostra economia. Più questa differenza è piccola e meglio stiamo. Ma ci sono altri numeri: gli inglesi hanno perso 61 miliardi di euro nella loro bilancia commerciale manifatturiera, mentre noi nello stesso periodo (luglio 2008-giugno 2009) ne abbiamo guadagnati 56. Tenendo conto di tutte le voci della bilancia commerciale (petrolio compreso), noi abbiamo un passivo di 8 miliardi, l’Inghilterra di 102, la Francia di 65, la Spagna di 64. Se non ci fosse il debito pubblico a zavorrarci…