Giornali vari, 19 ottobre 2009
Anno VI - Duecentonovantatreesima settimanaDal 12 al 19 ottobre 2009Iran Domenica scorsa uno shahid s’è fatto saltare nella cittadina di Sarbaz, in Iran, ma a pochi passi dal confine col Pakistan
Anno VI - Duecentonovantatreesima settimana
Dal 12 al 19 ottobre 2009
Iran Domenica scorsa uno shahid s’è fatto saltare nella cittadina di Sarbaz, in Iran, ma a pochi passi dal confine col Pakistan. Era in corso una riunione tra pasdaran e capi-tribù locali e lo shahid – dal nome ancora sconosciuto – ha provocato, facendosi esplodere, la morte di 42 persone, tra cui sei generali dei pasdaran. Sarbaz si trova nella poverissima regione del Belucistan. Per comprendere a fondo l’importanza di questo evento lontano e apparentemente simile a tanti altri bisogna sapere che:
• a mia memoria è la prima volta che il sistema del martire islamico, in genere spedito a punire gli infedeli, viene invece adoperato all’interno della stessa comunità musulmana. Si ammette in questo modo che il demonio possa talvolta vestire i panni del Profeta;
• l’attentato va inserito all’interno della secolare lotta tra sunniti (l’Iraq) e sciiti (l’Iran), dunque è l’ultima propaggine della guerra che insanguinò per otto anni i due Paesi negli anni Ottanta. di conseguenza l’annuncio di un ulteriore, forte elemento di destabilizzazione dell’area;
• da almeno una settimana gira la voce, sempre più credibile, che Khamenei, la Guida Suprema del Paese, sia morto, evento che, quando ufficializzato, potrebbe ridare impulso alle manifestazioni contro il governo;
• Ahmadinejad ha accusato dell’attentato di Sarbaz gli americani, gli inglesi e i pakistani. In Pakistan è anche in corso una forte offensiva contro i talebani da parte del governo di Islamabad. stata attaccata la regione del Waziristan, quella dove gli studenti islamici la fanno da padroni;
• Americani, inglesi e pakistani negano qualunque responsabilità nell’attentato di Sarbaz, che è invece stato rivendicato dal movimento Jundallah, guidato da Abdolmalek Rigi («sono iraniano, amo l’Iran, voglio solo più diritti per i sunniti, discriminati, e i beluci, dimenticati e impoveriti»);
• La possibilità che il regime iraniano, di nuovo in bilico se Khamenei fosse veramente morto, voglia aumentare la tensione internazionale per allentare quella interna è concreta. Non sarebbe una tattica nuova;
• Aumentare la tensione internazionale fino a che punto? Il Pakistan (che ha almeno cinquanta bombe atomiche chiuse in arsenali di cui nessuno conosce la posizione) è un problema. L’Iraq è un problema. Gli americani in Afghanistan sono un problema. E per Teheran sono un problema anche i talebani. Il re di Giordania Abdullah, in visita adesso in Italia, ha detto che il vero problema è il conflitto tra israeliani e palestinesi. Ma questo è un problema anche per il presidente iraniano, che ha più volte sostenuto la necessità di cancellare Israele dalla faccia della Terra.
• Lo shahid di Sarbaz non è un martire come tutti gli altri. Il re giordano Abdullah, intervistato da Repubblica, ha detto che la pace è in pericolo.
Afghanistan Il Times ha scritto che i servizi segreti italiani hanno pagato i talebani per non aver fastidi nella valle di Surobi, 65 chilometri a est di Kabul. Secondo il giornale inglese (proprietà di Murdoch), i francesi, che ci subentrarono in quella posizione nel luglio dell’anno scorso, non vennero informati di quel «sistema di sicurezza», quindi non pagarono e perciò vennero colpiti il 18 agosto: dieci soldati massacrati e 21 feriti in un agguato. Il nostro ministro della Difesa, La Russa, ha smentito con la massima forza e annunciato una querela. Smentita anche dai francesi e da rappresentanti della Nato. Il Times dedica una sola riga di testo al fatto che all’epoca fosse al governo Prodi. E ha scritto che l’ambasciatore Usa Spogli protestò riservatamente con il governo italiano per quelle pratiche inammissibili dagli americani. Interrogata su questo punto, l’ambasciata Usa ha risposto: «Non commentiamo conversazioni che possono avere o non avere avuto luogo».
Papello La politica italiana è in questo momento alle prese col ”papello”, cioè con un documento, scritto per volontà di Totò Riina (ma non dalla mano di Totò Riina), nel quale la mafia detta le sue condizioni allo Stato e promette in cambio (ma questo non c’è scritto) di far cessare le stragi. materiale che risale al 1992-93, i cui termini erano del tutto noti, ma che rispunta fuori adesso perché c’è un nuovo pentito (Spatuzza) che sta fornendo una versione diversa dell’assassinio di Borsellino e perché c’è un condannato per riciclaggio che sta tentando di alleviare la propria condizione processuale con qualche rivelazione impressionante. Quest’ultimo si chiama Massimo Ciancimino ed è figlio del vecchio sindaco di Palermo Vito Ciancimino, adesso defunto e all’epoca forte alleato della mafia alle cui ditte faceva arrivare tutti gli appalti. Massimo Ciancimino dice che a un certo punto il padre consegnò questo papello in dodici punti al prefetto Mario Mori pregandolo di inoltrarlo al ministro dell’Interno, Mancino, e al ministro della Difesa, Rognoni. Il papello chiedeva tra l’altro l’annullamento del 41 bis (carcere duro), benefici per i dissociati analoghi a quelli concessi alle Brigate rosse, arresti domiciliari per chi aveva compiuto 70 anni, la reclusione in penitenziari prossimi all’abitazione delle famiglie e, da ultimo, la defiscalizzazione della benzina in Sicilia, come si fa ad Aosta. Il documento, che Ciancimino jr ha consegnato agli inquirenti appena la settimana scorsa, ma in fotocopia di modo che è ancora impossibile una perizia calligrafica (l’originale si troverebbe in Liechtenstein), solleva parecchi dubbi. Intanto, Rognoni e Mancino sono stati ministri in governi diversi, il primo nell’Andreotti VII (12 aprile 1991-24 aprile 1992), il secondo nell’Amato I (28 giugno 1992-28 aprile 1993). Poi: nessuna delle richiesta avanzate dalla mafia è stata accolta o minimamente presa in considerazione, né dai governi di centro-sinistra né da quelli di centro-destra. Adesso, complessivamente, la carcerazione per i mafiosi e i loro capi è ancora più dura di allora.
Polemiche Fuoco di polemiche per tre decisioni che, eventualmente, devono ancora essere prese.
Primo, l’aumento dell’età pensionabile, chiesto da Draghi e avversato da tutti quanti, compresi i dirigenti dell’Inps e dell’Inpdap, istituti che da quel provvedimento avrebbero tutto da guadagnare. Ragionamento di Draghi: chi andrà in pensione nel 2031 prenderà appena il 60% dell’ultimo stipendio. Troppo poco. Diamogli di più, e mettiamolo a riposo più tardi.
Seconda decisione: il consiglio dei ministri ha varato un disegno di legge con cui si istituisce la Banca del Mezzogiorno (ci vuole l’approvazione delle Camere). Tremonti, che l’ha fortemente voluta, prevede lo Stato in minoranza con l’acquisto iniziale di una piccola quota in cambio di un versamento di cinque milioni. I veri proprietari sarebbero le Poste (4000 sportelli), le Banche di credito cooperativo (600 sportelli) e la Lega coop. Secondo il ministro, in questo modo si garantirebbe il credito al Sud e si aiuterebbe la piccola iniziativa, qualcuno che vuole aprire una pizzeria o ampliare l’albergo. Alla fine si metterebbero a disposizione delle piccole e medie imprese 6,75 miliardi di euro. Obiezioni: se è un grande affare, perché Unicredit e Intesa (per esempio) se lo fanno scappare? Se non è un grande affare, non si starà costruendo un altro carrozzone clientelare?
Infine, il vice-ministro Urso ha proposto a un convegno organizzato da Fini e D’Alema (coppia da tenere d’occhio) che a scuola si preveda un’ora di insegnamento del Corano, visto che ormai un alunno su cinque è musulmano. La Chiesa, nonostante certe voci che si sono troppo in fretta dichiarate d’accordo, è istituzionalmente contraria, come ha spiegato il capo della Cei, Angelo Bagnasco. Per rendere possibile un’iniziativa del genere bisognerebbe ridiscutere il Concordato.