Giornali vari, 26 ottobre 2009
Anno VI - Duecentonovantaquattresima settimanaDal 19 al 26 ottobre 2009Bersani Pier Luigi Bersani è da domenica sera il nuovo segretario del Partito democratico, essendo stato eletto da iscritti e simpatizzanti con il 52% dei voti, contro il 34% di Dario Franceschini e il 14% di Ignazio Marino
Anno VI - Duecentonovantaquattresima settimana
Dal 19 al 26 ottobre 2009
Bersani Pier Luigi Bersani è da domenica sera il nuovo segretario del Partito democratico, essendo stato eletto da iscritti e simpatizzanti con il 52% dei voti, contro il 34% di Dario Franceschini e il 14% di Ignazio Marino. Gazebo sparpagliati in tutt’Italia, tre milioni alle urne, elettorato più femminile che maschile, più benestante che proletario, più anziano che giovane. Nonostante questo, i tre milioni hanno suscitato il compiacimento, quando non l’entusiasmo, dei commentatori. Abbastanza a torto, si direbbe: Prodi (2005) radunò nei gazebi 4 milioni e 311 mila ulivisti, Veltroni tre milioni e mezzo di democratici. Dunque, il Pd, qualunque cosa sia diventato dopo la fusione tra Margherita e Ds e la fuga di Veltroni, ha incontestabilmente meno seguito di un tempo. Con un’aggravante: le elezioni di Prodi e Veltroni furono finte, cioè si trattava di sanzionare e abbellire decisioni già prese dai vertici. Stavolta lo scontro tra il segretario uscente Franceschini, l’uomo di D’Alema Bersani e l’outsider Marino era autentico e sul risultato nessuno, fino a domenica sera, avrebbe potuto giurare.
Problemi Il Pd, che avrà come presidente quasi certamente Rosy Bindi, si trova adesso quattro problemi, piuttosto consistenti. Primo: vi saranno una o più scissioni, la prima – garantita – di Rutelli, che andrà a formare ”qualcosa” con l’Udc di Casini. Secondo: poiché l’idea di far da sé, accarezzata e propagandata da Veltroni con la suggestiva etichetta di ”vocazione maggioritaria”, è a questo punto definitivamente tramontata con la sconfitta di Franceschini, si tratterà di vedere come e con chi Bersani costruirà il suo sistema di alleanze. Recupero dei sinistri-sinistri? Nuovo abbraccio (o magari divorzio) da Di Pietro? Ennesime civetterie con Casini e l’area di centro, qualunque aspetto assuma? Questa problematica introduce la terza questione: gli iscritti e i simpatizzanti di domenica scorsa hanno eletto il segretario, ma non il candidato a Palazzo Chigi delle prossime politiche. Che certamente il Pd cercherà in un personaggio meno connotato a sinistra, in modo da tentar di prendere qualche consenso nell’area moderata. Per assurdo: il Pd potrebbe esser d’accordo nel proporre per Palazzo Chigi, mettiamo, lo stesso Rutelli, più presentabile ai moderati dopo l’uscita dal Pd. Quarto problema: le prossime Regionali. Se arriverà una batosta, come tutti prevedono, il partito andrà in frantumi? Bersani avrà saputo costruirsi, nel frattempo, consensi e credibilità sufficienti a reggere la barra in un frangente tanto complicato?
Marrazzo Intanto il nuovo segretario si trova alle prese con un problema molto scottante. Piero Marrazzo, prima volto della tv di Stato (Mi manda Raitre) e dal 2005 governatore della Regione Lazio per volontà di Veltroni, s’è autosospeso dall’incarico lasciando le deleghe in mano al vice, Esterino Montino. Beccato nel suo vizietto di frequentare transessuali, e ricattato da quattro carabinieri corrotti, ha preferito pagare e tacere piuttosto che denunciare i malfattori e rivendicare il suo diritto di vivere liberamente la propria sessualità, cosa che lo avrebbe messo al riparo dai contraccolpi politici della storia. Per l’uomo Marrazzo è la rovina: lasciato dalla moglie, la giornalista Roberta Serdoz, che ha dovuto personalmente leggere ai telespettari le disavventure del marito durante la rassegna stampa notturna del Tg3; perso per la politica, dove fino all’altro giorno credeva di potersi ricandidare al posto di governatore magari con una lista civica intestata al suo nome; in fuga adesso da tutti per un sentimento oggi raro e che crediamo di poter chiamare ”vergogna”. Nel filmino alla base del ricatto – mal girato, ma chiaro – si vede l’ex governatore, senza mutande ma in camicia, che implora «non rovinatemi, non rovinatemi». La transessuale Natalì (o come si chiama), con le spalle scoperte, è seduta sul letto. La telecamera (un telefonino?) mostra in primo piano strisce di coca e, accanto, un tesserino d’identità di Marrazzo. I magistrati sono certi che la coca sia stata portata dagli stessi carabinieri felloni, per pepare ulteriormente la scena. Forse il minuto e mezzo di film in mano agli inquirenti è solo la sequenza di una scena di venti minuti, si suppone, ancora più compromettente. I transessuali della Cassia, intervistati più o meno da tutti, hanno raccontato che Marrazzo era un habitué e molto generoso, quando arrivava se lo contendevano, tiravano fuori le tette per attirarlo, sarebbe stato fidanzato sette anni con questa o con quello. Eccetera eccetera. Non va bene, secondo il centro-destra, neanche l’autosospensione, ingiustificabile, per esempio secondo Gasparri, in un caso del genere. Il PdL punta alle elezioni subito, in gennaio, in modo da sfruttare fino in fondo lo scompiglio degli avversari.
Tremonti C’è uno scompiglio, e grosso, anche nel centro-destra. A metà della settimana scorsa ha cominciato a girare su Internet un documento di mano ignota, ma attribuito ai ministri berlusconiani, in cui si contestava la politica economica di Tremonti e si proponeva una politica alternativa imperniata su una decina di punti programmatici: tagli alle tasse (Irap compresa), innalzamento dell’età pensionabile (che aveva sollecitato Draghi appena 48 ore prima), investimenti pubblici, centrali nucleari, rilancio dell’edilizia, tagliare i costi della politica, ripresa di dialogo con le banche e rinuncia, perciò, alla Banca del Mezzogiorno, riforme, eccetera. I ministri del PdL dichiaravano subito di non saperne niente, ma il giorno dopo Berlusconi, dalla Russia, se ne usciva con l’annuncio che l’Irap sarebbe stata tagliata. Annuncio perfettamente in linea col documento misterioso, ma unilaterale, cioè il ministro dell’Economia non ne sapeva niente. Seguivano telefonata furibonda di Tremonti al presidente del Consiglio, il rinvio del Consiglio dei ministri, al quale non s’erano presentati né Tremonti né i leghisti, la presa di tempo da parte del Cav, che accampava un’inesistente tempesta di neve in Russia e così non rientrava in Italia, una riunione, infine, sabato nella villa San Martino di Arcore: da una parte Berlusconi, dall’altra Tremonti, assistito da Bossi e Calderoli (presenti, nonostante il Cavaliere avesse pregato il ministro di venir da solo). Bossi aveva già detto ai giornali che il ministro dell’Economia era intoccabile. Lo ha ribadito nel faccia a faccia col capo del governo e ha lasciato che poi Tremonti chiedesse ufficialmente di essere promosso vicepresidente del Consiglio, in modo da tenere a bada, dall’alto di una posizione gerarchica superiore, la muta dei suoi nemici-spenditori (praticamente tutti, con l’aggiunta di Fini). In caso contrario, dimissioni. Mentre scriviamo, il PdL è riunito per decidere ma si sa già che la risposta sarà no. Se Tremonti a questo punto sbattesse la porta (improbabile), potrebbe subentrargli lo stesso Draghi, che in vari discorsi lo ha severamente criticato, alla sua maniera felpata e comprensibile ai soli addetti ai lavori.
Valentino Valentino Rossi, 30 anni, arrivando terzo in Malesia ha vinto per la nona volta il titolo mondiale di motociclismo (MotoGP). Estasiati i commentatori per via di un sorpasso inutile (grazie ai punti conquistati in precedenza, sarebbe stato campione lo stesso): quando mancava poco al traguardo ha infilato il compagno di squadra Jorge Lorenzo, 22 anni, che tutti considerano, con Stoner, il motociclista del futuro. Valentino ha saputo perfettamente riassumere la situazione: s’è presentato sul podio indossando una t-shirt su cui campeggiava la scritta: «Gallina vecchia fa buon brodo».