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 2010  gennaio 04 Lunedì calendario

Sanscrito Quella lingua perfetta che ha inventato "avatar" Esce il primo dizionario in italiano che spiega l´origine di parole che usiamo oggi Il vocabolario, 180 mila lemmi, è opera di un´equipe coordinata da Saverio Sani " ancora usato in circostanze solenni, sia civili che religiose

Sanscrito Quella lingua perfetta che ha inventato "avatar" Esce il primo dizionario in italiano che spiega l´origine di parole che usiamo oggi Il vocabolario, 180 mila lemmi, è opera di un´equipe coordinata da Saverio Sani " ancora usato in circostanze solenni, sia civili che religiose. E nei conflitti etnici" PISA  la lingua degli dèi. La lingua perfetta, che non muta e non è soggetta alle traversie che si producono per il solo fatto di essere parlata. il sanscrito, che significa, appunto «compiuto, confezionato», lingua letteraria per eccellenza, che ha offerto capolavori come il Mahabharata e il Ramayana, e da cui arrivano a noi parole come yoga, guru, giungla e ora soprattutto avatar, che sta originariamente a indicare l´apparizione in forma corporea di una divinità e che, in senso molto traslato, rimbalzava prima fra gli appassionati di Second Life e adesso dagli schermi, grazie al film di James Cameron. Di questa lingua non esisteva un dizionario in italiano, il che costringeva i nostri sanscritisti a rivolgersi a vocabolari tedeschi o inglesi. Non esisteva finché un gruppo di studiosi, coordinati da Saverio Sani, che il sanscrito lo insegna all´Università di Pisa, non ha prodotto, dopo otto anni di lavoro, il primo Dizionario sanscrito-italiano, più di duemila pagine, 180 mila lemmi, edito dalla Ets (euro 80), che aiuterà a navigare in questa lingua della grande famiglia indoeuropea, introdotta in India circa millecinquecento anni prima di Cristo, e diventato l´idioma della cultura brahmanica. Una lingua artificiale, imparata da Giacomo Leopardi quando aveva grosso modo tredici anni, prodotto di un´elaborazione - racconta Sani - compiuta intorno al IV secolo avanti Cristo da un gruppo di grammatici indiani, il più celebre dei quali si chiamava Panini. Essi presero quell´antica lingua e ne arrestarono l´evoluzione, fissandola entro regole lessicali, grammaticali e sintattiche rigidissime, da allora in poi intangibili. Chi avrebbe scritto nei secoli a venire in sanscrito avrebbe dovuto rifarsi a quell´assetto, un po´ come se oggi qualcuno scrivesse in latino, ma non nel latino che dall´età repubblicana arriva al disfacimento dell´Impero romano e che in quei secoli subisce molte modificazioni, bensì nel latino del solo Cicerone. «Era una lingua che non si parlava», spiega Sani, «ma che era posseduta dai dotti e dagli appartenenti alla casta superiore, quella dei brahmani, i sacerdoti cui spettavano altissime funzioni religiose». Fu la lingua attraverso cui si diffuse l´induismo. Ma non è, il sanscrito, una lingua morta. « stato usato fino ai giorni nostri e tuttora si usa in occasioni solenni, sia religiose che civili. Quando un´università indiana conferisce una laurea honoris causa, la tradizionale laudatio viene spesso pronunciata in sanscrito. Non è un relitto. Si studia a scuola, come il latino o il greco, anzi è insegnato anche nelle scuole medie, al pari del latino in Italia fino ad alcuni decenni fa. Un indiano colto, che parli l´hindi, la lingua che si può dire derivi dal sanscrito, conosce il sanscrito, sa leggere le opere in lingua originale. Lo stesso indiano colto, quando vuole arricchire il suo eloquio attinge o all´inglese o al sanscrito. Durante un convegno internazionale che si è svolto a Torino nel 2000, ho sentito con le mie orecchie relatori indiani parlare fra loro in sanscrito anche di piccoli accadimenti della giornata». Si scrivono ancora in sanscrito opere per il teatro, ma anche farse, drammi satirici e persino testi su temi politici e sociali. Che il sanscrito non sia un reperto muto, lo dimostra il fatto, dice Sani, che esso sia usato come strumento nei conflitti etnici che dilaniano l´India. «Gli estremisti indù ne fanno una bandiera di appartenenza contro i musulmani, nella cui lingua sono presenti richiami all´antico persiano o all´arabo». La fase più antica del sanscrito è rappresentata dal vedico, spiega Sani, «vale a dire la lingua in cui sono redatti i libri sapienziali dell´India antica - veda vuol dire sapienza. Questi testi sono raccolte di inni religiosi, preghiere, formule sacrificali e magiche, opere esegetiche e di commento e a carattere teologico-filosofico. L´opera letteraria più antica della tradizione vedica è il Rgveda, la "Sapienza delle strofe", che contiene per lo più inni di lode rivolti alle varie divinità del pantheon antico-indiano». Le differenze fra questa fase e quella più classica del sanscrito consistono nell´esclusione, in quest´ultimo, di alcune forme sovrabbondanti e di alcune categorie grammaticali, e, all´inverso, dell´introduzione di parole nuove a fianco di altre di eredità più remota, il cui uso era diventato raro oppure abbandonato. «Nella letteratura in sanscrito», dice Sani, «è rappresentato ogni genere: dall´epica e dalla lirica al teatro, dalla narrativa alla favolistica, senza contare la vasta letteratura scientifica che tocca i campi più svariati, dalla grammatica e dalla retorica alla filosofia, dalla matematica all´astronomia, dal diritto alla politica, dalla medicina all´arte, fino allo studio delle tecniche erotiche». Al III secolo a. C. appartiene la redazione dei grandi poemi epici, Mahabharata e Ramayana, 110 mila strofe il primo (quattro volte la Bibbia e sette volte Iliade e Odissea messe insieme), più ridotto il secondo. Entrambi trasmessi oralmente e alimentati nel corso del tempo di nuovi episodi ed entrambi poi fissati nella scrittura. Sono i grandi monumenti della mitologia induista, testi sacri e insieme repertorio di singolarissimi materiali narrativi, formati da una struttura centrale e da una diramazione di storie. Chi studia sanscrito e ha già studiato latino e greco, si trova di fronte a una struttura complessa, ma familiare. Il primo scoglio è la scrittura, in caratteri devanagari. «Ma non è come il cinese», insiste Sani. I nomi sono declinati e i casi - nominativo, accusativo, genitivo… - sono otto; tre i numeri - singolare, plurale e duale; tre i generi - maschile, femminile e neutro. Il verbo si coniuga in forma attiva, media e passiva; quattro modi - indicativo, imperativo, ottativo e participio. E poi ci sono i tempi, il presente, il futuro, l´aoristo, il perfetto e il piuccheperfetto… I corsi di Sani sono seguiti da una cinquantina di studenti. Fino a qualche anno fa, racconta il professore, frequentavano solo due o tre alunni, ma poi l´interesse è cresciuto, come dimostra il fatto che si studi sanscrito a Bologna, Milano, Torino, Roma, Napoli, Palermo. « una lingua che veicola valori filosofici e religiosi che vanno in direzione del duraturo. Attrae, poi c´è anche chi fa marcia indietro». Chissà che Avatar, il film, dove però non c´è traccia dell´epica induista e delle incarnazioni di Vishnu, non faccia comunque bene al sanscrito almeno quanto il nuovo dizionario.