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 2010  gennaio 04 Lunedì calendario

PER CAMBIARE LA COSTITUZIONE OCCORRE UN LARGO CONSENSO


Le riforme, condivise o della maggioranza? Non comprendo perché lei insista nel chiedere riome condivise attravers un dialogo tra maggioranza e opposizione. Mi risulta che nessuna riforma istituzionale sia mai riuscita da un dialogo tra destra e sinistra, anzi il dialogo e il compromesso di cui la Dc era maestra, ha sempre portato a pasticci o mostri nel nostro paese. Ma non vale solo per l’Italia: non è un caso che l’unico leader che abbia veramente riformato, nel bene, il proprio paese sia stata Margaret Tatcher. Le risulta si sia rivolta all’opposizione per riforme condivise?
Giovanni Murtas

Caro Murtas,
non tutte le riforme hanno la stessa rilevanza. Quelle di Margaret Tatcher servirono in buona parte a correggere e a modificare lo Stato assistenziale e imprenditoriale che il partito laburista aveva instaurato in Gran Bretagna dopo la vittoria elettorale del 1945.
non camiarono né la forma dello stato britannico, né i compiti delle sue maggiori istituzioni.Oggi, in Italia , nessuno può negare alla maggiornaza, comunque composta, il diritto di privatizzare, liberalizzare, modificare il sistema pensionistico, la funzione pubblica, la sanità pubblica, il sistema scolastico, il regime fiscale e persino lo statuto dei lavoratori. La ragione per cui i governi appaiono spesso esitanti è dovuta in buona parte alla composizione eterogenea della loro maggiornza.

Ma in linea di principio ogni governo ha il diritto d’introdurre leggi che riflettano la sua concezione dell’economia, dei rapporti sociali, della educazione e della formazione dei suoi cittadini.

Quelle che dovrebbero essere condivise, invece, sono le riforme costituzionali, vale a dire le norme che definiscono i poteri delle diverse istituzioni, la dialettica dei loro rapporti e la soluzione dei loro eventuali conflitti. Devono essere condivise perché non hanno un carattere contingente e sono destinate a servire la nazione, nei limiti del possibile, per periodi relativamente lunghi. Anche queste norme, in alcune circostanze, possono essere decise dalla maggioranza senza il concorso delle opposizioni. Quando tornò al potere, nel 1958, il generale De Gaulle modificò radicalmente in quattro anni senza chiedere il permesso delle opposizioni, la costituzione della Repubblica. Poté farlo perché era De Gaulle, simbolo dell’orgoglio francese durante la Seconda guerra mondiale, e perché la guerra d’Algeria aveva screditato la classe politica della Quarta Repubblica creando intorno alla persona del generale uno straordinario sentimento di fiducia e di attesa. Ma anche De Gaulle non si accontentò di un semplice voto parlamentare e volle che le sue riforme venissero approvate dagli elettori. Vi furono così due referendum. Il primo, nel settembre del 1958, approvò la nuova costituzione; il secondo nell’ottobre diminuiscono gli anni per godere della pensione: con 15 anni va in pensione a 55 anni; con 20 a 50, e così via. 1962 approvò l’elezione del presidente della Repubblica a suffragio universale.

In altre condizioni e circostanze, tuttavia, ogni Paese ha interesse a cambiare la costituzione creando intorno alle nuove norme il massimo consenso possibile. La Carta italiana prevede una maggioranza qualificata del Parlamento (due terzi) e un referendum confermativo se le nuove norme costituzionali sono state approvate con maggioranza semplice. Il secondo governo Berlusconi (2001-2006) si accontentò della maggioranza semplice e incappò in un referendum che ebbe l’effetto di rendere inutile il lavoro degli anni precedenti. La prossima volta, se vogliamo davvero modificare la costituzione, occorrerà che le riforme siano condivise. Mi sono recato in posta per il pagamento di 30 euro tramite un vaglia postale. In tutto ne ho pagati 36. Vuol dire che il «servizio» dell’impiegata (che si è limitata a digitare cifre e indirizzi sul computer) mi è costato ben il 20% dell’importo del vaglia stesso!