Varie, 4 gennaio 2010
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DiLandro Salvatore
• Bivongi (Reggio Calabria) 9 febbraio 1945. Magistrato. Procuratore generale di Reggio Calabria (dal 26 novembre 2009) • «[...] è un personaggio schivo e riservato. in magistratura dal 1972; il suo primo incarico è stato quello di pretore a Melito Porto Salvo e poi ha ricoperto le stesse funzioni a Reggio, sino all’85, quando è passato alla Corte d’Appello. Di lui si è sempre detto che sia un magistrato integerrimo, avvezzo alla ribalta e con l’occhio sempre vigile sulle carte processuali. Mai una forzatura nelle sentenze, grande rispetto per le difese, cordiale con gli imputati. Ha uno spirito da guerriero, questo magistrato che dice di non aver aspettative se non quelle di finire la sua carriera a Reggio Calabria. Un magistrato modello, insomma, che ha lasciato traccia del suo impegno in molti processi di mafia. A cominciare dal primo maxi processo alle ”drine della provincia di Reggio, 69 imputati tra cui capi storici come Andrea Ruga di Monasterace e Cosimo Aquilino di Reggio Calabria, tutti condannati, anche in Cassazione. E proprio di Aquilino racconta un aneddoto: ”Lo incontrai un giorno al cimitero, lui vendeva fiori. Mi guardò e quasi voleva nascondersi dalla vergogna. Mi avvicinai a lui’ spiega Di Landro – e gli chiesi se fosse Aquilino. Mi rispose di sì! ”Bravo, adesso lavora e dimentica il passato’, gli dissi. E lui sempre con gli occhi bassi rispose: ”Se mi lasciano’. Non capii e me ne andai. L’indomani la Corte d’Appello gli notificò un provvedimento di arresto per un residuo di pena da scontare”. Da sostituto procuratore generale ha ottenuto poi anche la condanna, nel 1988, dell’omicida del barone Antonio Cordopatri, assassinato perché si era rifiutato di cedere i terreni ai Mammoliti di Castellace. Nessuno sconto alle cosche. ”La ”ndrangheta non deve immaginare di poter barattare le sentenze”, dice Di Landro. Pugno duro quando esistono le prove che inchiodano gli imputati. Questo il motto che ha accompagnato e che guiderà anche in futuro Salvatore Di Landro [...]» (Ca. Ma., ”Corriere della Sera” 4/1/2010).