Varie, 4 gennaio 2010
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Spektor Regina
• Mosca (Russia) 18 febbraio 1980. Cantante • «[...] cantante e pianista ebreo-russa trasferita a New York, aveva colpito tutti con Begin to Hope (nella Top 50 del 2006 di Rolling Stone, in Italia pensarono di non promuoverlo): una voce che spiazza e testi fuori dall’ordinario; una Tori Amos più geniale, una Björk meno intellettuale. [...]» (’Corriere della Sera” 21/6/2009) • «[...] la miglior incarnazione recente della lunga tradizione americana delle piano women , alla Jony Mitchell o alla Tori Amos [...] Sguardo un po’ spaesato, sorriso largo e contagioso [...] spopola [...] con le sue canzoni sospese, dove la voce si fa ora fanciullesca, ora matura e si accompagna agli immancabili tasti bianchi e neri: ”Per me il piano forte è come la borsa di Mary Poppins, ci trovi suggestioni, idee, suoni infiniti”. [...] Nata a Mosca nel 1980, da genitori ebrei, nel l’89 Regina emigrò negli Stati Uniti. ”Ho avuto un’infanzia normale, come tutti i bambini. Certo mi accorgevo che la situazione politica del mio Paese era particolare. Da un lato un sentore di libertà crescente, dall’altro uno strisciante e spiacevole anti semitismo”. Ma è nella vecchia Unione Sovietica che Regina incontrò il suo grande ”amore”, un pianoforte Petrof: ”In Urss, chi faceva musica godeva di un profondo rispetto. Che non ho mai più ritrovato. Qui in America, salvo che non abbia davvero sfondato, quando dici che sei una cantante, c’è sempre la domanda di riserva: ”Sì, ma nella vita vera...?’”. Approdata a New York, Regina decise di fare la cantante (e basta) durante un viaggio in Israele: «’A 16 anni, durante una gita, mi misi a canticchiare. ”Hai una bellissima voce’ mi dissero tutti i presenti. E poi a un certo punto, ”Ωdovresti suonare uno strumento’. ”Ma io suono già uno strumento’ risposi. E così capii”. La palestra divenne il Lower East Side, lo storico quartiere ebraico di New York con locali-fucine come il ”Sidewalk”. Lì si fece strada la ragazza alla fine degli anni 90: ”Tutti i lunedì, c’era una serata ”open mic’. Andavi e proponevi le tue cose in un atmosfera di scambio davve ro stimolante”. Poi sarebbero venuti gli Strokes, che Regina accompagnò in tour nel 2004, i primi dischi come Soviet Kitsch, con alcuni singoli finiti in popolari serie televisive come ”Csi” [...]» (Matteo Cruccu, ”Corriere della Sera” 16/7/2009) • «[...] capelli rossi [...] la sua voce da mezzosoprano è stata spesso accostata a Joni Mitchell [...] Tina Landau e Michael Korie, due autorità di Broadway, l’hanno chiamata a scrivere le musiche di ”Beauty”[...] allestimento ispirato alla ”Bella addormentata” [...] Nata a Mosca da una famiglia ebrea - padre fotografo, violinista per hobby, madre insegnante di musica - Regina abbandonò la Russia con i suoi durante la perestrojka, nel 1989. Sfiancati dalle discriminazioni, vissero per un periodo in Italia, prima di stabilirsi definitivamente a New York. ”I ricordi della mia infanzia in Russia non sono spiacevoli”, racconta ”Tanti parenti, tanti amici, meravigliose estati in Estonia, concerti, spettacoli di danza, musei. Quando ce ne andati siamo ero troppo piccola per soffrire il distacco, ma grande abbastanza per gustare l’entusiasmo della nuova avventura. Affrontare l’America fu come andare a un safari, nella mia immaginazione tutto era esotico, come se dietro ogni angolo ci fosse una tigre. In realtà, la nostra prima destinazione fu l’Italia. Trascorremmo a Ladispoli, sul litorale laziale, un mese e mezzo prima di avere il passaporto in regola. Mi dicono: deve essere stata dura lì, un ghetto di immigrati in attesa. Invece no, io ho un ricordo meraviglioso di Ladispoli. vero, eravamo poverissimi, ma mi bastava un gelato per farmi felice, anche se vivevamo in sei in una stanza. Andavamo in spiaggia ogni giorno, ero distratta dalla novità, le piante, i fiori, tutto era esotico per me che non avevo mai visto una palma”. Era interessata solo alla musica classica, poi a New York scoprì Joni Mitchell e Ani DiFranco, cominciò a frequentare la scena anti-folk del Lower East Side, fu aggredita alle spalle dal sogno americano. ”Ma senza troppe ambizioni”, precisa. ”Per me il sogno americano è la libertà di fare le cose in cui credi, di fare ciò che vuoi senza pregiudizi razziali, per quello che sei, per le tue capacità. Il sogno cominciò a concretizzarsi nel momento stesso in cui fummo finalmente liberi di andare in sinagoga, quando mio fratello poté essere circonciso, e tutti insieme cominciammo a celebrare le nostre feste, in armonia con gente di altre religioni, di culture diverse. Il sogno diventò realtà quando mi iscrissi all’università e nel formulario da riempire non dovetti scrivere la parola ”ebrea’ sotto la voce ”religione’, perché quella voce nella domanda d’ammissione non c’era”. Intorno ai quindici anni si rese conto che un musicista classico deve osservare la stessa disciplina di un campione olimpionico. Non era tagliata per quel tipo di vita. ”Per un paio d’anni rimasi disorientata, poi scoprii che anche una ragazza può scrivere canzoni. Ero cresciuta con l’idea che quello era un lavoro da uomini. I miei furono entusiasti del progetto. Felici come quando mio fratello espresse il desiderio di diventare rabbino. Ci facciamo grasse risate in casa quando consideriamo che famiglia pazza siamo, una sorella devota al pop e un fratello rapito dalla fede”. Regina si è fatta le ossa suonando come spalla di Strokes e Keane, prima di diventare un nuovo cult e la cantante preferita di David Byrne. ”Il mio desidero e la mia ambizione erano quelli di far ascoltare la mia musica alla gente, più gente possibile”, minimizza ”In altri tempi, sarei stata una cantastorie. Il mondo del pop è pieno di incognite, bisogna andarci con i piedi di piombo. Che ne sarà di me tra dieci anni? Vorrei collaborare con Tom Waits, Björk... E David Byrne, con il quale ho una fitta corrispondenza epistolare. Ha usato una mia canzone per una delle sue installazioni a Manhattan. Che posso volere di più dalla vita?”» (Giuseppe Videtti, ”la Repubblica” 4/1/2010).