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 2010  gennaio 03 Domenica calendario

Il 4 gennaio 2010 Giovanni Battista Pergolesi (1710-1736), compositore di musiche d´intensità meravigliosa, capaci di toccare le corde più profonde di chi ascolta, festeggia il trecentesimo anniversario della propria nascita

Il 4 gennaio 2010 Giovanni Battista Pergolesi (1710-1736), compositore di musiche d´intensità meravigliosa, capaci di toccare le corde più profonde di chi ascolta, festeggia il trecentesimo anniversario della propria nascita. Lecito parlare di lui al presente. Sia perché il genio scansa declinazioni temporali, sia perché la festa è viva e attuale: occupa dall´inizio il 2010 e percorre trionfalmente il 2011. A Jesi, sua città natale, nel giorno del compleanno e nel teatro che porta il suo nome, prenderà il via il ricco calendario di celebrazioni. Via via, lungo i molti mesi del programma, saranno messe in scena sei opere teatrali e verrà eseguito l´intero repertorio della sua musica vocale, strumentale e sacra: brani scritti in un tempo miracolosamente breve, dato che il marchigiano Pergolesi (però fu Napoli il suo regno, e passò alla storia come una tra le punte di diamante della gloriosa scuola partenopea) morì di tisi a soli ventisei anni, poco dopo aver terminato in un convento di Pozzuoli il capolavoro estremo dello Stabat Mater. Il festival sarà suddiviso tra giugno, settembre e dicembre, e anche la parte teorica si preannuncia imponente, con cinque convegni internazionali a Napoli, Milano, Roma, Dresda e Jesi. Intanto è già operativo e massiccio il lavoro di edizione critica delle partiture pergolesiane. «Per realizzare l´impresa, che durerà dieci anni e che prevede la pubblicazione di venti volumi, è stata formata nel 2009 una commissione di esperti», dichiara il musicologo Vincenzo De Vivo, consulente scientifico della Fondazione Pergolesi Spontini di Jesi. quest´istituzione, animata e amministrata da William Graziosi, a funzionare da motore del progetto di riscoperta, autenticazione e rilancio di un artista dal destino misterioso e altalenante, le cui sorti segnate dalla sfortuna (mali polmonari lo afflissero dall´infanzia, la polio gli offese una gamba e fu il solo superstite di quattro fratelli: gli altri morirono in tenerissima età), giunsero a farne un simbolo spiccatamente preromantico, accentuandone aspetti lirici e sentimentali a scapito di caratteristiche quali il rigore dei ritmi, la potenza drammatica, la peculiarità dello stile e l´ironia penetrante del teatro buffo (come nell´opera La serva padrona). Accadde addirittura che per alimentarne l´immagine oleografica gli siano stati attribuiti numerosi apocrifi: solo negli ultimi decenni, grazie a musicologi come Francesco Degrada, i tanti falsi sono stati smascherati. E per illuminare le sue grandiose verità hanno fatto molto (e molto stanno facendo) interpreti come Claudio Abbado, che a Jesi dirigerà un concerto il 25 settembre 2010 e che sta completando un importante ciclo di incisioni pergolesiane, e come Riccardo Muti, il quale esplora con appassionata devozione, fin dall´alba della sua carriera, i palpiti e la napoletanità di uno tra i musicisti che gli stanno più a cuore. Il lavoro filologico passa anche attraverso il gigantesco patrimonio di carte conservato dal Banco di Napoli, città in cui Pergolesi, bambino prodigio, venne mandato a studiare, distinguendosi subito come violinista eccelso, e già al Conservatorio suonava come capo-paranza, ovvero guida di un ensemble che accompagnava funerali e altri riti. Sotto la dominazione austriaca la capitale del Mezzogiorno attraversava una fase di creatività sfolgorante, con l´esito di un mercato di vivacità frenetica per l´arte. Il che spiega la mole di documenti accumulatisi negli archivi del Banco, «che testimoniano la fitta trama di rapporti su cui si fondava la produzione musicale in un´epoca fertilissima per Napoli, che irradiava cultura nell´intera Europa», riferisce Francesco Cotticelli, che con Paologiovanni Maione coordina il gruppo di studiosi a cui spetta il compito di schedare i giornali di cassa delle sette sedi dell´istituto di credito attive a Napoli nel periodo in cui si manifestò il talento pergolesiano, dal 1727 al 1736. E aggiunge che «l´archivio della banca include polizze, contratti, testamenti, ricevute di pagamento e accordi di vario genere tra musicisti e committenze quali teatri, chiese e impresari». Si nutre anche di tali materiali un viaggio nelle fonti che può dettare cambiamenti nella prassi esecutiva, «rilevando come spazi e contingenze, disponibilità finanziarie e momenti politici, influissero sul numero dei leggii e sulle tipologie strumentali», afferma Cotticelli. Inoltre questo nuovo metodo d´indagine «porta a definire meglio la fisionomia della scena napoletana nel Settecento, col suo circuito di botteghe sonore dove primeggiavano i musici-artigiani». Tra loro non figura solo Pergolesi: dal giacimento affiorano tasselli biografici e musicali di altri esponenti quali Scarlatti, Vinci, Jommelli e Paisiello. Compositori così fecondi che al prezioso filone partenopeo Muti sta dedicando dal 2007 a Salisburgo il programma annuale del Festival di Pentecoste, di cui è il responsabile artistico. Va detto che è un´esperienza emozionante, per il visitatore, avventurarsi nei locali dell´antico palazzo di Via dei Tribunali dov´è custodito l´archivio storico del Banco, immerso in un silenzio pregno dell´odore delle vecchie pergamene. Spiccano a migliaia, negli scaffali che tappezzano i muri altissimi, raccoglitori, faldoni e libri contabili di misure diverse, e in certe stanze pendono dal soffitto, senza toccare il suolo, poderosi "salami" cartacei, cioè mega-cilindri di documenti sovrapposti: «Era in uso tenerli sollevati da terra perché non fossero rosicchiati dai topi o guastati dalle inondazioni», racconta De Vivo. Scorre anche in questa scenografia densa di suggestioni l´eterna vitalità della grande musica.