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 2010  gennaio 03 Domenica calendario

Per il buddismo Zen, la religione maggioritaria in Asia orientale, in Cina, Corea e Giappone, è una specie di primate, un abate pari a quelli delle migliaia di abbazie di questi parti ma «più uguale degli altri»

Per il buddismo Zen, la religione maggioritaria in Asia orientale, in Cina, Corea e Giappone, è una specie di primate, un abate pari a quelli delle migliaia di abbazie di questi parti ma «più uguale degli altri». giovane per il suo ruolo, piccolo e paffutello, classe 1965, altezza 1,65 per circa 65 chili di peso, e mani calde come stufe. Shi Yongxin però non è solo a capo del centro buddista più importante della regione, è anche una guida spirituale, incarnata ed effettiva, di un mito che dall’Oriente ha conquistato l’Occidente come una marea devastante. Il suo è il tempio di Shaolin, quello che da il nome allo stile di kung fu più celebre al mondo. Da un paio di anni sul suo capo si addensano, più nere e minacciose delle nuvole, le polemiche, dentro e fuori la Cina. I nemici accusano l’abate Shi di avere mercificato il santo nome di Shaolin. L’ultima sua impresa è quella di avere legato il nome del tempio a un giro turistico della vicina città di Dongfeng, nella provincia Henan, con l’agenzia di viaggi cinese China travel. Lo scopo è di promuovere cultura e arrivi nella montagna di Songshan, sede del monastero. I critici sospettano che l’abbazia avrà una parte delle azioni dell’impresa turistica che cercherà di essere quotata nel 2011 a Hong Kong o Shanghai. Shi nega, ma oltre 80 scuole e club di arti marziali in tutto il mondo sono associati o controllati direttamente dal suo monastero. L’anno scorso il tempio ha accolto 1,6 milioni di visitatori e ciascuno di loro ha pagato 10 euro per un biglietto che dava anche diritto ad assistere a uno spettacolo acrobatico di kung fu. Il monastero ha un sito dove commercia souvenir kung fu, e funge da set per film e spettacoli. Shi Yongxin si è fatto molti nemici in patria e all’estero perché la sua è prima vera operazione di «marchio commerciale», e non solo, della Cina. Ha registrato la sigla di Shaolin, e negli ultimi dieci anni, da quando è diventato abate, ha cercato di eliminare tutti quelli che nominavano il suo nome invano. Secondo l’abate si trattava in primo luogo di separare il grano dall’oglio. Fino a qualche anno fa era facile mettersi una tuta arancione e chiedere l’elemosina nelle strade affollate del centro di Shanghai o di Chengdu facendosi passare per santo «monaco di Shaolin». O viceversa chiedere il pizzo minacciando rappresaglie su negozi, dichiarandosi feroci monaci guerrieri di Shaolin. Inoltre occorreva dare un punto di riferimento autentico ai seguaci e appassionati veri. Tra i suoi più celebri fan c’è il premier russo Vladimir Putin (pare che una delle sue figlie abbia preso i diritti per aprire un centro Shaolin a Mosca) e il governatore della California Arnold Schwarzenegger. Prima di Shi Yongxin non c’era controllo, un po’ come se chiunque potesse dichiararsi prete cattolico e tirare su chiese o seminari, raccogliere offerte e amministrare battesimi. Il nome di Shaolin è a un incrocio quasi mistico di religione, forza militare e spettacolo. Il monastero è considerato il luogo di fondazione dello Zen nel 5° secolo dopo Cristo, la forma di religione con cui il buddismo ieratico indiano si è innestato profondamente nella tradizione empirica e pragmatica della Cina. Il buddismo di Shaolin insegna a concentrarsi in ogni momento come se fosse l’ultimo, e quindi dovrebbe dare insieme la passione per lo sforzo ma anche l’indifferenza per il risultato, cose essenziali per il guerriero, che deve combattere al meglio senza però temere la morte propria o del nemico. Da questa mistica del gesto puro nascono quella specie di crociati templari del buddismo che furono per vari secoli e in varie fasi della storia cinese i temuti monaci di Shaolin. Una religione arrivata al cinema di Hong Kong attraverso i popolarissimi romanzi dello scrittori di cappa e spada Jin Yong, e poi approdata a Hollywood che si innamora delle movenze di una lotta che sembra una danza e abbandona i gesti disordinati delle scazzottate dei western. Ma l’esercizio fisico all’abbazia non è fine a se stesso, serve, come la meditazione o la lettura dei sutra, solo come passaggio per raggiungere l’illuminazione. Allo stesso modo oggi, spiega l’abate, le attività commerciali, i soldi dei biglietti, come le offerte, le elemosine, servono a promuovere lo Zen come religione. Alla periferia di Pechino Shi ha ora fondato l’anno scorso una specie di seminario, dove non verranno turisti a caccia di emozioni tra Bruce Lee e kung Fu Panda, ma persone interessate solo a pensare e pregare seguendo lo Zen. Stampa Articolo