Alessandro Penati, la Repubblica 2/1/2010, 2 gennaio 2010
Dieci anni perduti. Chi avesse investito 100 euro nell´indice europeo a fine 1999, oggi, dividendi inclusi, ne avrebbe 87: in media -1,4% l´anno (indici MSCI/Barra)
Dieci anni perduti. Chi avesse investito 100 euro nell´indice europeo a fine 1999, oggi, dividendi inclusi, ne avrebbe 87: in media -1,4% l´anno (indici MSCI/Barra). E ancora dobbiamo sottrarre la perdita di potere di acquisto della moneta e gli oneri (tasse, costi di gestione, intermediazione, custodia, spread tra prezzi di acquisto e vendita): per esempio, con inflazione media al 2% e costi complessivi dell´1% (ragionevoli per un fondo pensione), gli 87 euro scendono a 65. La Borsa Italiana ha fatto peggio: in media -2,2% annuo. 100 dollari a Wall Street, si sono ridotti a 92; e 100 Yen a Tokyo, sono diventati 59. Ciononostante non è stato un decennio eccezionale: dal 1968 al 1983 le Borse rimasero praticamente piatte, ma l´impatto dell´inflazione fu allora più devastante. La similitudine tra gli anni ”70 e la prima decade del 2000 non finisce qui: entrambi i periodi vengono dopo un decennio di crescita vertiginosa dei prezzi di Borsa, gli anni ”50 e ”90. L´andamento delle Borse è dominato da eventi inattesi e aspettative. Ma gli scostamenti da valori coerenti con la redditività del capitale, per quanto possano essere duraturi, prima o poi rientrano. Il prezzo di mercato di un titolo può crescere più rapidamente del suo valore patrimoniale (pari agli aumenti di capitale e gli utili accumulati nel tempo) solo se la redditività attesa dei nuovi investimenti eccede quello del capitale esistente. Il motore del boom di Borsa degli anni ”50 fu l´aspettativa che la ricostruzione post bellica, la ripresa del commercio internazionale, e l´ondata di innovazioni tecnologiche generata dalla guerra, avrebbero fatto crescere la redditività del nuovo capitale. Quello degli anni ”90, l´impatto sulla redditività dell´apertura di nuovi mercati (Cina, India, ed Est Europa), della rivoluzione tecnologica nei Pc e comunicazioni, e della riconquistata stabilità monetaria. Ma la redditività del nuovo capitale non può crescere all´infinito, le aspettative si ridimensionano e i valori di mercato tornano in linea con la redditività storica. Così, da un secolo, il rapporto tra la capitalizzazione complessiva delle società in Borsa e il loro patrimonio oscilla intorno a un valore medio costante. Nonostante il decennio perduto, oggi questo rapporto è sui livelli del picco raggiunto a metà anni ”60, alla fine del boom di Borsa del dopoguerra. Le Borse dunque non sono ancora a buon mercato. E lo scenario più probabile per il prossimo decennio è un rendimento delle azioni intorno alla media secolare del 6%. Tenuto anche conto dello sforzo necessario a ridurre gli enormi disavanzi pubblici nel mondo. Il decennio perduto dovrebbe eliminare l´errata quanto radicata convinzione che si possa generare più rendimento e ridurre il rischio diversificando tra tipologie di azioni. La diversificazione geografica non avrebbe funzionato: 100 euro nell´indice mondiale, oggi sarebbero 72. Vero che se fossero stati investiti solo in Brasile, India e Cina, avrebbero guadagnato l´11% l´anno. Ma i vincitori sono pochi ed è difficile indovinare quali siano, anche perché i vincitori di domani non sono quasi mai quelli di ieri: un investimento nelle famose Tigri Asiatiche avrebbe reso meno di un Btp. Non sarebbe servito puntare sulle caratteristiche delle aziende: l´indice mondiale dei titoli a buon mercato, rispetto agli utili, ha perso lo 0,1% annuo; quello dei titoli ad alta crescita, addirittura il 6%; e quello delle aziende medio-piccole avrebbe reso solo lo 0,4%. E se alcuni settori come le utility avrebbero guadagnato in media il 3% (comunque meno di un titolo di Stato), quelli su cui c´erano maggiori aspettative hanno tutti perso: 11% i tecnologici, 3% i finanziari, 5% i beni di consumo. Ci attende un decennio di bassi rendimenti. E sarà anche difficile fare meglio degli indici di mercato. Troppo poco per assorbire i costi di un´industria della gestione, rimasti agli anni delle vacche grasse.