Antonella Olivieri, Il Sole-24 Ore 30/12/2009;, 30 dicembre 2009
«CRISI FINITA? SOLO SE C’ LAVORO»
La crisi un anno dopo. Le Borse hanno innescato un rimbalzo che le porterà a chiudere il 2009 con consistenti rialzi, i tassi sono scesi ai minimi, la liquidità è abbondante. Si può dire che la crisi finanziaria è finita?
«Bisognerebbe avere capacità divinatorie per affermarlo», risponde Isidoro Albertini, novant’anni appena compiuti. «Ad ogni modo la crisi è stata affrontata nel modo giusto e con mezzi consistenti – aggiunge il presidente di Albertini-Syz, considerato uno dei "grandi saggi" di Piazza Affari ”. Contrariamente a quanto avvenne negli anni ’30,questa volta non c’è stata esitazione. Si è deciso di intervenire subito con massicce iniezioni di liquidità, senza le quali le conseguenze sarebbero state ben più gravi. stata la cosa giusta da fare, perchè i maggiori rischi erano finanziari, interni al sistema delle banche, delle banche d’affari e di certe compagnie d’assicurazione.
Il problema?
Lo sbilancio tra mezzi propri e leverage. Si è fatto troppo ricorso al debito per operazioni che, ex post, sono state riconosciute come speculative. Operazioni facilitate dalla possibilità di indebitarsi in diverse valute a tassi bassi per investire poi in azioni. La crisi è venuta da lì e la correzione è andata nella direzione giusta. Gli effetti si sono visti. Ma è difficile stabilire se il risultato sia da considerare definitivo.
Quali sono ancora i fattori di preoccupazione?
Si è letto che nel mondo ci sono ancora 3mila miliardi di posizioni non sistemate. Realtà o fantasia? In parte si tratta sicuramente di "titoli tossici" e in parte di situazioni che non si conoscono ancora, ma che possono provocare improvvisi squilibri.
Basta vedere cosa è successo di recente con la Grecia.
La Grecia è alle prese con un indebitamento che cresce e un Pil che non aumenta. E un altro esempio è Dubai, l’emirato che si è riempito di debiti senza essere produttore di petrolio. E il problema è che non c’è molto di liquidabile. A chi vendi un grattacielo non finito, che doveva essere il più alto del mondo?
L’intervento di banche centrali e governi che nell’immediato ha avuto l’effetto di calmare le acque non finisce poi semplicemente per spostare i problemi in avanti? In altri termini, dopo il lungo rimbalzo dei listini ora non c’è il rischio di una nuova bolla?
Non possiamo pensare che questa ripresa possa continuare all’infinito. Adesso entriamo nella fase in cui cominciano ad arrivare al pettine i nodi dell’economia. Non devono illudere gli ultimi dati macro americani, perchè il miglioramento è dovuto anche a fattori statistici, dal momento che ci si confronta con i mesi del dramma di un anno fa.
E, dunque, quando ripartirà "davvero"l’economia?
Per una forte ripresa economica occorre che ripartano i consumi, ma il problema vero è la disoccupazione. E poi occorre che ripartano gli investimenti delle aziende, che invece non si vedono.
Investire in Borsa in questo contesto può essere rischioso.
La liquidità c’è, ma non può essere investita come capita. Certamente ci sono settori più difensivi, che sono meno esposti al ciclo, come energia e utilities, che tra l’altro possono essere interessati dalla ripresa quando arriverà. Oppure la farmaceutica, settore che sarà sostenuto anche dalla riforma sanitaria di Obama. O, ancora, l’alimentare, perché le famiglie possono comprimere i consumi solo fino a un certo punto.
Si può giocare solo in difesa o anche all’attacco?
Beh, si può puntare sul futuro. C’è la necessità di sviluppare nuove realtà industriali, in particolare nel campo delle energie rinnovabili perchè si va verso una minore sudditanza dal petrolio. assurdo per esempio che l’Italia sfrutti l’energia solare meno di paesi freddi come la Germania e la Danimarca. Comunque è un processo che comporta tempi lunghi.
E il nucleare?
Come il petrolio anche l’uranio non è eterno. E ci sono poi due considerazioni da fare. L’una è che l’opinione pubblica in Italia è sempre contraria, l’altra è che tutti aspettano l’impianto che elimina tutti i rischi. Ad ogni modo anche costruire questi impianti richiede anni.
Comunque, lei dice, trend di lungo periodo.
Ma è indubbio che il quadro economico sarà condizionato da questi cambiamenti epocali che faranno nascere nuovi settori e nuove aziende. E poi ci saranno cambiamenti di baricentro geografico, perchè l’Europa invecchia mentre i paesi emergenti sono giovani.
Invecchiano anche i settori. Insieme alla crisi finanziaria è esplosa la crisi di settori maturi come l’industria automobilistica.
Si è riusciti a farla ripartire con gli incentivi statali, ma si è creata una situazione artificiale perchè il mercato continua a evidenziare un forte sbilancio tra capacità produttiva e assorbimento della produzione. Gli incentivi erano necessari, ma ora occorre puntare su nuove tecnologie, per esempio sullo sviluppo dell’auto elettrica.
Non solo l’auto, ma anche altri settori sono stati messi sotto pressione .
In alcuni settori tradizionali la ripresa sarà lenta se non lentissima. Ma per contro stanno nascendo o nasceranno nuove industrie o nuove produzioni anche se la trasformazione richiederà tempo. Del resto la disoccupazione può essere assorbita solo con la nascita di nuove industrie.
Abbondante liquidità e incentivi sono stati gli strumenti utilizzati per parare i colpi della crisi. Prima o poi si dovrà frenare.
il mercato stesso che a un certo punto spingerà al rialzo i tassi, perchè nessuno più investe con rendimenti all’ 1%. Ma bisognerà stare molto attenti, perchè il rischio è di soffocare la ripresa sul nascere. Giocheranno le scelte dei Governi e delle istituzioni centrali dei grandi paesi. Mi auguro che il coordinamento che c’è stato a livello internazionale nella fase acuta della crisi sia confermato anche nella fase della correzione.
Le misure di ritorno alla "normalità" devono essere dunque graduali e flessibili per non creare nuovi squilibri o nuovi allarmi. Paradossalmente è più difficile prendere iniziative corrette in questa fase piuttosto che in piena emergenza.
Almeno, si è imparata la lezione?
Qualcosa si è imparato. Nessuno oggi può negare che i problemi sono derivati dallo squilibrio tra la consistenza dei mezzi propri e la leva del debito. Però la speculazione che riparte come è ripartita in questi mesi dimostra che non tutti tengono conto di questo insegnamento.
Occorrerebbero più regole, più controlli?
Gli strumenti per misurare i rischi c’erano già. Adesso verranno introdotte regole più restrittive, ma si troverà il modo di aggirarle ugualmente. Difficile trovare giuste regole che non soffochino il mercato e non siano aggirate. Quando parliamo per esempio di conflitti d’interesse, capiamo che non saranno mai risolti perchè ci sono sempre troppi interessi in gioco.
«La disoccupazione sarà assorbita con la nascita di nuove industrie e trasformazioni epocali».