Gianni Ranieri, la Stampa 31/12/2009, 31 dicembre 2009
Faustino, nato dall’unione con la Dama Bianca: «Amava la mia mamma» di Gianni Ranieri per la Stampa - Nel cuore di questa storia c’è una bimba che si chiama Marina e sta ascoltando una bellissima fiaba raccontata dal suo giovane papà
Faustino, nato dall’unione con la Dama Bianca: «Amava la mia mamma» di Gianni Ranieri per la Stampa - Nel cuore di questa storia c’è una bimba che si chiama Marina e sta ascoltando una bellissima fiaba raccontata dal suo giovane papà. Il papà di Marina è un campione; una bandiera dello sport, a quei tempi, più amato in Italia. un re che siede sul più popolare dei troni, la bicicletta. Affronta e conquista le pianure, le montagne, si versa nelle discese, combatte le bufere, doma le nevi. un collezionista di trionfi che porta sul viso la somma dei suoi pensieri: una sorta di nostalgia di cose che solo lui conosce. Marina lo guarda con l’imparzialità dei bambini, il loro amore non stila classifiche. Per Marina nessun traguardo, nessuna fuga per la vittoria ha il valore di una carezza, di un bacio, di un nome, il suo, pronunciato con tenerezza. La fiaba parla di una lanterna. una lanterna di minatori, il papà di Marina è appena ritornato dal Belgio e l’ha portata con sé. Vedi Marina, sono loro, i minatori italiani di Marcinelle, di Charleroi, che me l’hanno regalata. Mi hanno detto vinci per noi. E io devo vincere anche per loro, Marina. Sono persone lontane da casa, che mi vogliono bene e chiedono un po’ di felicità. Io e la lanterna possiamo aiutarli a non essere tristi. Ma non è una fiaba, è una cosa vera. La bambina e il papà si abbracciano. Fausto Coppi stringe a sè la piccola Marina. Il tempo arricchisce l’immagine. «Per quanto breve sia stato il tempo delle carezze, mi tiene compagnia il ricordo di un papà pieno di attenzioni e di affetto. Io non sento mai freddo quando penso a lui. Era gentile, non urlava, parlava. E quel bel sorriso timido in un uomo così forte. Ma certo, le cose che dico sono riflessioni da adulta, filtrate dagli anni. Chissà a che cosa pensavo allora. Era un gigante, lui. Il gigante e la bambina. Ma io pensavo soltanto che era il mio papà». Oggi, di quella bambina che nel 1960 non svaniva nei videogiochi non evaporava in you tube e non usava il telefonino, di quella Marina e di quel papà restano una squisita signora che cura il passato ma non ne fa l’esclusivo nutrimento della sua vita, e un mito: Fausto Coppi, qualcosa di più di un dominatore e la sua diversità non sono facilmente spiegabili. Nascono, esistono, ci conquistano. A cosa serve chiedersi perché? Il gigante è morto a quarant’anni per una malattia che non dovrebbe uccidere i giganti. Marina Coppi ne ricostruisce la vita attraverso la voce degli altri. «Ho fatto il montaggio d’un materiale enorme e per quanto ne sia venuta fuori la storia d’un essere straordinario, non ho mai confuso il campione con il papà della lanterna». Marina aveva dodici anni quando suo papà l’ha lasciata per sempre: ma già se n’era allontanato, seguendo un destino che non ripeteva l’andare e venire dell’uomo qualsiasi. «Eh, no, non era un uomo qualsiasi. Credo fosse un artista e la sua bicicletta un mezzo per esprimere il dono che portava nell’animo. Dico un artista, perché nelle sue imprese c’erano l’intensità e la drammaticità degli artisti. diventato un mito. La Francia che ama gli artisti lo ha tanto amato. Credo interpretasse in un modo nuovo, alto e personalissimo uno sport faticoso e di pena come un lavoro in fabbrica. Era un uomo elegante. Amava la sfida, la sua terra e il piacere della solitudine. Ho un figlio, Francesco, che ha preso dal nonno. Il suo talento lo esprime tra le vigne, i suoi traguardi sono i vini ai quali si è dedicato. Ce n’è uno che si chiama Timorasso, era scomparso, lo ha rimesso al mondo. Anche mio figlio, come papà, lavora sodo, agisce». Angelo Fausto, il Faustino del campionissimo e di Giulia Occhini, non aveva ancora cinque anni quando Coppi è morto. Anche Faustino è un raccoglitore di memorie. «Nei racconti di mia madre, che porto nel cuore, c’è un signore raffinato. Si amavano. Mi piace che si fossero amati. Anche quando ascolto i racconti di sprepitose vittorie il mio pensiero non va al grande Fausto Coppi. Va al mio papà che amava la mia mamma. Strano destino. Il Coppi più vero non l’ho trovato nel film che la televisione ha fatto su lui. L’ho trovato nel film su Bartali». Marina e Faustino, si incontrano, si stimano. Da buoni fratelli condividono il ricordo del loro papà.