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 2009  dicembre 31 Giovedì calendario

SANTO ROSSO E VERDONE *

(Per gli ”a capo” dell’intervista aprite il frammento: il Fatto sta solo in versione Pdf, vanno aggiustati tutti i capoversi dell’intervista - senza caporali o virgolette - uno a uno) - ”PRIMA O POI ARRIVA per
tutti il momento di questo”,
avvisa Bernardo brandendo
una boccetta di Serenilin ”Ma -ledetto il giorno che t’ho incontrato”, radiografia irriverente,
ironica e tenerissima dei guai della testa. Era il
1991. Molti anni dopo, per girare ”Io, loro e Lara” il regista
abbassa la camera verso il cuore. All’alba dei sessanta
è più Carlo che Verdone. I sorrisi che strappa in
questo film - che forse è un vero spartiacque nella sua
carriera - sono sinceri e non istigati. E per raccontare
ha bisogno più di umanità che di (psico)analisi, di
amore più che di paure, di incanto più che disillusione,
di speranze più che di nostalgie. Soprattutto di
semplificazione, di riportare tutto (sentimenti, perigliose
odissee della mente, rapporti) dalla Luna alla
Terra. Così capita che nella conversazione si affaccino
fede, politica, l’Africa mistica, l’amore come lavoro,
pezzi di sé perduti con le persone che se ne sono andate.
E calci nel sedere che a qualcosa sono serviti.
Don Carlo, quindi: ed è la prima volta che interpreta
seriamente e senza sarcasmo il ruolo di un
sacerdote. Com’è stato?
Le figure clericali, nei miei lavori precedenti, erano caricature
di un vecchio clero ”s t e re o t i p a t o ”. Lo erano
nella voce melliflua, nei toni cantilenanti e nei gesti
pacati. Erano osservazioni di tic di anziani parroci di
campagna che ho ”dilatato” in teatro, in tv e nei primi
film. No, qui ho sentito il bisogno di interpretare una
persona perbene, onesta. Un prete che crede in quello
che fa in Africa ma che ad un certo punto sente il peso
della fatica e forse la perdita della fede. Ne vorrebbe
parlare con i suoi familiari ma a nessuno frega niente. E
anzi lo coinvolgono in un clima di guerra tra parenti, in
un manicomio assoluto, mettendolo in situazioni miserabili
per un prete. Attraverso i suoi occhi vede un
’mondo occidentale”, rappresentato dalla sua famiglia,
alla deriva totale.
Cantautori, scrittori, artisti: molte conversioni ultimamente.
Che rapporto ha con la fede, se ha fede?
Le conversioni declamate su giornali e riviste dai vip mi
rendono molto dubbioso. Chi ha veramente fede ha un
comportamento molto sobrio e la sua serenità la vive
intimamente, attraverso azioni concrete verso il prossimo
senza ostentazione. La mia fede vacilla continuamente.
Ma alla fine riesco sempre a recuperarla. Dopo
la morte di mio padre, stranamente, la sento accresciuta.
Ma è un percorso duro, estenuante direi. Conosco
molti atei che si prodigano per il prossimo e, a mio avviso,
sono molto più ricchi spiritualmente di tanti bigotti
cattolici di enorme aridità.
Africa, il continente degli ultimi. Eppure un luogo
più ”consolatorio” dell’Occidente schizofrenico e
ipercinetico, che lei ha raccontato - prendendolo e
prendendosi in giro - in molti film. Come nasce
questa storia?
Per me l’Africa è un luogo ”mistico”. Mistico nel senso
che pur nella povertà ti consegna ”lo stupore”. Nella
natura e spesso nella dignità di chi non ha nulla. Quello
stupore che in molte parti dell’Occidente si è completamente
sbiadito. Se vogliamo questo film, pur essendo
una commedia, è anche la constatazione di quanto siamo
noi i veri miserabili. Confusi, insicuri, scontenti.
Pur avendo tutto.
Dice: ”In Occidente manca il rapporto umano e
tutto ruota attorno alla psicoanalisi. In Africa non
c’è tempo per queste cose”. Revisionismo sulla
psicanalisi?
Sì, il dramma nostro oggi sono proprio le relazioni umane.
A tal punto che deleghiamo alla psicanalisi troppe
cose che non ci va di indagare da soli e così ci affidiamo
ad una persona, a pagamento, nel risolverci il problema.
Esempio: non conto più gli amici che, avendo avuto
un insuccesso sentimentale, non ricorrano all’ana -
lista. Queste vicende fanno parte della vita e dovrebbero
esser risolte attraverso un ragionamento personale
fondato sul buon senso. La bulimia, l’anoressia, la
depressione sono spesso malattie ”occidentali”, del benessere.
Nel senso che un africano non si può permettere
di essere depresso più di tanto. Perché lì mancano
l’acqua, il pane … La psicanalisi serve, eccome, in molti
casi. Ma spesso se ne abusa.
A proposito, sul tema: meglio ”Maledetto il giorno
che t’ho incontrato” o ”Ma che colpa abbiamo
noi”?
Chiedo perdono per la mia presunzione, ma sono due
ottimi film. Estremamente veri in tutto. Perché testimoniano
la nostra crescente decisione nel non decid
e re .
Anche in ”Io, loro e Lara” la famiglia è un luogo di
guai e nevrosi, rapporti cronicizzati nei problemi.
Come ci si salva?
Ci si salva parlando e condividendo il più possibile con
i propri figli. Genitori distratti creano figli infelici. Nei
rapporti sentimentali, se non ci si mette in testa che
amare è anche ”un lavoro”, un impegno, si scrive presto
la parola fine.
Suo padre Mario è scomparso quest’anno: cosa le
manca di più di lui?
Mi manca il suo parere. Mi manca la sua indignazione
per tante cose cui oggi assistiamo. Mi manca la sua grande,
immensa dignità di uomo libero. E la sua immensa i ro n i a .
Per fare questo film è tornato a Cinecittà, dopo
tantissimo tempo. Che effetto le ha fatto? Solo
Amarcord? Lara è una signorina piuttosto turbolenta.
Un casino. La figura della donna-ciclone che
sconvolge vite è un suo grande classico. Perché?
Perché le mie prime storie sentimentali private erano
nate nel periodo femminista. Dove la donna si impone
sull’uomo e lo ”d e cl a s s a ”. Una donna forte ma spesso
inafferrabile. Affascinante ma che mette soggezione.
Diciamo che questo tema è stato abbondantemente
raccontato da me e anche da Troisi. Ma c’è anche un
altro aspetto. E cioè che io, come attore, rendo molto di
più quando vengo messo in perenne difficoltà, quando
sono in imbarazzo o alle corde. Questo mi permette di
esaltare la vitalità dell’attrice e a me di esprimermi al
meglio. Non credo di avere la faccia del vincitore…
Ancora sulle donne. Lei ha scritto: ”Quando una
donna è forte lo è molto più dell’uomo. Quando
una donna è noiosa lo è molto meno di un uomo. E
ho sempre pensato che certi grandi uomini sono
diventati ”grandi” perché accanto a loro c’erano
delle grandi donne”. Verità o galante cortesia?
Assoluta verità. L’ho visto con i miei genitori e l’ho notato
in tanti personaggi della storia. Ma dobbiamo stare attenti. Essere un grande uomo non significa necessariamente
essere ”car ismatico”. Anche Hitler lo era. Il
grande uomo è nella saggezza, nell’autorevolezza del
pensiero. Nella serenità delle decisioni, nel buon senso.
E in genere il ”buon senso” è suggerito spesso dalla
donna che ti sta accanto.
Laura Chiatti, ma non solo: le sue attrici sono spesso
stupende. Cos’è la bellezza?
Rispondo con una battuta di ”B o ro t a l c o ”: ”La prova
provata dell’esistenza di Dio”. A parte gli scherzi, credo
che la bellezza sia molto soggettiva. Per me è una forte
emozione che non mi colpisce subito ma a poco a poco.
Mi innamoro dei volti. Degli occhi, dei capelli, delle
labbra. Spesso di alcuni dettagli che nel cinema sono un
valore aggiunto grazie al primo piano.
Parliamo d’amore. Meglio con o senza? Pace o ginocchia
che tremano?
Ma senza la passione, il cuore che batte, i patemi d’ani -
mo, la sudarella vuol dire che sei un arido! Uno che non
ama può dire di essere esistito ma di non aver mai vissuto.
Il suo compagno di zingarate musicali, Antonello
Venditti, in una famosissimo pezzo, canta: non c’è
sesso senza amore. Vero o falso?
Falsissimo purtroppo. Il sesso a pagamento sta tenendo
quasi a galla molte economie.
Una volta ha detto: ”La mia comicità deriva da una
timidezza di fondo. Penso di essere un pedinatore
di italiani. Li seguo, li guardo, ne osservo i tic e poi
ne faccio un film”. In questo film prende in giro suo
padre, che ritrova risposato con la badante rumena,
arzillissimo e con manie giovaniliste. Difficile
accettare il tempo che passa?
Ma perché? C’è un tempo per tutto. Io non cambierei
nulla di quello che ho vissuto e non baratterei nulla.
Certi ricordi sono dentro il mio cuore e li custodisco
con amore, come un film che vedo e rivedo e non mi
annoia mai. Anche se diventa sempre più in bianco e
n e ro .
Quest’anno compie sessant’anni. Il rimpianto e il
rimorso più grandi?
Il rimpianto di non aver avuto mia madre in alcune tappe
della mia vita. Morì a 59 anni. Rimorso di non aver
dato abbastanza ad alcuni miei amici fraterni. Sono vissuto
e forse vivo troppo per il lavoro. Ed è uno sbaglio
enorme.
Meglio un giro in Lotus, una partita della Roma o
una cena con una bella signora?
Meglio un giro in Lotus con una bella donna sulle colline
sabine con la radio che mi dice che la Roma ha vinto
al 90°. Il massimo.
Libro sul comodino in questi giorni.
’La vocazione minoritaria” di Goffredo Fofi. Un grande
uomo libero che dice quello che pensa.
’Voterò per Veltroni ma è l’ultima volta che voto”:
poi è successo?
Era, all’epoca, una dichiarazione di disappunto per la
politica sbiadita e confusa della sinistra. Alle ultime primarie
non sono andato. Però alle elezioni voto, voto
sempre: è un dovere. Però oggi credo che dire ”di des t ra ” o ”di sinistra” cominci ad avere poco senso. Mentre
’vocazione minoritaria” ne ha, paradossalmente,
molto.
Farebbe un film politico?
Sorrentino con ”Il Divo” c’è riuscito benissimo. stato
un genio perché ha trovato una chiave quasi ”psiche -
delica”. Ma che film politici si possono fare in Italia?
Quando ogni sera, in tv, c’è una riunione condominiale
da commedia all’italiana… Siamo il Paese delle grandi
inchieste televisive, fatte molto bene. Ma con un problema:
che i finali sono e resteranno sempre pirandelliani.
A proposito di politica: tutto bene o qualcosa, in
Italia, la mette a disagio? Lo sente il clima di guerra
civile?
Sento un Paese diviso in tante parti . E sento che nessuno
fa il vero bene del Paese e che tutti badano al loro
partito, partitino o coalizione. Troppi giochi di prestigio
tra le solite figure. E intanto non si intravede l’o m b ra
di un ricambio generazionale. Un problema da niente…
Vizi. Frase di Nancy Brilli: ”Verdone ti sa dire a
memoria la composizione di qualunque ritrovato
medico”. Però le è valso una laurea honoris causa
in medicina…
Molti scambiano, ma sbagliano, la mia grande passione
per la medicina con l’ipocondria. Mi urta molto. A Napoli
sono stato interrogato su tre patologie e dopo averle
azzeccate ho suggerito la cura farmacologica perfetta.
Ma alla fine è stata più una festa divertente per duemila
studenti nella grande aula magna alla Federico II di
Napoli. La sera mi piace aggiornarmi su libri o su siti seri
di congressi medici. una passione vera la mia!
Miti: Moretti in senso dispregiativo disse ”Ve lo
meritate, Alberto Sordi”.
Grande battuta di Nanni. Visti i tempi odierni penso
che avesse perfettamente ragione…
Cinema: che pensa della polemica sul cinepanettone
d’essai? De Sica è un suo vecchio amico, però Natale a
Beverly Hills è davvero un’infilata di volgarità.
In effetti il marchio d’essai lascia basiti. Ma a ma quello
che fa paura è un’altra cosa e cioè che rischiamo di diseducare
un pubblico popolare al racconto cinematografico
complesso, di qualità. L’abuso della parolaccia
alla fine è il segnale che si teme di aver fatto un film debole.
E allora gli dai dentro. Ma Christian non ne avrebbe
bisogno. In Totò e Peppino non esisteva l’ombra di nessuna
volgarità: per questo resteranno immensi.
Sergio Leone a proposito di lei: ”Carlo parlava,
parlava, parlava, riproponendo il divertente standard
sordiano degli anni ”50 con disinvolta reiterazione.
Un attore che non apparteneva a un ”ge -
n e re ” ma solo a se stesso”. Poi però le diede un
ceffone sul set di ”Un sacco bello”.
Vuol sapere la verità? Neanche io ho capito bene le mia
potenzialità espressive e fisiche e mi sembra un vero
miracolo quello che mi è successo nella vita. Certamente
di fronte al pubblico esce fuori, per magia, un
altro Carlo. Perché il Carlo privato è molto timido.
Quando vedo certi miei film mi sembra di vedere
un’altra persona con un coraggio da matto. Ma molti
comici sono stati o sono come me o anche peggio.
Sordi, per esempio, nel privato era molto austero. Sì,
Leone mi ha menato tre o quattro volte perché non
seguivo quello che voleva. Ma erano sberle di un padre
che voleva molto bene al figlioccio. La smise quando
un giorno anziché prendermi il sedere prese con un
calcio lo spigolo di un mobile. E camminò a lungo con
una ciabatta.
’Io, Loro e Lara” apre il 2010. Cosa si aspetta dal
cinema italiano per quest’anno?
Ho la sensazione che sarà un’annata buona e ricca anche
di qualità. Io ho toccato un bel tema, vero, attuale.
E nel finale un piccolo, importante messaggio c’è. Io ho
fatto con estrema sincerità quello che volevo. Ora la
palla passa al pubblico. ’ lui il giudice supremo.