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 2009  dicembre 31 Giovedì calendario

Gli enti inutili? Sono invincibili C’è anche il Pio Elemosiniere di Sergio Rizzo per il Corriere della Sera - ROMA - Ma la montagna è di sinistra o di destra? Quesito senza senso, se non fossimo in Italia

Gli enti inutili? Sono invincibili C’è anche il Pio Elemosiniere di Sergio Rizzo per il Corriere della Sera - ROMA - Ma la montagna è di sinistra o di destra? Quesito senza senso, se non fossimo in Italia. Dove la risposta, invece, è: dipende. Dipende da chi c’è al governo. Al tempo di Romano Prodi l’Ente italiano montagna era nella mani di un ex deputato diessino, Luigi Olivieri? Ecco che con Silvio Berlusconi il posto è stato assegnato aMassimo Romagnoli, ex parlamentare di Forza Italia. Quella nomina l’ha fatta il consiglio dei ministri due mesi fa, durante la stessa riunione nella quale veniva celebrato il salvataggio di massa di una quarantina di enti pubblici. Chi non ricorda l’operazione «taglia enti»? Nella prima sterminata legge Finanziaria del governo Prodi era prevista una generale riorganizzazione degli enti pubblici non economici. Ma c’era anche un elenco di quelli (undici) che dovevano essere comunque sciolti d’imperio. Per esempio, l’Unione tiro a segno, oppure l’Ente irriguo umbro-toscano, o ancora l’Ente opere laiche palatine pugliesi, l’istituto nazionale di beneficenza Vittorio Emanuele III, il Pio istituto elemosiniere... Scopo della sfoltita degli enti cosiddetti inutili era quello di far risparmiare un po’ di quattrini alle casse dello Stato. Fu così che per un eccesso di zelo finì nell’elenco anche il famoso Ente italiano montagna, che la stessa legge finanziaria aveva fatto nascere dalle ceneri di un altro ente, l’Istituto della montagna. Errore a cui si pose presto rimedio escludendo l’Eim dalla lista e finanziandolo con 2,8 milioni di euro. Anche se il senso dell’operazione non è chiarissimo: l’ente dovrebbe gestire una specie di banca dati della montagna. Compito che potrebbero, secondo molti, svolgere più opportunamente le Regioni. Cominciò subito un tira e molla. Era chiaro che gli enti non accettavano di buon grado l’eutanasia. Ognuno di essi aveva qualche santo in paradiso e i santi, alla fine, ebbero la meglio. Finché arrivarono Giulio Tremonti, Roberto Calderoli e Renato Brunetta. E rimisero in azione le forbici. «Nessuno sa quanti sono e forse c’è stata la volontà di tenerli nascosti. Ma ora procederemo senza tentennamenti», ringhiò Calderoli. Venne stabilito che gli enti pubblici non economici con meno di 50 dipendenti sarebbero stati soppressi in tre mesi. Dalla strage si sarebbero salvati quelli giudicati espressamente «non inutili» per decreto di Calderoli e Brunetta e quelli che avessero avviato una procedura di riordino per far risparmiare dei soldi al contribuente. Il massacro veniva esteso anche agli enti di maggiori dimensioni, a patto che non avessero avviato anch’essi una riorganizzazione. La ghigliottina doveva scattare entro il 31 marzo del 2009. Scadenza via via spostata per legge fino al 31 ottobre. Nel frattempo la talpa si era messa a scavare. Prima è stata salvata l’Unione ufficiali in congedo. Quindi il ministro della Difesa Ignazio La Russa ha annunciato il salvataggio dell’Unione tiro a segno. Quindi hanno tirato un sospiro di sollievo l’Istituto per l’Africa e l’oriente, l’Accademia della Crusca, la Cassa conguaglio trasporti di gas di petrolio liquefatto, l’Agenzia per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale, e altri ancora. E il 28 ottobre, all’ultimo consiglio di amministrazione utile prima della fatidica scadenza del 31 ottobre, ecco che sono piovuti d’incanto sul tavolo di palazzo Chigi 39 piani di riordino. Ovvero, una specie di assicurazione sulla sopravvivenza, fra gli altri, per l’Istituto opere laiche palatine pugliesi, l’Agenzia per i giovani, l’istituto agronomico d’oltremare, la Scuola archeologica italiana di Atene, la Fondazione Guglielmo Marconi, l’Unione accademica nazionale, il Comitato per il marchio comunitario di qualità ecologica, l’Istituto Vittorio Emanuele III. A scanso di equivoci si sono messi al riparo anche alcuni enti parco, che avevano rischiato di essere cancellati con un colpo di spugna dal codice delle autonomie locali, scampandola all’ultimo istante. Ma non si sa mai. Così alla fine il consiglio dei ministri non ha potuto che prendere atto della situazione e soprassedere al decreto legge che avrebbe decretato i tagli. Al suo posto si farà una «circolare» per «consentire un’applicazione ottimale della norma cosiddetta taglia-enti». Una circolare! Particolare non trascurabile: il giro di vite sugli enti considerati inutili avrebbe fatto risparmiare ben 415 milioni di euro per il 2009. Il ministero dell’Economia avrebbe dovuto assegnare con suo decreto ai vari ministeri vigilanti sui diversi enti gli obiettivi di risparmio. Decreto che non ha ancora visto la luce Sergio Rizzo, Corriere della Sera 31/12/2009 La Scuola archeologica di Atene Dopo il mio articolo sugli enti inutili pubblicato sul Corriere del 31 dicembre sono arrivate molte lamentele di studiosi e lettori perché la Scuola archeologica italiana di Atene è stata citata fra i circa 40 soggetti che avendo presentato un piano di riordino il 28 ottobre (tre giorni rima che scattasse la ghigliottina governativa del taglia-enti) si sarebbero assicurati la sopravvivenza. Non che la Scuola in quel elenco non ci sia. Ma le lamentele sono giustificate. Come ha racontato a giugno del 2008 il nostro Antonio Ferrari, la centenaria Scuola archeologica di Atene è un fiore al’occhiello della cultura italiana in terra di Grecia che ha rischiato, proprio a causa della politica dei tagli spesso scriteriati, di essere trascinata fra gli «enti» considerati «improduttivi»: questo nonostante il costo modestissimo (640,000 l’nno) e l’abnegazione dei professori, che l’anno scorso hanno addirittura pagato le spese di viaggio di tasca loro. Riconosco che il fatto di aver citato la scuola in un elenco indistinto può aver generato l’impressione che la volessi assimilare a quegli enti, alcuni davvero inutilissimi, che si sono salvati per il rotto della cuffia. Cosa che non era mia intenzione fare. Me ne scuso con gli interessatie con i lettori. Sergio Rizzo, Corriere dellla Sera 3/1/2010