Eric Schmitt e Robert F. Worth, Repubblica 29/12/2009, 29 dicembre 2009
Il terzo fronte contro Bin Laden così l´America combatte nello Yemen di Eric Schmitt e Robert F. Worth - L´America, già coinvolta in due aspri conflitti, ha inaugurato in sordina un terzo fronte nello Yemen contro al Qaeda
Il terzo fronte contro Bin Laden così l´America combatte nello Yemen di Eric Schmitt e Robert F. Worth - L´America, già coinvolta in due aspri conflitti, ha inaugurato in sordina un terzo fronte nello Yemen contro al Qaeda. Stando ad un ex funzionario della Cia, l´intelligence ha inviato un anno fa nel Paese alcuni dei suoi maggiori esperti di antiterrorismo. Allo stesso tempo - rivelano alcuni ufficiali dell´esercito - i reparti più segreti delle Operazioni Speciali Usa avrebbero iniziato ad addestrare le forze di sicurezza yemenite in tattiche antiterroristiche. Così, mentre le indagini negli Usa cercano conferme alle dichiarazioni rese dal ventitreenne nigeriano - addestrato a suo dire da al Qaeda nello Yemen, che gli avrebbe fornito i materiali per far esplodere un aereo diretto a Detroit il giorno di Natale - viene fatta nuova luce sui complessi rapporti fra l´amministrazione Obama e lo Yemen. Il Paese è da tempo un rifugio dei jihadisti: già negli Anni Ottanta il governo ha accolto i guerriglieri reduci dall´Afghanistan. Nell´ottobre del 2000, nel porto di Aden un attentato suicida di al Qaeda contro il cacciatorpediniere americano Cole è costato la vita a 17 marinai. Di recente, i jihadisti hanno tentato di installarvi una propria base, reclutando forze attraverso la regione. Mentre la Casa Bianca rinsalda il rapporto con il governo del presidente yemenita Ali Abdullah Saleh, spingendolo a combattere le unità di "Al Qaeda nella Penisola Araba" (questo il nome della affiliazione yemenita), il Paese è alle prese con disordini interni all´apparenza irrisolvibili. Nel timore di una recrudescenza dell´estremismo islamista nella vicina Somalia e nell´Africa orientale, l´Amministrazione Obama ritiene che al Qaeda possa stabilire una base operativa e un centro di addestramento nello Yemen, come ha già fatto nelle zone tribali del Pakistan, dove si nascondono i leader dell´organizzazione. Il rapporto fra America e Yemen avrebbe compiuto una svolta decisiva la scorsa estate, dopo alcune missioni segrete del generale Petraeus, capo del Comando centrale Usa nella regione, e di Brennan, consulente di Obama per l´antiterrorismo. Sottoposto alle pressioni degli Stati Uniti e dei Paesi confinanti (in particolare dell´Arabia Saudita, da cui provengono molti uomini di al Qaeda), e per far fronte alla minaccia che i terroristi rappresentano per l´élite politica del suo Paese, il presidente Saleh ha accolto la collaborazione. «I problemi di sicurezza dello Yemen riguardano l´intera regione», dice Christopher Boucek, esperto al Carnegie Endowment di Washington. «Toccano anche gli interessi occidentali». Un anno fa al Qaeda ha avuto un guizzo di notorietà in quel Paese, quando il saudita Said Ali al-Shiri, ex detenuto di Guantanamo, rifugiatosi nello Yemen per unirsi ad al Qaeda, è comparso in un video diffuso su Internet. Il suo esempio è stato seguito da altri ex detenuti del supercarcere americano. Le zone più sperdute dello Yemen sono tradizionalmente scosse da disordini, ma da due anni la situazione è precipitata nell´intero Paese: nelle regioni del Nord Ovest il governo è alle prese con una rivolta armata, mentre al Sud va affermandosi un movimento separatista. Scarseggiano le disponibilità petrolifere, e la penuria di risorse compromette la capacità del governo di opporsi con forza ad al Qaeda. Sempre più spesso lo Yemen è legato ad attacchi contro gli Stati Uniti. In giugno, un soldato americano è stato ucciso in un centro di reclutamento nell´Arkansas. Quando è emerso che l´assassino aveva viaggiato nello Yemen, l´Fbi ha aperto un´indagine per verificare se anche altri estremisti avessero visitato quel Paese. Anwar al-Awlaki, un predicatore radicale yemenita, è legato a vari sospetti terroristi, tra cui Nidal Malik Hasan, il maggiore dell´esercito americano sotto accusa per l´omicidio di tredici persone a Fort Hood, in Texas, lo scorso novembre. Sada al-Malahim, la rivista Internet del gruppo yemenita affiliato ad al-Qaeda, ospita un testo di Nasser al-Wuhayshi (il capo del gruppo) inneggiante all´impiego di esplosivi negli attacchi ai nemici. L´articolo sembra una lugubre premonizione dell´attentato venerdì scorso sull´aereo diretto a Detroit. Il governo yemenita ha intensificato le operazioni contro al Qaeda: due raid aerei compiuti il 17 e il 24 dicembre hanno ucciso 60 militanti. Le autorità Usa mantengono il riserbo riguardo al proprio ruolo in quelle offensive, limitandosi ad ammettere di aver messo a disposizione armi e informazioni. Abu Bakr al-Qirbi, il ministro degli Esteri, afferma che negli ultimi mesi la collaborazione militare con Stati Uniti e Arabia Saudita s´è rafforzata. Recenti informazioni, fa sapere il ministro, confermano una maggiore determinazione da parte di al Qaeda nel Paese: «Erano state prese di mira l´ambasciata britannica, istituzioni governative e scuole private», dice Qirbi in un´intervista telefonica. La rete terroristica, «inoltre, è più sfrontata: vuole dimostrare di essere in grado di mettere a segno azioni senza nascondersi. Il governo ha dovuto dare una risposta ferma». I raid aerei, organizzati da mesi, spiega Qirbi, sono partiti solo dopo l´arrivo di nuove informazioni, fornite in parte dagli Stati Uniti, sul rifugio degli uomini di al Qaeda. Benché le armi siano state fornite dagli Usa, Qirbi precisa che gli attacchi aerei sono stati compiuti da militari yemeniti. Anche se il maggior contributo di intelligence è assicurato da America e Arabia Saudita, dice Mustafa Alani - analista della sicurezza al Centro ricerche del Golfo, di Dubai - altri Paesi della regione negli ultimi mesi hanno intensificato i propri aiuti economici allo Yemen. «Fuori e dentro i confini dello Yemen si temeva che al Qaeda stesse guadagnando terreno, aprendo centri di addestramento e rendendo alcune zone del Paese inaccessibili», dice Alani. Gli aiuti sono arrivati soprattutto da Emirati Arabi Uniti e Kuwait, perché, aggiunge Alani, «questi credono che prima o poi anche loro diverranno il bersaglio». Nell´ultimo anno al Qaeda ha ucciso sei agenti dell´intelligence, impegnati a raccogliere informazioni e a interrompere i legami del gruppo con le tribù locali, conclude Alani. I raid aerei sono andati a segno, ma hanno avuto un costo, secondo le autorità. «Hanno assestato un duro colpo [ad al Qaeda], ma non l´hanno messa fuori combattimento", afferma un alto funzionario yemenita. «Il problema è che il coinvolgimento degli Stati Uniti suscita la solidarietà popolare verso al Qaeda». Non è infatti un caso che il gruppo di al Qaeda nello Yemen domenica abbia diffuso su Internet una dichiarazione in cui sottolinea il ruolo americano nei raid aerei, e si fa beffe del governo yemenita per essersi assunto la responsabilità degli attacchi.