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 2009  dicembre 29 Martedì calendario

Pollini & Chopin. "La sua musica? Un miracolo" di Sandro Cappelletto per La Stampa - Resta il musicista originalissimo per eccellenza

Pollini & Chopin. "La sua musica? Un miracolo" di Sandro Cappelletto per La Stampa - Resta il musicista originalissimo per eccellenza. Si potrebbe pensare a un compositore che non ha avuto padri e non ha avuto figli, se si escludono le influenze sull’impressionismo francese. Dei predecessori amava solo Bach e Mozart, non i suoi contemporanei. L’aspetto miracoloso di Chopin è che in questa posizione isolata ha raggiunto l’universalità, ha toccato il pubblico di tutto il mondo». Maurizio Pollini aveva 18 anni quando, nel ”60 a Varsavia, vinse il concorso di pianoforte intitolato al compositore di cui nel 2010 ricorre il secondo centenario della nascita. L’amore per quella musica resta intatto: «Suonare Chopin è un privilegio incredibile». Incontriamo il maestro nel suo appartamento al centro di Milano. La conversazione sarà tutta dedicata alla musica. Solo alla fine, un pensiero al nostro Paese: «Non possiamo accontentarci di raggiungere sempre i compromessi al livello più basso, magari passando di farsa in farsa». Scrisse Nietzsche: «Chopin, il polacco, l’inimitabile». «Gli elementi che lo legano alla sua terra sono fonte d’ispirazione in tante composizioni, però vengono percepiti da chi ascolta come una manifestazione a favore delle minoranze in genere, non solo di quella polacca, anche se i polacchi hanno per lui una venerazione quasi religiosa». Ci aiuta a entrare nel cuore della sua arte? «Chopin ha creato la scrittura pianistica più seducente mai trovata da un compositore. Usando le possibilità del pedale e la disposizione degli accompagnamenti, scritti in modo da far cantare meglio la melodia attraverso il fenomeno degli armonici. l’arte di cantare: eludere l’idea del pianoforte come strumento percussivo, farlo diventare uno strumento cantante. Realizzare questa bellezza di suono da un punto di vista fisico e risolvere i problemi dell’interpretazione è uno dei compiti più difficili. Diceva Rubinstein: ”Posso suonare una Sonata pirotecnica come fosse niente, devo pensare a ogni nota di Chopin per poterlo suonare”. Tutto ci attrae, sembra che ci avviciniamo alla sostanza della sua musica, ma all’ultimo momento troviamo una specie di camera blindata in cui è difficilissimo penetrare. Lì si racchiude la sua interiorità». Che cosa l’affascina di più? L’invenzione melodica o la perfezione della forma? «Chopin aveva una fertilità d’invenzione tematica incredibile, tuttavia lavorava accanitamente per raggiungere la perfezione formale. E la raggiunge sempre. Magari in altri romantici si possono trovare delle lunghezze eccessive, con Chopin no. La seconda Ballata finisce con tre accordi: ne abbiamo quattro versioni, senza che mai cambino le armonie, solo la disposizione pianistica degli accordi. Una cura minuziosa, in ogni dettaglio». Le cronache raccontano della sua estrema sensibilità verso la natura, la notte, le tempeste. A questo proposito George Sand, con la quale ebbe una relazione di nove anni, ha lasciato pagine indimenticabili. «C’è un contrasto tra momenti di raptus, quasi di delirio, che forse sono alle origini d’invenzioni folgoranti e invece la freddezza con cui perfezionava le sue opere. Elementi contrastanti che, uniti, spiegano il mistero di questa creazione unica. Per arrivare a interpretarlo, si dovrebbe cercare una sintesi tra la passionalità intensissima e la sua pruderie terribile: detestava all’estremo ogni volgarità. Perfino a Mozart rimproverava delle volgarità nel Don Giovanni!». Chopin morì a 39 anni. I documenti dell’ultimo periodo ci parlano di una forte depressione. Si riteneva ormai capace di «fare soltanto qualcosa di detestabile». «Per l’aggravarsi della malattia avvertiva una diminuzione della fantasia creativa e ne soffriva. Eppure, alla fine, ha scritto forse i massimi capolavori! Magari c’è una diminuzione della capacità di inventare temi fulminanti, ma le ultime opere possiedono una profondità formidabile». Lui, il polacco venerato come un dio nei salotti parigini, sapeva anche essere divertente. «Era intelligente, caustico, riservatissimo. Per dire il suo umorismo: una sera in un salotto, dopo cena, venne più e più volte invitato a suonare, e alla fine disse: ”Ma signora, non ho quasi mangiato!"». Che cosa si augura dal bicentenario? «L’occasione dovrebbe portare a una più chiara coscienza di Chopin grande compositore. Purtroppo nel 2010 si rischia di dimenticare Robert Schumann, suo coetaneo. A lui dobbiamo una bella definizione di Chopin: ”Ci sono cannoni, sotto i fiori”».