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 2009  dicembre 30 Mercoledì calendario

"Nuove regole solo con una Convenzione" di Marco Cremonesi per il Corriere della Sera - MILANO – «Dobbiamo dircelo: le riforme, così, non le faremo mai

"Nuove regole solo con una Convenzione" di Marco Cremonesi per il Corriere della Sera - MILANO – «Dobbiamo dircelo: le riforme, così, non le faremo mai. Ci stiamo prendendo per i fondelli». Il clima politico pare rasserenato, ma Roberto Calderoli non ci crede. E se a dirlo è lui, che da 10 anni è tra i principali architetti delle riforme dell’intero centrodestra, c’è da credergli. Il ministro alla Semplificazione scuote la testa: «Rischiamo di fare tutti il gioco di Di Pietro». Che succede? Da dove nasce il pessimismo? «Vedo quel che accade. Tutti a parlare di bozza Violante dimenticando che il Senato non l’ha mai vista. Con i senatori che già la sberleffano e se la ridono tra loro all’idea di impallinarla. Intanto, a Palazzo Madama c’è chi ha presentato un progetto per una Camera delle Regioni. Capito? Camera, non Senato. Ciascuno fa il suo impianto, pronto a boicottare quello dell’altro ramo». Ma la bozza Violante non potrebbe essere comunque una base di discussione? «Io la apprezzo, ma una cosa deve essere chiara: noi dobbiamo riparare l’automobile mentre è in corsa. La domanda è vecchia: perché gli eletti dovrebbero approvare una riforma che ne mette a rischio la rielezione? Persino i padri costituenti, pochi lo ricordano, si sono "regalati" una legislatura». E dunque, come se ne esce? «Con il varo della Convenzione che ho lanciato all’inizio del mese. Ormai il testo è pronto e potrà essere il miglior banco di prova della volontà di tutti di cambiare il Paese. Un’assemblea della massima rappresentatività che metta a punto un testo redigente da votare a Camere unificate. Un passaggio finale solenne per sottolineare che si è entrati per davvero in una nuova Repubblica. Altrimenti, abbiamo perso la nostra battaglia». Su quali temi dovrebbe lavorare? «Su tutti quelli di cui si blatera da anni. Poteri del premier, sfiducia costruttiva, statuto delle opposizioni, costituzionalizzazione di una parte dei regolamenti parlamentari, Consulta, giustizia. E ovviamente, Senato delle Regioni e taglio dei parlamentari». Come dovrebbe essere composta la Convenzione? «Da 25 membri della prima commissione della Camera e altrettanti dal Senato, da 5 presidenti di Regione, da 3 esponenti indicati dall’Anci e da 2 dell’Upi. E poi, 3 membri indicati dal governo e 2 dal capo dello Stato. Infine, dai presidenti emeriti della Repubblica e dai presidenti di Consulta, Corte dei conti e Cnel. Anche se il diritto al voto lo avrebbero solo gli eletti». E perché la Costituente dovrebbe funzionare meglio del Parlamento? «Primo, perché Camera e Senato lavorerebbero insieme. Secondo, perché il lavoro disporrebbe di ampia rappresentatività dei territori e delle massime istituzioni. Terzo, perché solo uno strumento del genere consentirebbe di affrontare tutti i problemi. Per dire: la riforma della Giustizia, da sola, sarà sempre accusata di essere al servizio di Berlusconi. Inoltre, la Convenzione stabilizzerebbe la vita politica». In che modo? «Io mi auguro che per Bersani le Regionali non vadano troppo bene. Ma è evidente che, se così accadesse, il segretario Pd sarebbe indebolito e le tensioni si farebbero troppo alte per un lavoro condiviso. La Convenzione sottrae le riforme al logorio quotidiano. E le riforme servono a tutti: al Paese, in primo luogo. Ma anche Berlusconi non può farne ameno, se vuole dare un senso alla legislatura, e lo stesso vale per Bersani. Se saltano, l’unico che si frega le mani è Antonio Di Pietro». Quale sarebbe il ruolo dei territori? «Persino un dottoraccio leghista come me si è reso conto che una Costituzione è pesi, controlli e contrappesi. Se aggiungi una virgola da una parte, devi aggiungerla anche dall’altra. La Corte costituzionale decide dei conflitti tra Stato e Regioni: è evidente che i territori debbano avere voce nella sua riforma. Inoltre, adesso che abbiamo ridotto il numero degli eletti negli enti locali, il tagliare anche quello di noi parlamentari è un dovere morale. Infine, ci prepariamo a uno Stato federale: io non voglio un bicameralismo imperfetto, ma un bicameralismo paritario, in cui Camere si specializzano». Ma è vero che una Convenzione avrebbe tempi biblici? «Il percorso ordinario prevede 4 passaggi in aula e il referendum. Il tutto con le riserve mentali che dicevamo: se si parte dal Senato, la Camera si attrezza a boicottare. Io credo che con la Convenzione, in un paio d’anni, potremmo arrivare al voto finale. E rimarrebbe ancora il tempo per approvare una legge elettorale coerente con la nuova Costituzione. Ne ho già parlato con Tremonti e Napolitano».