Antonio Monda, la Repubblica 30/12/2009, 30 dicembre 2009
La morte di David Levine segna la fine di un´epoca in cui la cultura americana ha cominciato ad essere consapevole della propria importanza, centralità ed influenza, rigettando ogni complesso di inferiorità nei confronti del resto del mondo
La morte di David Levine segna la fine di un´epoca in cui la cultura americana ha cominciato ad essere consapevole della propria importanza, centralità ed influenza, rigettando ogni complesso di inferiorità nei confronti del resto del mondo. Questa consapevolezza, evidente nelle pagine delle principali pubblicazioni alle quali Levine ha collaborato, trova nelle sue caricature uno sguardo graffiante e a volte spietato, che tuttavia non diventa mai offensivo: chi ha il privilegio di vivere nel cuore del mondo può permettersi di guardare bonariamente dall´alto in basso, perché non esiste nulla che non si possa comunicare senza violenza e volgarità. Nei disegni realizzati per Esquire, il New Yorker, il New York Times, e, soprattutto, la New York Book Review, Levine ha mantenuto sempre questo approccio, riuscendo ad evitare il rischio dello snobismo intellettuale. Ai colleghi che chiedevano una presa di posizione più frontale nel momento in cui immortalava personaggi odiati dall´intelligentsia, rispondeva con una massima che ha tenuto come memento sino a questi ultimi giorni: «Una caricatura che esagera di tono finisce per abbassare il modo in cui chi ne fruisce considera una persona come essere umano». Era nato nel 1926 a Brooklyn e in quel quartiere è rimasto tutta la vita. Il padre Harry aveva un negozio di abbigliamento, mentre la madre Lena era una infermiera dalle simpatie comuniste. Fu quello che in gergo viene chiamato un red diaper baby, e l´ambiente estremamente liberal che frequentò sin da piccolo ne costruì la cultura e formò gli ideali. Da bambino ebbe modo di incontrare Franklyn Delano Roosevelt e la moglie Eleanor, che divennero i suoi modelli politici, e in uno dei suoi disegni più celebri raffigurò la first lady sotto le sembianze di un cigno. La sua prima passione fu la pittura e in pochi sanno che continuò a dipingere oli ed acquarelli per tutta la vita: uno dei suoi più grandi dolori fu la distruzione in un incendio di molti suoi quadri. L´opera pittorica, aggraziata e piena di humour, è estremamente diversa da quella che lo ha reso celebre come disegnatore. Se nelle caricature abbondano i toni scuri, di chiara derivazione delle opere di Goya, nei quadri domina un´atmosfera idilliaca. E come se nelle due attività alternasse lo sguardo amaro su un mondo assurdo e deformato dall´avidità, al sogno di un esistenza che sperava possibile. Altre caratteristiche delle caricature sono le proporzioni del corpo deformate, le sopracciglia foltissime, che incupiscono qualunque sguardo, e le ombre allungate, come se i suoi personaggi vivessero sempre al tramonto. Dopo aver studiato al Pratt Institute, Levine si appassionò all´espressionismo astratto, e, sulla scia di Hans Hoffman, che fu suo maestro, cercò anche di cimentarsi secondo i canoni di una forma espressiva che in breve rigettò. Si cimentò quindi nel realismo e fondò insieme ad Aaron Shikler il "Painting Group": si trattava di un gruppo senza un vero e proprio manifesto culturale, tenuto insieme da un´inguaribile passione per l´arte. Tuttavia, anche in questo caso sentiva di non essere del tutto soddisfatto. Per un breve periodo lavorò per pubblicazioni commerciali come Gasoline Retailer, e l´inizio della collaborazione con Esquire coincise con la scoperta che la caricatura era il linguaggio che gli apparteneva maggiormente. Il successo fu immediato, e la consacrazione avvenne nel 1963, quando cominciò a lavorare per la New York Review of Books. I suoi disegni divennero il simbolo stesso del giornale, e gli venne lasciata sempre carta bianca: in quasi cinquanta anni di collaborazione, ci furono solo due casi di disaccordo con la direzione rispetto a 3800 opere realizzate. Levine amava tornare ripetutamente sullo stesso soggetto: disegnò Nixon sessantasei volte, cambiandone di volta in volta le sembianze. Una volta lo immortalò come il Padrino, un´altra volta come un feto. Il modo in cui ritrasse i presidenti è diventato l´oggetto di una mostra alla Public Library, intitolata "American Presidents", nella quale venne celebrato come l´inventore della moderna caricatura politica. Non meno celebri i ritratti di Lyndon Johnson, raffigurato nell´atto di mostrare la cicatrice dell´operazione di cistifellea che ha la stessa forma dei confini del Viet-Nam. In un´altra il presidente ha il naso di Pinocchio, e in un´altra ancora le sembianze di Re Lear. Una delle vignette più feroci mostrò Alan Greenspan indeciso, di fronte ad una bilancia, tra gli uomini e il denaro, ma quella che probabilmente suscitò le maggiori ire, vide Kissinger nell´atto di fare sesso con una donna la cui testa è il nostro pianeta. A chi gli diceva che l´erede di Honoré Daumier rispondeva che era un onore troppo grande, salvo poi spiegare che la New York di questi tempi non aveva nulla da invidiare alla Francia dei secoli scorsi, e a chi gli chiedeva perché facesse il caricaturista diceva che «la caricatura è un´affermazione di speranza».