Aldo Grasso, Corriere della Sera 29-30/12/2009, 30 dicembre 2009
Corriere della Sera, 29/12/2009 Ai tempi della direzione di Gianni Riotta, la domenica, a pranzo, il Tg1 offriva una buona rubrica di libri
Corriere della Sera, 29/12/2009 Ai tempi della direzione di Gianni Riotta, la domenica, a pranzo, il Tg1 offriva una buona rubrica di libri. Si chiamava Benjamin ed era un esplicito omaggio a Walter Benjamin, una delle voci più originali e profonde del pensiero critico. Via Riotta, è arrivato Augusto Minzolini: ha mantenuto la rubrica domenicale sui libri ma l’ha ribattezzata Billy. L’appuntamento è ora condotto da Alessandra Di Tommaso e Marco Frittella e ha perso molto dell’intento valutativo: preferisce le segnalazioni, specie se di colleghi. Ma Billy, perché si chiama Billy? Al proposito si fanno alcune ipotesi. Billy è il nome del cane di Minzolini e il richiamo avrebbe una vago senso spregiativo nei confronti della precedente rubrica. Ma Minzolini ha davvero un cane? Qualcuno avanza l’ipotesi che Billy sia Billy More, nota drag queen scomparsa nel 2005. Altri fanno i nomi di Billy Idol, cantante britannico, all’anagrafe William Michael Albert Broad (Il nome Billy Idol deriva da un episodio avvenutogli in adolescenza. Quando era a scuola, l’insegnante gli consegnò un compito che lui aveva sbagliato con sopra la scritta in caratteri cubitali «William is idle», William è un fannullone. Da quel momento iniziò a farsi chiamare da tutti Billy Idol). Altri ancora sono sicuri che il Billy in questione si riferisca agli scrittori Bacon Billy o Billy Barton (autore satirico emigrato in Basilicata) oMinzo Billy o Billy Hayes (è stato un contrabbandiere di hashish la cui storia ha ispirato il film di successo Fuga di mezzanotte, 1977, di Alan Parker). Alcuni giornalisti del Tg1 sono invece sicuri che il riferimento sia a un noto succo di frutta o a Billy Costacurta, ex difensore del Milan e marito di Martina Colombari. Noi pensiamo che sia un omaggio a Billy Budd. Gabbiere di parrocchetto di Melville. Gabbiere di parrocchietta, però, suonerebbe meglio. *** Corriere della Sera 30/12/2009 Nella rubrica di ieri, mi sono divertito a fare congetture sulla scelta del nome «Billy», l’appuntamento domenicale del Tg1 che si occupa di libri. Ai tempi della direzione di Gianni Riotta si chiamava «Benjamin» (dichiarato omaggio al filosofo Walter Benjamin); Augusto Minzolini, appena insidiatosi, gli ha cambiato nome. Sul Forum del sono arrivate centinaia di mail, come mai era successo prima. Mi hanno chiamato autorevoli colleghi. Ho ricevuto molti messaggini sul telefono. Tutti concordi nell’individuare il referente: «Billy» è il nome della più popolare scaffalatura per libri del mondo; la produce l’Ikea ed è l’assoluto low cost per conservare libri. Scrive un lettore malizioso: «Penso che nel suo "A fil di rete" sia stato troppo sofisticato nella ricerca di una motivazione per la rubrica "Billy", spazio libri all’interno del Tg1. Personalmente ritengo sia il frutto di un giro di qualche dipendente Rai in una nota catena di mobili svedesi». Come insegna La lettera rubata di Edgard Allan Poe, i segreti si nascondono sotto gli occhi di tutti. Cliccando su Google la parola «Billy» unita a «libr…» (ho messo i puntini perché già alla lettera «b» sono apparsi in automatico i riferimenti alla famosa libreria svedese); dunque, cliccando, al primo tocco avevo già la risposta. Ma mi era parsa troppo scontata, troppo banale. Così mi sono lasciato andare a supposizioni fantasiose, al puro Ma, se a furor di popolo, «Billy» è davvero la libreria dell’Ikea ci troviamo di fronte a un caso singolare. Sarebbe la prima volta che la rubrica di un telegiornale italiano fa indirettamente riferimento a un bene di consumo. Si può allora parlare di product placement, cioè di quella tecnica di comunicazione attraverso cui si pianifica e si posiziona un marchio all’interno delle scene di un prodotto cinematografico o televisivo? Lo escluderei nella maniera più assoluta. Se c’è intenzione, è solo involontaria. Del resto, l’Ikea fa ormai parte di quelle pop culture references, icone della cultura popolare, che compongono l’oggettistica del nostro immaginario: come la Coca Cola, la Nutella, il Mac, la Vespa, etc. Nel delizioso film americano 500 giorni insieme, una visionaria commedia romantica, alcune divertissement. scene d’amore sono girate all’interno dell’Ikea. Già, però stiamo continuando a parlare di Ikea non di «Billy», di un prodotto specifico. Ma l’aspetto più interessante di questo cambio di nome è il corredo culturale che ne consegue: «nomina sunt consequentia rerum», i nomi sono conseguenti agli eventi, hanno cioè origine dalla necessità di designare le cose con un loro termine appropriato, che ne indichi la natura e la qualità (lo dice Dante nella Vita Nova, XII). «Benjamin» si riferiva al contenuto (uno scrittore importante come simbolo di tutti gli scrittori importanti), «Billy» si riferisce al contenitore, allo scaffale, alla libreria. E infatti prima si parlava «seriamente» di libri, adesso si fanno solo segnalazioni, di gusto, per così dire, low cost. Una rivoluzione culturale di non poco conto.