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 2009  novembre 28 Sabato calendario

dal nostro inviato Più fragile della Grecia. Meno ricca di Lettonia e Lituania. La fiesta è finita

dal nostro inviato Più fragile della Grecia. Meno ricca di Lettonia e Lituania. La fiesta è finita. La Spagna del boom economico, del sorpasso all´Italia, dei successi delle Furie rosse e in Davis si è svegliata dal sogno. Certo in bacheca ci sono la Champions del Barcellona e la Coppa vinta agli Europei 2008 di calcio. Ma l´ultimo trofeo portato a casa da Madrid è la vittoria a sorpresa, pochi giorni fa, nel Misery Index di Moody´s. La classifica del non ambitissimo torneo - costruita sommando disoccupazione (19% in terra iberica) e rapporto deficit/pil (10,1%) - parla chiaro: la Spagna, con 30 punti, «è il paese più a rischio d´Europa», davanti alle due repubbliche baltiche e a quella Grecia che cassandre e bookmaker danno sull´orlo del crac. «Le agenzie di rating non sono oracoli», minimizza il premier Jose Luis Rodriguez Zapatero. «Non eravamo fenomeni prima, non siamo asini ora», gli dà man forte Toni Ferrer, uno dei leader storici del sindacato Ugt. Le cifre però sono impressionati: nel 2007 il Pil cresceva a ritmi del 3,5% annuo, la disoccupazione era all´8,3% e nelle casse dello Stato c´era un surplus di 20 miliardi. Oggi - per dirla con Ferrer - «il mondo si è capovolto»: la ricchezza nazionale è in caduta libera da 24 mesi (-0,3% nel terzo trimestre 2009), 4 milioni di persone sono senza lavoro, i debiti di famiglie e imprese - la bomba ad orologeria che ha convinto S&P a minacciare la bocciatura di Madrid - sono schizzati al 177% del Pil. E il paese delle meraviglie, l´unica nazione continentale capace di creare 8 milioni di posti di lavoro in sette anni, è entrato nella lista dei "sorvegliati speciali" Ue. «Sono preoccupazioni esagerate - dicono al Tesoro - . Certo, il debito pubblico è salito (dal 40 al 67% del Pil, ndr) per sostenere l´economia. Ma è sotto la media Ue». I mercati però - scottati da Islanda e Grecia e da 80 miliardi di bond iberici in arrivo nel 2010 - sono sul chi va là. «Cos´è successo? Semplice: gli spagnoli sono caduti nella trappola del credito facile - dice Paolo Vasile, ad di Telecinco, prima rete tv del paese controllata da Mediaset - . Con i soldi delle banche hanno costruito, costruito, costruito. E alla fine si sono trovati con più case pronte che inquilini per abitarle». L´improvviso flop del ladrillo (il mattone, appunto) ha lasciato un´eredità pesantissima: oltre un milione di appartamenti invenduti. «Per piazzarli tutti ci vorranno sei anni», ammette l´associazione dei mediatori immobiliari della capitale. I prezzi a Madrid e dintorni sono crollati quasi del 10%. Ma non basta ancora per attirare compratori. «Si guardi intorno - dice spillando una birra Juan Ramon Delano alla Cervezeria Novacalora, nella città fantasma di Sesena, il simbolo del crac immobiliare nazionale - . Cinque anni fa, quando ho comprato qui, ero convinto di aver fatto l´affare della vita. E invece…». Il bar (è ora di pranzo) è deserto. Come l´80% dei 5mila appartamenti già completati nel complesso creato - 50 km. a sud della capitale - dal vulcanico Francisco Hernando Contreras (qui lo chiamano El Pocero lo spurgafogne, dal nome del suo primo impiego). «Mi avevano incantato con plastici e video da mille e una notte - dice Delano - . All´inaugurazione nel 2007 sembrava di essere a una festa di Re Juan Carlos». Ma la festa è durata poco. Oltre 9mila delle case previste sulla carta non si faranno mai. El Pocero ha fiutato l´aria, ha girato 2mila appartamenti ai creditori e dopo aver ritirato ad Ancona il suo ultimo sfizio - il Clarena 2, yacht da 72 metri, varato in una toccante cerimonia con Lola Ponce come madrina - si è trasferito a costruire condomini in Nuova Guinea. Le tapparelle rosse di Sesena sono quasi tutte abbassate. «Tre anni fa vendevamo a due milioni di euro al metro quadro e c´era la coda per comprare», dice Helena, addetta al (vuotissimo) "Punto de venta" della Caja Mediterraneo. Oggi la vetrina della Tamcasa, un´agenzia a due passi, offre un attico di 265 mq. con tre terrazze e garage doppio a 265mila euro. L´incompiuta del Pocero non è un caso isolato. «A Malaga le compravendite sono crollate dell´80%», ammette Caetano Rengel dell´associazione immobiliarista locale. I prezzi per una villetta alle Baleari o in Costa Brava sono scesi del 20%. Ma i cartelli "Se vende" restano appesi dappertutto. «Per far ripartire il mercato - dicono alla Aguirre Newman, una società specializzata della capitale - serve un taglio alle quotazioni del 27%». «Il mattone è stato un modello di sviluppo sbagliato», ammette (forse un po´ tardi…) il ministro dell´Economia Helena Salgado. Peccato che il volano della casa, negli anni d´oro, sia arrivato a pesare il 10% del Pil e l´11% dell´occupazione iberica. E quando la bolla è scoppiata, la «tempesta perfetta», come la definisce Vasile, ha travolto tutto. «La crisi mondiale, poco più di un´influenza per l´Europa, qui da noi si è trasformata in una polmonite grave», dice Ferrer. Zapatero, naturalmente, non è rimasto a guardare. Ha firmato un patto di concertazione con sindacati e imprenditori nel 2008 e ha varato una serie di pacchetti di stimoli per l´economia. Primo obiettivo: salvaguardare l´occupazione. Il passo iniziale è stato il PlanE. Un programma di investimenti in micro-opere infrastrutturali da 8 miliardi: lavori utili come il ripristino di strade e fogne che ha trasformato Madrid in una gimkana di cantieri. Ma anche piccole follie keynesiane come il surreale trasloco - qualche decina di metri - della statua di Cristoforo Colombo dal lato al centro di Plaza Colon. Il cocktail però ha funzionato. «Per sei mesi sono rimasto disoccupato - racconta Alberto Blanco, elettricista di Avila, scaldandosi le mani su un fuoco improvvisato nel cantiere del Parco Europa, a Torrejoz de Ardon - . Ora sono qui. Con un impiego e un committente, lo Stato, che paga». Il lavoro, oltretutto, ha una sua originalità: «Riconosce quel monumento a destra? Bravo. E´ proprio la fontana di Trevi, grande il 70% dell´originale - racconta - . Ma il mio orgoglio è là, verso la superstrada: la Tour Eiffel». Per la precisione una copia alta 30 metri che svetta nell´angolo del neonato parco anti-crisi (ingresso gratuito, pronto a inizio 2010 grazie a 5 milioni stanziati del PlanE) che ospiterà pure cloni a grandezza naturale della Torre di Londra e della Porta di Brandeburgo. Kitsch, d´accordo. Ma uno dei tanti tasselli di un progetto che ha ridato un impiego a 400mila persone. «Va dato atto al governo di aver preso il toro per le corna, affrontando la recessione tenendo come stella polare la salvaguardia dell´occupazione», ammette Ferrer. Zapatero non solo non ha annacquato gli ammortizzatori sociali, ma ha aggiunto altri sei mesi di salario di disoccupazione a 420 euro al mese a tutti coloro che dopo due anni di cassa integrazione saranno ancora disoccupati. Garantendosi, almeno finora, la pace sociale. Nei prossimi giorni, poi, cercherà la quadratura del cerchio con i negoziati per quella riforma del mercato del lavoro chiesta a gran voce da Banca di Spagna e agenzie di rating. E ora? Il governo spera di esorcizzare i timori di economisti come Nouriel Roubini («la Spagna rischia di sperimentare una crescita zero per un decennio, come è successo al Giappone») agganciando il treno della ripresa mondiale. Il 3 dicembre è stata varata la fase due del rilancio: 20 miliardi di euro (dieci dai privati) per ridurre la dipendenza dal ladrillo e gettare i semi di un´economia verde. La strada di Al Gore e di Obama. «Qui ci sono le infrastrutture, l´orgoglio e un tessuto industriale e bancario più che solido - conclude Vasile - . La Spagna non tornerà indietro». «In fondo Eurostat ha certificato che il reddito medio pro capite iberico, anche in un 2008 da dimenticare, è stato più alto di quello italiano» sussurra malizioso un funzionario del Tesoro. A Madrid sperano che la ricetta Zapatero funzioni. Intanto, nel dubbio, alle 7.30 di mattina ci sono già 300 persone in fila (ordinatamente) sulla Gran Via, in pieno centro. Obiettivo: il chiosco di Dona Manolita, dove si vendono i tagliandi della Loteria di Navidad, primo premio cinque milioni. Va bene il PlanE, ok la ripresa dietro l´angolo e le promesse della Green economy. Ma un bel biglietto vincente - tutto il mondo è paese - è da sempre la via più rapida per uscire dalla crisi.